Arabesque (Il mio nome è Nihal)

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Il fanciullo-guerriero, il Vate, l’Eterno Re.
La sua voce tuonava nella sera  tra i malconci, ma fieri superstiti della sanguinosa battaglia, ora tutti la guardavano, forse per la prima volta, nel momento in cui Sire Kanzor la invitò al suo cospetto chiamandola ‘Consorella.’
Anghra sgranò gli occhi al suo indirizzo, ma vi si diresse con incedere risoluto, ancora sanguinante.

***
Ore prima, la mattina di quella stessa giornata, persino il cielo terso ed il sole caldo di fine estate preannunciavano sorti sinistre, l’aria era satura di elettricità ed Anghra pregustava l’odore della battaglia.
Sapeva che non era la vigilia di una battaglia come le altre, tutti vi si preparavano con animo cupo, ma risoluto, consapevoli che il palio di quella contesa era ben superiore al valore delle loro vite.

Aveva chiesto una breve ed informale udienza, non senza una certa apprensione, vista la natura irascibile e lunatica del potente Sovrano dell’Occaso, per poter richiedere l’ammissione al leggendario Ordine degli Angeli Neri.
Con sorpresa si vide subito accordato l’onore e, con il solito fare spiccio, andò direttamente al sodo chiedendo al Sire di considerare la sua candidatura, sempre se fosse sopravvissuta allo scontro previsto da li a poco.
“L’unica cosa che so fare è combattere …” Questa era stata la sua risposta quando Kanzor le aveva chiesto se era pronta a rinunciare al passato e ad ogni legame, poi aveva aggiunto “… quindi non ho passato a cui dover rinunciare.”
Il fatto stesso che Re Kanzor le ponesse quelle domande, con rude e severa solennità, le suggeriva che egli stava almeno prendendo in considerazione l’eventualità.
Piazzò, come suo solito, risposte spicce e brutalmente sincere alle indagini del Vate del potente Ordine, e sorrise di una consapevolezza amara quando egli parlò dello scarso significato di Gloria ed Onori.
Vittoria o Morte, Vittoria o Morte … questo il suo destino, battaglia dopo battaglia, l’unica cosa importante era combattere, l’unica cosa che voleva era la Guerra, l’unico momento in cui si sentiva veramente padrona della propria esistenza era quello in cui era più pronta a perderla, mentre con lo spadone levato e gli occhi iniettati d’odio, si scagliava contro il nemico.
Le parole brusche eppure solenni del Re infiammavano i suoi pensieri, ad ogni suo ammonimento, ad ogni suo riferimento alle rigide condizioni d’animo cui si sarebbe sottoposta nel divenire un Templare di Alhazhar, Anghra intravedeva in modo sempre più nitido l’orizzonte dove il contorto sentiero della sua vita la stava conducendo.
Un sentiero crudele e solitario, disseminato d’odio e desiderio di vendetta, soprattutto da quando, misero essere mortale, aveva identificato e nobilitato la sua intima tendenza al Caos e alla Distruzione con quella Suprema di Alhazhar. Ne era diventata sacerdotessa ed aveva fatto dei nemici del Grande Padre i suoi stessi nemici, aveva fatto del Suo urlo d’odio il suo canto di Guerra.
Ma il suo era diventato gradualmente un mondo in cui ogni sentimento d’amicizia o solidarietà perdeva i propri contorni, l’ultimo e più decisivo distacco era avvenuti un paio di lune prima, quando, senza battere ciglio, aveva sposato la causa della Distruzione Totale rivoltandosi contro coloro che si professavano suoi amici e compagni. L’unica cosa che la sorprendeva è che loro si dichiaravano ancora tali.
Era stato proprio allora che l’Entropifero Arcangelo Nigredo …

***

Forse era vero che lo spadone del Re era stato forgiato da una piuma delle nere ali di Alhazhar, Anghra sospettava che lo scaltro mercante, Mastro Zarkon, stesse raccontando una favola quando nel piovoso pomeriggio precedente intratteneva gli avventori della locanda con i racconti sulle sei spade leggendarie, ma adesso che la vedeva levata in cielo nelle mani del Re i suoi occhi percepivano i riflessi oscuri di quella lama, creata con un metallo misterioso ed intessuta di chissà quale arcano.
Era ancora ipnotizzata da quella visione quando Sire Kanzor tuonò “Inginocchiati ora al mio cospetto, per non doverlo fare mai più!”

‘… Inginocchiati!’ Quante volte quell’ordine era stato il preludio di frustate, percosse e lunghe notti in cella nei sotterranei del maniero Bitterfang, ne portava segni indelebili nelle carni e nel cuore, ma mai si era inginocchiata, ne di fronte a Ghero, ne di fronte al Conte Kebellion, ne a chiunque altro gliel’avesse mai ordinato.

A quel comando del Sire quindi rispose con orgoglio “Sarà dunque l’ultima volta che mi inginocchio, ma sappiate che è anche la prima!” e pose fiera un ginocchio a terra.
I lunghi capelli del Re Eterno si avvolgevano in spirali dorate, incorniciando il volto austero e quasi incoronando l’imponente figura di una luce soprannaturale, Anghra ne era impressionata senza darlo a vedere, ancora vagamente incredula che quella cerimonia d’investitura stesse realmente svolgendosi.

A lunghi passi il Sovrano si pose alle sue spalle e le puntò la spada tra le scapole, lei avvertì l’aura devastatrice dell’arma irradiarsi lungo la schiena.
Le furono sottoposti i giuramenti rituali di rinuncia a tutto, ad ognuno di essi Anghra rispose con quanto fiato aveva in corpo “Lo Giuro!”
Non aveva mai promesso niente a nessuno, tranne forse la sua anima al dio, scevra da ogni sottomissione, proprio come Egli gliel’aveva affidata.
Quel giorno invece giurò per ben 3 volte, al Re Eterno e davanti a tutti.
Con l’ultimo di quei voti ella perse anche il suo nome: “Anghra Bitterfang è morta! Sorgi dunque, Angelo Nero, con il tuo nuovo nome!” Decretò il Sovrano tra gli applausi, e lei si sentì nuda senza il proprio orribile appellativo, ma si liberò presto anche di quella sensazione, ne avrebbe trovato uno che la rendesse libera dal proprio passato.

***

Anghra Bitterfang, nome gutturale ed astioso, chi glielo aveva imposto non le aveva certo fatto un piacere. Era un dono d’odio e per metà ipocrita, visto che Ghero Bitterfang non era suo padre.
Tutto sommato sarebbe stato un sollievo sbarazzarsene.

***

Si alzò: non era più elfa, non era più Arathiana, non era più Anghra. La commozione le chiuse la gola, ora era ciò che aveva sempre desiderato, un Angelo Nero.

Ma il Re non aveva ancora finito.
Si avvicinò a lei e le porse il suo spadone, lei esitò un attimo scrutandolo attentamente in volto.
Gli occhi color del cielo dell’uomo la passavano da parte a parte, quasi a volerle scrutare l’anima, l’espressione era solenne, ma un’ombra di inquietudine traversava i lineamenti nobili.

Lei ricordava bene che un paio di giorni or sono, Re Kanzor li aveva accompagnati per un sopralluogo al lago del Troll, durante il tragitto egli fu colpito da terribili visioni, o forse visioni di ricordi dei fatti occorsi in quei luoghi in passato, fatto sta che crollò a terra in preda a vaneggiamenti di cui solo dopo la guerriera aveva potuto carpire il senso.
Nel cadere anche il suo spadone finì nella polvere, e mentre lei l’aiutava a risollevarsi gli altri uomini della spedizione allungarono la mano per recuperare la preziosa arma.
Quando se ne rese conto il Sovrano ebbe una reazione inaspettata, improvvisamente urlò di non toccare la spada, e che nessuno doveva avvicinarvisi se teneva alla vita, dopodichè faticosamente si alzò e la riprese.

Ora quello stesso uomo le porgeva l’enorme elsa finemente intarsiata, Mastro Zarkon sosteneva che quelle armi posseggono un’anima ed una volontà, non si sarebbe fatta impugnare se non l’avesse voluto. Forse era quella la vera prova d’ammissione, forse quell’arma l’avrebbe uccisa.
Il cruccio latente nello sguardo del Sire sembrava suffragare questa sua ipotesi, ma non esitò oltre e strinse entrambe le mani sull’impugnatura.
Una scarica l’attraversò da capo a piedi e per un istante temette di aver fallito, ma poi il pesante carico dell’arma micidiale si bilanciò come per incanto tra le sue mani, pervadendola di una potenza ineffabile.
Sollevò al cielo la piuma di Alhazhar, senza dire una parola, senza mutare la propria espressione, ma udì la sua anima urlare la sfida alle orde della Piaga.

Restituì lo spadone al Re, incapace di proferire verbo.

Non ce n’era bisogno.

si avviò verso la piccola folla di tutti coloro che avevano assistito alla scena, applaudivano festanti e le piazzavano poderose pacche sulle spalle.
Lord Ork le strinse l’avambraccio con forza ed esultò alla maniera barbara "Le ali di Alhazhar hanno una nuova piuma!". A quel grido gli applausi ripresero vigore.
Persino il cupo maresciallo Leonid le rivolse un austero sorriso andandole incontro con la mano tesa.
Cercò Sigfrid, e quando trovò il suo sguardo poco distante ne ricevette un sorriso orgoglioso.
Tutto questo per lei era assurdo, ma ugualmente sollevò l’avambraccio sulla testa in segno di ringraziamento.
Tutti esultavano per il nuovo componente dei più spietati guerrieri dell’Occaso, plaudivano forse il suo desiderio di Guerra? Esaltavano l’umana tendenza alla distruzione?

Poco tempo prima per gli stessi ideali che ora venivano portati in trionfo veniva esiliata come una cagna rabbiosa dalla Corte di Arath.
Ma questo era il passato, e quel giorno, come per il resto della sua esistenza, doveva contare solo il presente perchè il futuro è incerto ed il passato è … Morto.

Un sorriso sinistro le si dipinse in volto, ora aveva la sua guerra ed aveva ben visto in faccia i suoi nemici quello stesso giorno, non desiderava altro.

"Allora … come dobbiamo chiamarti ora?" la voce gaia di Miralys la riscosse. La guerriera senza-nome si guardò in giro smarrita "Io .. non lo so. Ci devo ancora pensare, non sapevo di questa usanza…", poco dopo si ricompose e si diresse fuori dalla confusione, aveva bisogno di riflettere.

***

La notte calò senza farsi annunciare, l’elfa senza-nome era seduta su un crinale da tempo indefinito, con una spiga che le pendeva tra le labbra e lo sguardo perso nel cielo punteggiato di stelle.

Lontana dal monastero e dai fuochi da campo lasciava che l’oscurità della notte la pervadesse fino ad annullare ogni suo pensiero. Lei pensava che la Morte dovesse essere qualcosa di simile e spesso indugiava in quel vuoto oscuro, che rivelava insospettabili vastità dentro se stessa.

Ma da qualche tempo non era più sola neanche in quel luogo remoto e buio.

Quando soleva meditare sul nulla che attende ogni essere mortale la nera volta celeste pareva prendere forma ed echi di richiami rapaci le risuonavano nelle orecchie. Riconosceva perfettamente ogni volta l’agitazione che l’attanagliava, sentiva il suo inutile cuore Alhazharita sobbalzare nel petto, mentre i ricordi componevano la visione di Colui che reca la Distruzione.
Si perdeva nella rimembranza dell’istante di non-ritorno, quello che cambiò la sua vita, quando Egli, nel rubificium degli alchimisti, le rivolse lo sguardo di brace. A lei sola.
Rivedeva le enormi ali fatte di notte, l’armatura fulgida, la pelle di ombra, mai così vicino, mai così furente, mai così magnifico.
Non parlò, ma lei da quel momento seppe cosa doveva fare e quale fosse la sua strada.

E soprattutto ottenne la risposta ad un quesito che da tempo immemore albergava in lei e che ormai da anni giaceva dimenticato: perchè Nhea, la Madre, non le aveva mai elargito i suoi doni?
A tutti, anche agli esseri più spregevoli Ella aveva concesso almeno una volta l’amore, perchè non a lei? A volte pensava che la renitenza della Dea avesse potuto più di ogni altra cosa nel fare di lei un brutale strumento di morte. Forse Nhea l’aveva dimenticata o forse l’aveva ceduta completamente all’iracondo Consorte.

Quando il Nigredo rapì la sua anima in quell’unico breve istante lei comprese che ogni sua risorsa era stata serbata per quello scopo. Per quanto vano, per quanto privo di ogni speranza l’unico suo sentimento aveva da quel momento trovato piena collocazione. Da allora poteva ben dire di amare l’essenza stessa della Morte, giacchè, anche se l’Angelo non le avrebbe mai neanche rivolto un unico pensiero finchè viva, forse dopo avrebbe accompagnato la sua anima alla Dimora Eterna, allora sarebbe stata felice nella Morte come non lo era mai stata in vita.
Aveva un nuovo e potente motivo per morire nella lotta ai seguaci di Orione, votando con rinnovato ardore l’intera esistenza a rendersi degna di tale evento, con il sangue, il dolore e l’acciaio.

Sorrise al cielo, paga di quell’isolata speranza, ammirando nelle pieghe della notte i remoti fuochi divini. Ad ognuno di essi gli uomini solevano attribuire i nomi e le vicende dei loro celesti Patroni, contemplandole ogni mortale si poteva sentire più vicino a Loro. Li ammirò uno ad uno, sino a scorgere il gruppo sgranato di Astri che rappresentava la Piaga di Orione, immaginando ognuno di quei piccoli fuochi come un nemico da abbattere ed un male da estirpare. Una piccola stella poco distante da quelli catturò il suo sguardo, sembrava quasi volerli attaccare, isolata ed ostinata nel suo luccichìo. Il precettore, tanti anni prima, gliel’aveva indicata come la coraggiosa Nihal.

La guerriera non era più senza-nome.

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Commenti

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12 comments

  1. Orpo! Devo correggerti su due cose, ahimé!
    Il nome del mercante è Zarkon, Zargon è uno dei ragazzi di Angainor (uno dei pirati)…
    E il principe Rigel era il nome del più bello fra gli angeli creati da Nhea e Alhazhar… quello che poi tradì i suoi compagni e divenne il dio della corruzione Dhazka 😀 (il “babbo” di D, per intendersi)… come la si mette?

    Per il resto, magnifica, come al solito…

  2. Triplo DOH!!!!!!!!!! Meno male che l’hai visto per prima!!
    Cambio istantaneamente nome :'( e dire che ci avevo messo uan settimana a trovarlo ….
    Ovviamente correggo anche la sintassi di Zarkon

  3. anche io ho un poiccolo appunto..alhazhar si scrive così :P…
    bravissima claudia tra le altre cose nihal è uno dei miei personaggi fantasy preferiti ottima scelta…
    attendo nuovi risvolti della vita della povera mezz’elfa….
    che vita di merda che abbiamo noi avventurieri
    menco

  4. Grande claudia, mi ripeto…
    (Lypsak in incognito dal pc di Noctulio formattato or ora :PPP)

  5. Sì, sì, ottima prova, davvero! Black angel overwhelming power! Mi piace, mi piace, mi piace!

    (Tutti hanno fatto un appunto, quindi ne faccio uno anch’io, non mi voglio sentire da meno… Kanzor è Sovrano dell’Occaso nella misura in cui Bush è presidente del New Jersey… Il poro vecchio Kanzor è Sovrano di TUTTE le terre di Whanel, con poche eccezioni! Lo so ,sono pignolo, Claudia…)

    (Noctulio dal pc formattato di Noctulio)(graziegrazie Lyppa…)

  6. Ghghgh, povero Kanzor l’ho degradato involontariamente :P, a difesa, molto parziale, di Nihal posso solo porre la sua visione ancora molto ‘provinciale’ degli eventi … è solo un anno che ha fatto capolino da Arath, già Kanthas o Trelven sono una enorme novità per lei :DD.

  7. Bello bello bello!!! ho aspettato a postare xchè prima volevo leggere anche le parti passate e devo dire che hai un BG molto intrigante, infatti ti cosiglierei di scrivere ancora qualche aneddoto del passato quando hai tempo!

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