Scentiar, anno IV del Regno Eterno. Matinées.

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Tutte le mattine verso le undici, ancora avvolta dalla sua ampia veste da camera, Hélène scendeva lentamente lo scalone fino alla sala grande, pregustando già il momento in cui si sarebbe seduta al tavolo dove la luce filtrava più luminosa dalle imposte tinte di rosso, pronta per far colazione con Madame… sicuramente a quell’ora aveva già dato precise disposizioni alla cuoca, così che non avrebbe avuto più bisogno di chiederle nulla fino al mattino successivo e Hélène l’avrebbe trovata già attiva e pronta per iniziare a godersi la giornata.
L’ultima a coricarsi, la prima ad alzarsi. Madame era fatta così. Quel posto era davvero tutto il suo mondo.

Tuttavia, quella mattina Hélène non trovò la sua maitresse al solito posto dietro il bancone, intenta a sistemare quel che serviva loro per iniziare degnamente la giornata, ovvero una grossa tazza di tè corretto con il rhum per la sua protetta e una di densa cioccolata fumante aromatizzata al liquore d’arance per se stessa, con annesso piattino di dropped scones con crema di nocciola e biscotti alla cannella.
La sala era apparentemente sprofondata nel silenzio, e ciò suonava quasi stridente alle orecchie di Hélène. Improvvisamente, poi, la ragazza si diede un buffetto sulla tempia: ma certo, adesso Madame aveva un ospite da accudire. Probabilmente era su da lui a portargli la colazione.
Erano passati alcuni giorni da quando quel misterioso ospite aveva preso alloggio in una delle stanze che Loupelee riservava unicamente a chi avesse molta grana da spendere, e ancora non ci aveva fatto l’abitudine. Dopotutto, la sua stanza era dall’altra parte del corridoio, quindi non doveva passare davanti alla porta del bell’addormentato, come lo chiamavano le ragazze, o del morto in piedi, come lo chiamava Madame, e non poteva sapere che cosa stesse succedendo là.
Una cosa era certa, però: dentro quella stanza entrava solo ed esclusivamente Loupelee. Solo a lei, Hélène, era permesso entrare per dare una mano quando la sua signora era dentro, ma solitamente non ce n’era bisogno. La porta della stanza dell’ospite era sempre chiusa a chiave e la fanciulla non avrebbe saputo dire se era per non farlo scappare o per non permettere a nessuno di entrare in contatto con lui, o per entrambe le cose.
Da quel che aveva capito, il paziente era piuttosto indisciplinato, benché sembrava si fosse quasi rassegnato a rimanersene buono buono in attesa che le sue ferite guarissero del tutto.

Hélène salì al piano di sopra, poiché non le piaceva fare colazione da sola, e passò dinanzi alla porta della stanza degli ospiti. Chiusa, naturalmente. Alzò la mano per bussare, ma il gesto si interruppe a mezz’aria.

– Ma piantala di lamentarti come una mocciosetta!
– Voi non farete niente del genere!
– Oh, ma sentilo, il signorino! Se ti alzi in piedi e ti agiti come al solito non guarirai mai, ti è chiara l’antifona? Oppure hai preso questo bordello per una casa di cura?
– Io non mi faccio prendere in braccio per andare alla latrina da nessuno! NESSUNO! Tantomeno da VOI!
– Sta bene! Se cadi o me la fai per terra ti lascerò marcire lì finché non avrai leccato tutto il pavimento!
– BENE!
– BE-NE!

La fanciulla si scostò delicatamente dalla porta, abbozzando un sorriso vagamente imbarazzato e divertito. No, per quella mattina era meglio non disturbare.

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