Terra e sangue

Share Button

Prese del pane di segale e un pezzo di formaggio dalle cucine, non si recò al desco quella sera. Passò dal grande atrio per non farsi notare e il suo sguardo andò al portone d’ingresso, Abigaille non ci pensò due volte e uscì nella corte.

L’aria era fresca e pungente, un vento leggero soffiava dalle montagne che tagliavano l’orizzonte con le loro imponenti sagome, tutto taceva all’esterno. Rimase in silenzio ad ascoltare il suono delle foglie, cercando un po’ di conforto nella solitudine.

Aveva sbagliato, lei lo sapeva, ogni volta che il suo pensiero andava ai compagni caduti, le era chiaro come la luce del giorno. Il pasto non le andava più, lo ripose nella scarsella e mosse qualche passo a caso, lo stomaco era stretto da una morsa di dolore. Le grida della duchessa riecheggiarono nella sua mente, le mancò di nuovo il respiro. Un giro di clessidra che sembrava senza fine la paralizzò nel suo pensiero.

“Mylwar Abigaille, vi sentite bene?”

La voce di Harrand la riportò alla realtà. Lo fissò senza dire una parola, il sangue iniziava a ribollire nelle sue vene, la rabbia finora sopita era pronta a riversarsi come un torrente in piena.

“Soldato!Voi siete un veterano della guerra contro i Quattro, non è vero?”

Harrand annuì con il capo, sorridendo dietro la sua folta barba rossa.

“In questo caso posate la torcia e sfoderate la vostra lama!”

Abigaille brandì il suo martello e fece un passo avanti.

“Sarei onorata se mi allenaste ad essere un soldato migliore”

Il rumore del metallo spezzò il silenzio fra i due. Qualche curioso si era aggiunto nello spiazzo dove combattevano, tutti gli occhi adesso erano puntati su di lei. Ogni attacco inferto da Harrand, sbalzava la giovane a terra che tornava in piedi. Una volta, due, dieci, fino a perderne il conto. Dopo qualche ora, Abigaille crollò sulle sue stesse ginocchia, guardò il guerriero sconfitta nell’orgoglio e non disse niente.

Ripensò alle parole del colonnello e finalmente comprese il loro significato. Doveva rialzarsi, imparare dai propri errori e non mollare, mai. Questo era quello che facevano i figli dell’orsa.

Un sorriso lasciò cadere del sangue sul terreno:

“Non abbiamo ancora finito, Harrand”

Share Button

Commenti

commenti

One comment

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.