Del Fior di Jagoda

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Vi voglio narrare per darvi memoria,
del Fior di Jagoda e della sua storia.

Destatosi un giorno in mezzo a sei fiori,
con loro divise gioie e dolori.
La sua giovinezza più non ricordava,
ma per farsi amare ciò non importava.
 

Campione di audacia e assai passionale,
ai propri compagni non potevi far male.
La mente era sveglia, il braccio assai forte,
e agli altri fiori legò la sua sorte.
 

Il tempo passava, tra pianti e sorrisi,
dicevan che mai li avrebbon divisi,
sette fiori diversi, variopinta aiuola,
ma sotto la terra la radice è una sola.
 

Ma come ogni fola, dalle tinte più strane,
dopo tre anni arrivan le grane.
 

Si chiamava Sajal, antagonista perfetto,
del male fu araldo con sommo diletto.
Venia dal passato, da un tempo remoto,
si nascose nell’ombra, mascherato da ignoto.
 

Voleva quel fiore più d’ogni altra cosa,
per egli era proprio ossessione bramosa.
I pezzi dispose e il gioco ebbe inizio,
non rimase che attender momento propizio.
 

Ma i leali compagni non potevan restare
fermi sul posto soltanto a guardare,
si strinsero a coorte attorno all’alfiere
così che lui niente dovesse temere.
 

Ma il male era forte, ottenne successo
e del Fior di Jagoda reclamò il possesso.
 

Maligno Sajal, dai loschi pensieri,
bramavi l’alfiere per i tuoi voleri,
credendo così di poterlo plagiare
la nera armatura gli facesti indossare.
 

Ma nemmen tu potevi sapere
che ancora qualcosa dovevi temere,
giacché l’amicizia coltivata negli anni
risulta più forte dei sordidi inganni.
 

Fu allor che l’alfiere, con forza e con rabbia,
col sangue del male tinse la sabbia,
e mentre i compagni gioivan contenti,
non si accorgevan di esser perdenti.
 

A volte purtroppo il fato è ignorante,
e contro di esso non si può far niente.
 

L’armatura il ragazzo aveva cambiato,
a bramare duelli lo aveva portato,
lui riconosceva a stento gli amici
e non lasciò scampo ai vecchi nemici.
 

L’eroe fece ciò che sapea far meglio,
molti saggiaron dell’alfiere l’artiglio,
finché nel silenzio con la lama in spalle,
l’amico scomparve in fondo alla valle.
 

Maledetta armatura dal fosco passato,
da dove provieni? Chi ti ha forgiato?
Finché quel ferro egli avesse indossato,
la terra di sangue avrebbe arrossato.
 

Ma i fedeli fiori non si diedon per vinti,
ai confini del mondo si sarebbero spinti.
 

Si misero dunque tutti a cercare,
il modo migliore per l’amico salvare.
Nessuno scordava la solenne promessa,
donare per gli altri la vita stessa.
 

Persin da lontano, il Giglio Bianco,
porta speranza cinta sul fianco,

a rammentar, che nel suo cuore,
l’antico patto non perde valore.
 

Io son Garofano e la storia vi narro,
del Fior di Jagoda rinchiuso nel ferro,
e quanti di voi mi vorranno aiutare,
sette volte la storia dovran raccontare.
 

Ecco che adesso si arresta la fola
Ed a Voi che ascoltate io passo parola.

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