“Morire è tremendo, peggio è morire sapendo di non aver vissuto…”

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Ecco come viene al mondo la sorellina pazza (come se l’altra fosse sana…uahauhauah!)Anno1, Era del Regno. Luna di Kaynus Yano.

Per tutto il giorno la luce del sole era stata offuscata da pigre nubi che davano all’aria una consistenza lattiginosa. Poco dopo il calar del sole, una fitta pioggia ghiacciata aveva iniziato a cadere insistente e ben presto, al sorgere della luna, si era trasformata in un violento temporale. Perfino nelle carovane più moleste, abituate a far baldoria fino a tarda notte, le luci si erano spente. Gli animali abituati alla compagnia di musica e chiacchiere fino a tardi, erano irrequieti nel silenzio rotto solo dallo scrosciare della pioggia e rispondevano scattando ad ogni tuono e lampo. – Strano…molto strano… – commentavano gli alemariti più anziani, esperti conoscitori delle bizze del tempo – Abbiamo controllato per tutta la settimana. Non avrebbe dovuto piovere stanotte. – disse il capo carovana di una delle dromeja più antiche- Proprio no. Ci rallenterà il viaggio di qualche giorno… le ruote dei carri sono infangate fino a metà cerchione… bah! Non promette nulla di buono…e ho anche finito il vino! L’uomo si allontanò dalla finestra alla quale era stato affacciato per più di un’ora e si mise sotto le coperte, aspettando un sonno che non arrivava…
Solo in uno dei vagon degli Oghareva sembrava regnare un’atmosfera inquieta. Le candele ancora accese splendevano tremolanti al di là delle finestre. Il rumore del vento e il martellare continuo delle gocce sul tetto si univano al brusio delle voci che provenivano dal suo interno. Dentro la soba, stesa sul letto, Lhucretia Oghareva, moglie di Veliar, figlio della Grande Baba Josipina Oghareva, sopportava con fatica i dolori delle doglie e con ancor più fatica l’agitazione del marito. L’uomo, rimasto al capezzale della moglie per tutto il tempo, si teneva le mani dietro la schiena, contorcendo le dita nervosamente, parlando tra sé e sé con aria trepidante. – Perché non nasce? Perché non si sbriga? Che cosa sta aspettando, che i folletti se lo vengano a prendere? La fronte dell’uomo era imperlata di sudore e le flebili parole tranquillizzanti della moglie non avevano buon esito… – Calmati per gli dei! E’ tutta la sera che stai facendo su e giù per questa stanza! Mi stai facendo impazzire! Già è abbastanza difficile così, se poi continui a mettermi pressione di certo non migliorerà la cosa! Aaah!
– Eccolo! Eccolo! Sta uscendo vero? Sta nascendo ora! Si?!
– Mi dispiace darti torto, brat –la balia, timidamente, tentava di far da paciere – Temo che dovrai aspettare ancora un po’ prima di salutare il tuo bambino…il piccolo non si decide a venire al mondo…
– La piccola vorrai dire! E’ una femmina, lo so… me l’hanno detto le foglie di tè …. Sono mesi che me lo dicono… La voce di Lhucretia era ancora ferma e sicura, nonostante il dolore.
– Maschio, femmina che differenza fa! L’importante è che si muova! – gli occhi di Veliar con le pupille piccole come spilli facevano intuire quanto l’uomo fosse seriamente preoccupato – Perché? Perché proprio io tra tutti i padri devo subire questa sventura?
Intanto i tuoni fuori della finestra facevano tremare le pareti del carro e vibrare i numerosi orpelli che addobbavano la stanza che rispondevano con un tintinnare sinistro. I lampi che illuminavano il cielo viola rendevano l’aria elettrica e inquietante.
– Proprio una bella notte si è scelta questa creatura per venire al mondo…eh davni? Anche il cielo si sta lamentando!
– Smettila di cianciare balia – sbottò Veliar – e fa qualcosa! Non si decide! Mancano pochi minuti alla mezzanotte! Tra poco sarà il primo giorno della Luna dei Morti! Non può nascere per la Luna dei Morti! Gli occhi di Veliar erano sempre più sgranati e fissavano fuori, verso il nulla.
– Finiscila di agitarti così! –Luchretia era al limite della sopportazione – Cosa ci possiamo fare noi? Non può mica nascere quando lo decidi tu! Nascerà quando nascerà e…ngggaaahh… e quando lo vorranno gli dei! Ma cosa ho fatto per avere un magareci tale per marito?
– E quali dei? Kainus Yano, il dio dei morti? Eh? Vuoi che tuo figlio venga alla luce sotto la guida del dio dei morti? Come puoi volere questo?!
– Non c’entra quello che voglio io! Non possiamo fare altrimenti dobbiamo aspettare quando è il momento …tz… babun…
Il tempo passava e la notte si allungava fiacca tra i vagon silenziosi. Per molto tempo non si sentì che il rumore monotono dell’acqua insistente, quando…
– AAAAHHHHH!
Per l’urlo, Veliar cadde dalla sedia sulla quale si era assopito e carponi raggiunse il letto dove si trovava la moglie – Che fa? Che fa? Mica nascerà adesso! Non gli permetto di nascere adesso! – la voce dell’uomo tremava per l’agitazione.
– Allontanati Veliar non ho tempo di ascoltare le tue idiozie!
– Lascia fare a me sestra Lhucretia, vedrai che andrà benissimo!
– Allora? E’ vero? Sta nascendo ora? Dimmelo stupida balia!- La voce di Veliar era un misto tra sconcerto e disperazione.
– Modera i termini, giovane alemarita, quello che dovevi fare l’hai fatto, quindi adesso alza i tacchi e lasciami lavorare in santa pace!
– Ma adesso è tutto inutile! La mezzanotte è già passata! E’ il primo giorno delle Calende Nere!
– VELIAR ESCI SUBITO! L’uomo fu spinto fuori della stanza in malo modo mentre continua a sbraitare – Maledetta balia, è mia moglie quella, ho il diritto di st…
Veliar si bloccò e si girò di scatto come se qualcuno lo avesse punto in mezzo alle scapole con un succhiello.
La vecchia sorrideva leggermente. Veliar, ancora stordito dal chiasso della soba, guardò prima lei e poi le altre due minute vecchiette alle sue spalle. Sedevano tutte intorno ad un braciere fuori della camera, mute ed immobili come se le travi del pavimento le avessero vomitate fuori dal nulla.
– Chi…chi siete voi? Chi vi ha fatto entrare? Mia moglie sta partorendo non potete stare qui…
Le tre vecchie erano avvolte in lerci mantelli neri, coperti di fango fino quasi a metà, come se avessero percorso un lungo tratto tra la melma per raggiungere la carovana. Si erano involtate nei manti fin sulla testa e i cappucci e la penombra le aiutavano a celare in parte i visi alla vista del giovane alemarita. Ciò che inquietava maggiormente l’uomo era che si portavano appresso uno strano odore di terra e foglie marce.
La prima vecchia, che stava ancora sogghignando, si girò verso l’uomo fissandolo con occhi piccoli e pungenti.
– Che modi sono questi, Veliar… non intendi dare ospitalità a delle vecchie baka infreddolite in una notte burrascosa come questa? La voce dell’anziana donna era leggermente gracchiante e si sforzava di mantenere un tono di cordialità.
– Io…come conoscete il mio nome? Siete le sestre di divinazione di mia madre? Non vi ho mai viste…Perché lei non è qui con voi?
Il giovane alemarita mostrò un sorriso a mezza bocca che nulla aveva d’allegro e che faceva trapelare la sua insicurezza…
– Tua madre ci ha mandate a controllare l’esito del parto…a scongiurare perché vada tutto bene…sai non se la sentiva di venire di persona ad assistere alla condanna di uno sventurato… Veliar si riprese per un momento colpito dalle parole pungenti. – Sventurato? Sventurato?! Ma come vi permettete! Non siete state invitate, non so nemmeno chi siete quindi uscite subito dal mio vagon!
L’espressione sogghignate della baka resta immutata mentre la voce cambia diventando quasi un sibilo
– Come osi mancare di rispetto a tre baka anziane! Che penserà di te la tua cara mammina?
– Certo che oso! Siete entrate senza permesso e avete anche il coraggio di offendere mio figlio…
Il sorriso accennato della vecchia baka si trasformò in una risata gracchiante che risuonò per tutta la stanza trasformandole il volto in una maschera ghignante. Le due vecchie alle sue spalle l’accompagnarono con risolini striduli.
– Ah povero sciocco…sapevo che non avresti capito…lo sventurato non è tuo figlio… sei tu!
L’odore di muschio e marciume aveva ormai permeato tutta la stanza ed era talmente forte che a Veliar pareva di non riuscire a respirare. L’afrore gli stava facendo dolere la testa.
– Io? Stai delirando baka, non…
– Non è una nascita fortunata questa non trovi? Una notte da lupi…acqua incessante…per non parlare dei segni… La voce cantilenante della baka s’insinuava nella testa di Veliar come l’acqua insidiosa s’infiltra tra i muri corrodendone le fondamenta. Il giovane cominciava a dar segno di debolezza…Intanto le fiamme delle candele sembravano smorzarsi e nel carro la luce si faceva sempre più tenue.
– Io…segni? Di che parli?
– I segni…i segni di mala sorte… Molti segni hanno preannunciato la nascita sventurata di tuo figlio, Veliar…. Stamani ho visto un cane nero che si aggirava intorno alla carovana…
– Un cane, un brutto cane nero! Con occhi rossi e denti appuntiti! Le due baka che prima stavano intorno al braciere si erano avvicinate alla terza sorella e dalle sue spalle si alternavano con i chiacchiericci lamentosi.
– Ne abbiamo molti di cani qua intorno, non significa che…
– L’ho sventrato e ho letto le sue viscere…Parlavano di sventura Veliar…dicevano che stanotte non è una buona notte per venire al mondo. E i fondi del tè. E le stelle. E gli uccelli! Abbiamo visto una civetta appollaiata sulla nostra finestra per sette giorni, vero sestre? E’ un brutto presagio, le civette sono i messaggeri degli spiriti maligni…
– Si sestra è vero! I volti delle vecchie fattucchiere erano animati da ghigni e strane smorfie e fissavano Veliar che sembrava sempre più intimorito…
– Io…non …non vi credo…
– Ah lui non crede! Non crede!
– Ma non eri tu che non volevi che tuo figlio nascesse ora? Che non sopportavi di vederlo guidato dal dio dei morti? Non avresti preferito…altro? La voce della piccola baka era diventata suadente e cominciava a far breccia nella testa confusa di Veliar…
– Sì ma…
– Io ti conosco bene Veliar… tu non sei un tipo da famiglia…tu sei un giramondo…ami le feste e le belle donne…ti sei sposato in fretta, accecato dal desiderio… ma non avevi pensato ad un figlio … sei sicuro di riuscire ad affrontare tutto questo? Di saper essere un buon padre? Il padre di uno sciagurato?
– Sciagurato! Sciagura! Sciagura! Il coro delle due fattucchiere si ripeteva e ripeteva…
Le tre vecchie si avvicinavano sempre di più all’uomo puntandogli contro le dita ossute e spingendolo verso la parete alle sue spalle…Il temporale fuori infuriava ma nonostante questo qualcosa era cambiato nell’aria, sembrava come se il tempo si fosse fermato. Veliar non riusciva a capire cosa fosse finché non si accorse che le vecchie avevano smesso di cantilenare in coro e ora lo stavano fissando tutte con sorrisi candidi che però nulla avevano di benevolo.
– Il bambino! Il bambino è sfortunato, Veliar! E’ maledetto! Nascerà pazzo! O storpio! O peggio! Vuoi questo? Eh? Vuoi essere padre di un mostro? Sembrava che la vecchia si trattenesse a stento dall’urlare.
– No! No, non voglio! Lasciatemi stare! Andate via! L’uomo era soggiogato dalla voce ammaliante e si era rannicchiato nell’angolo con le mani sulla testa. Nel suo cervello una voce martellante ripeteva “Mostro”.
– Povero ometto smarrito…Non possiamo lasciarti solo in questa situazione incresciosa! Siamo qui per questo! Noi…vogliamo solo…aiutarti…
– …A – Aiutarmi? E come?
– Liberandoti da questo enorme peso…da una responsabilità che non sei pronto ad avere e che non meriti!
– Si…si …non la merito…
– Dallo a noi.
– C – come?
– Dallo a noi il bambino. Una volta nato non porterà che sventure nella tua famiglia. Nella nostra carovana! Venire al mondo per le Calende Nere… non hai idea di quante nefandezze dovrà sopportare! Perché non lasci che le vecchie baka ti aiutino a liberarti da questo fardello… a liberare il piccolo da una vita di stenti! …Potrà essere molto utile a tutti se ce lo consegnerai!
– Già utile! Utile a tutti! Ribatterono le altre due sottovoce.
– Sai, i cani e gli uccelli funzionano, ma niente è più potente e sicuro per scrutare la sorte delle calde e pure viscere di un pargolo nato sotto i raggi della luna dei morti, e sono così rari…da trovare, così rari…
Veliar fissava con occhi sgranati la bocca della vecchia che si muoveva incessante ripetendo le parole che non riusciva più ad udire, e anche se solo per una attimo, gli parve che i denti giallastri della donna fossero diventati piccoli e appuntiti.
Veliar stava per parlare quando la porta si aprì d’improvviso facendo entrare vento e pioggia gelida. Una figura imponente apparve davanti all’entrata e chiudendosi la porta alle spalle si avvicinò a Veliar. Era la Grande Baba Josipina. Le tre vecchie indietreggiarono intimorite. La donna rivolse uno sguardo minaccioso al figlio che la osservava inebetito e dopo avergli dato uno schiaffo sonoro, chiese – Non vai da tua figlia? In quell’istante il pianto di un bambino riempì l’aria, allentando la tensione creatasi durante la lunga attesa.
– Madre! Ma le baka… mi hanno detto che…
Veliar si voltò. Le tre vecchie erano scomparse.

Dentro la soba, Lhucretia, sfinita dallo sforzo ma felice, aspettava con la bambina in braccio. Il marito le si avvicinò timidamente…
– Hai visto? Avevo ragione io…è una bambina bellissima…
– Già… – rispose Veliar – … hai sempre ragione tu…
L’uomo prese in braccio la piccola che rimase tranquilla e sonnacchiosa sul petto del padre. La Grande Baba gli si avvicinò con un’espressione dolce sul viso… – E’ questa dunque la nuova stella nel cielo di stanotte?
– Sembra di si…è così bella…
– Avete già deciso un nome?
– Non ancora…
– Va bene dunque. Josipina sceglierà per voi. Si chiamerà Malusha. Il suo nome caccerà la mala sorte. Veliar si avvicinò alla finestra. La mattina era pronta ad arrivare. L’aria era limpida e pulita e aveva smesso di piovere da tempo.
– Le ore prima del sole sono le più belle secondo me – la voce della grande Baba era quasi un sussurro – Ti invitano ad aspettare qualcosa di splendido. Sii felice figlio mio. Malusha è una bimba fortunata. I temporali notturni portano bene, non lo sai?
Detto questo la vecchia fattucchiera si allontanò sorridendo. Veliar rimase ancora un po’ con la bambina in braccio a guardare sorgere il sole. Il primo sole del primo giorno della Luna dei Morti.

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