Alla Locanda del Puledro Impennato

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“GUARDA DOVE VAI UBRIACONE!!”
“E TU GUARDA DOVE VA TUA FIGLIA!!! L’HO VISTA IN COMPAGNIA DI DUE ERIGASIANI E UN SOMARO!!! QUELLA BALDRACCA!!!”
“COME OSI!?!”
Rapidamente il secondo uomo venne spinto dal primo, nonostante la gran differenza d’età, attraverso la porta d’ingresso della Locanda del Puledro Impennato e finì addosso ad un uomo molto più grosso di lui che, nonostante la sorpresa, lo afferrò prima che cadesse.
“EHI TU, FACCIA DI SOMARO, VEDI DI FARTI GLI AFFARI TUOI, STRANIERO!” esclamò il baffuto e abbastanza calvo padre, evidentemente ancora così contrito per le sorti della figlia, da non notare lo spadone che penzolava dietro la schiena dello straniero che aveva appena apostrofato a quel modo. “Senti, voglio solo cenare e riposarmi. Non mi servono guai.” “SE NON CERCHI GUAI, ALLORA A CHE TI SERVE QUEL PEZZO DI FERRO DIETRO LA SCHIENA? A EVITARE CHE IL TUO DIDIETRO PRENDA ARIA QUAN…” Non riuscì a finire la frase che si era trovato la fronte dello straniero sulla punta del naso, e cadde istantaneamente con un tonfo sordo. “
EHI! CHE CAZZO TI PRENDE? HAI MANDATO A NANNA MIO PADRE?!?”
“Tuo cosa? Ma se ti aveva…” uno sgabello portato fuori dalla locanda si frantumò in pieno sulla schiena dello straniero. “ECCO LA LEZIONE CHE TI MERITI! BASTARDO! E…” L’uomo dopo aver accusato il colpo, si raddrizzò pulendosi il mantello e subito sguinò la lunga spada. “Ehi ehi… non volevo… Cioè… Pure tu hai quasi ammazzato mio padre..”
“Sparisci…”
Appena il ragazzo prese sottobraccio il padre e imboccò un vicolo laterale, l’uomo rinfoderò l’arma ed entrò. Prese un tavolo d’angolo, lontano dal chiasso della gente riunita per cena e ordinò birra forte e stufato. Era la fine della stagione calda e i primi giorni di clima non insopportabile (specie per lui) coincidevano sempre con l’ordinazione di piatti carichi di sapore e annaffiati da tanti gradi.
“Ho capito perché mi hanno detto di cercarti” lo apostrofò una voce dall’ombra “sempre che tu venga dalle montagne a sud…”
L’uomo ignorò la voce e si concentrò sulle fibre intenerite dalla lunga cottura e sulle saporite verdure di contorno.
“Non è ignorandomi che ti lascerò in pace. Basta una risposta. Vieni da sud? Più sud di caponord, intendo…”
“… Non sono abituato a parlare dei miei natali. Men che meno con chi non ha nome…” Lesta la voce gli passò dietro alle spalle e una donna ammantata alla maniera erigasiana si mise a sedere accanto a lui. “Bell’entrata in scena. Se cerchi i tuoi amici o il tuo mulo, senti quello che ho steso la fuori…”
“Cerco uno delle montagne.”
“Ce ne sono molti nelle montagne, signorina. E non sono tutti come me. Alcuni, solo per essergli passati alle spalle, avrebbero già il tuo sangue sulle loro armi…”
“Ne dubito…”
“Non ho afferrato il tuo nome…”
“Ha importanza se ho questa?” così dicendo, con un gioco di prestigio, un pezzo di carta pergamena balenò fuori dalla scarsella della donna e finì in faccia al barbuto che aveva innanzi. “Secondo me ne hai una anche tu. Non uguale uguale, ma scritta dallo stesso pugno… O giù di lì…”
L’uomo rimase di sasso. Molto più di prima, quando aveva preso uno sgabello sulla schiena a tradimento.
“Credo che dobbiamo parlare.”
La donna ordinò vino speziato e si intrattennero a parlare per tutta la serata. Quell’uomo nerboruto e indurito dalle difficoltà aveva in comune con la ragazza molto più di quanto le apparenze potessero far pensare. Scoprì che la giovane voleva farsi largo tra le genti della Ventura e così iniziò a narrarle cosa era successo quando LUI si era unito alla Ventura. Uomini ammazzati che tornavano in piedi, strani incantamenti che piegavano la volontà umana e rendevano poco più che marionette e morti su morti. Lei pareva non credere alle sue orecchie mentre anche un uomo navigato come lui ammetteva che ne era rimasto sconvolto. Abbastanza da non presentarsi al Convivio presso Valdemar e prendere un paio di lune di pausa per riflettere. Lei, dapprima si scurì in volto. Come fa qualcuno che valuta il da farsi. Che valuta l’enorme montagna di merda che si appresta a scalare. Che sta per tornare indietro.
“Senti. Noi due abbiamo una cosa in comune. Magari a te la cosa non piace proprio, magari sarei l’ultima persona che ti piacerebbe aver vicino, magari siamo la cosa più agli antipodi che esista su questo angolo di mondo. Ma una cosa ci unisce. E probabilmente certe strade è meglio prenderle in due che da soli. Non trovi?”
“… Allora fatti trovare al crocevia prima dell’Eremo di Rhall, venendo da Sud. Ti aspetto lì mezza giornata. Se non ti presenti, nessun problema.” “Sarò io ad aspettare te!” I giorni passarono e venne il momento di partire. Quando arrivò al crocevia, assieme ad una piccola carovana di genti più disparate, dirette a prestare servizio proprio in occasione del ritrovo della Ventura, trovò un ragazzino che gli si parò incontro. “Signore, una donna vestita strana mi ha detto di dirle che ha avuto un contrattempo. Arriverà con un giorno di ritardo. Non l’aspetti.”
“… Starà cercando un bel vestito…”
“Come signore?”
“Dicevo, come hai fatto a sapere che ero io quello che dovevi avvisare?”
“Mi ha detto di venire oggi e parlare con l’uomo più grande che avessi mai visto. Beh… Siete voi.”
“Questa poi… Bene. Grazie ragazzino. Prendi questo” gli uscì un sorriso. Era un po’ che non succedeva. Se non altro, quella stramba gli era fruttata un sorriso. Meglio di nulla… L’uomo si frugò in tasca e gli diede un paio di falangi di rame. Non se la passava bene, ma se non altro aveva risparmiato mezza giornata di noia grazie a quel ragazzino, quindi gli passò volentieri qualche spicciolo. La strada da fare ancora era lunga, ma in un paio di giorni sarebbe arrivato. Chissà a cosa sarebbe andato incontro? Di sicuro si sarebbe unito alla Gilda della Prima Arte, come già richiesto a quel tipo con la faccia mezza blu che la guidava… Roar? Roak?
Ma poi? A cosa avrebbero dato la caccia?

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