LA VENDETTA DEL LEGATO (epilogo Ismael)

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Mentre percorreva gli ampli e vuoti androni del Maniero di Forranera, l’imponente Edel Isaak Oricalchi si chiedeva se era stato lui a divenir un gigante, o quelle sale ad esser divenute assai più modeste delle immense distese di marmo che ricordava quando da piccolo le lucidava chinato sulla schiena., rabbrividendo ogni qual volta udiva i passi del “Baronetto Folle” Rubio, il grande Spadaccino Lord Ismael, il decapitato fratello.

I passi echeggianti e marziali, il mugolare diafano dell’armatura e del gigantesco spadone recato sulla schiena male si addicevano a quell’ambiente coperto di drappi e lenzuoli, estremamente elegante, estremamente vetusto, estremamente fatiscente.

Vagava per le stanze del maniero ricostruendo centinaia di volte nella sua testa i pezzi di una sola notte, l’ultima che aveva passato tra quelle mura, dieci anni prima. Giunse alla terrazza della torre, dalla quale in una notte di luna piena come quella, il giovanissimo Ismael aveva gettato nel vuoto sua madre. Vagò tra le camere da letto della “Baronessa Folle”, nelle quali non entrava nessuno da quando ella morì nel letto delirando terribili profezie, solo il figlio l’aveva pianta. Passò di fronte all’immenso camino scolpito dal quale si accedeva al passaggio segreto verso i dedali di cripte sotterranee attraverso le quali lo aveva trascinato il fratello in quella notte di sangue e menzogne. Infine giunse nelle sale private del Barone di Forranera, titolo che oggi, finalmente, gli spettava di diritto, dopo che gli ultimi suoi tre detentori (lui compreso) si erano massacrati a vicenda. Una pesante stanchezza lo avvolse, si slacciò la maschera aspirando alla brezza dell’aria sul volto, non ancora avvezzo a portare l’Emblema del Vero Sangue.

Ma la maschera non cadde.

Le mani del Barone tentarono invano di rimuovere l’oggetto dal volto, ma inutilmente. Il cuore di Isaak cominciò a pulsare nelle tempie. Urlò nello sforzo di strapparsi dal volto l’oggetto appartenuto al defunto fratello. Inutilmente. Nella foga rovesciò mobili e suppellettili, fin quando il suo sguardo non si posò su di un grosso specchio alto come un uomo che giaceva nella penombra di un angolo. La superficie era incrinata, come se qualcuno tempo addietro lo avesse urtato con qualcosa, e tra le ferite del vetro si leggevano ancora parole nere come sangue antico: TORNERO’ A PRENDERTI.

Quello che però fece mancare il respiro all’imponente guerriero, che aveva affrontato di persona persino i Sette Folletti, fu quello che vi vide riflesso: la maschera che calcava sul volto era la medesima che egli aveva indosso, ma la figura che la recava era assai più inquietante: stretto nella giacca della Bas-Armtha, il castigo in mano e un sadico sorriso che si apriva in un volto scarno, violaceo e tumefatto, Isaak non ebbe difficoltà a riconoscer le sembianze del fratello che per la sua stessa mano era trapassato: il fu Barone di Forranera, Trean-Fear della Bas-Armtha, Caporale del Regno e Spadaccino della Settima Corona Lord Ismael Rubio Oricalchi, il quale, da dietro le nere rughe dello specchio infranto sussurrò con voce gelida al fratello:

“Sono tanto deluso dalla Dama Bianca quanto piacevolmente sorpreso da te fratellino. Il fatto che tu abbia accettato di buon grado ciò che da me fu vergato nel testamento che lasciai mi rende assai orgoglioso, e FIDUCIOSO del fatto che non mi deluderai, abbiamo molto sangue da versare e una GRANDE VENUTA da predisporre…. Quella tua e di questo posto c’è chi le definirebbe maledizioni, io, le chiamo opportunità…. Dopotutto DAHAK ha bisogno di un Legato quanto Forranera ha bisogno di un Barone…

Bentornato a casa fratellino…”

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