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4.2._gli_esoteri

Gli Esoteri

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“DO UT DES”

Trad. “Dare per ricevere”

(aforisma della Camarilla)

L’intrigante e temuta arte degli Esoteri si basa su un complesso intreccio di teorie animiste e pratiche mistiche, talvolta vicine alla misteriosa essenza del Reame Animale, detta Skia. Secondo il concetto della Camarilla, ogni corpo vivente è sostenuto da due distinte entità spirituali: il “grande patrono”, assimilato all’anima mortale, e il “piccolo patrono”, ossia la proiezione ‘astrale’ dell’io che talvolta si distacca dalla carne (es. durante le esperienze oniriche). Se è il grande patrono a garantire a una creatura la sua esistenza terrena, il piccolo patrono è quell’ ‘amalgama’ che gli consente di restare vincolato al corpo che lo ospita. Non a caso gli Esoteri sostengono che dopo il trapasso sia il piccolo patrono, anche chiamato “ombra dell’anima”, a restare per qualche tempo nella salma, offrendo al grande patrono un ‘appiglio’ per tornare nella sua dimora mortale.

Questo sottile equilibrio può esser alterato a favore o sfavore di un soggetto tramite l’esercizio del “baratto”. Quando un individuo cede un elemento nettamente vincolato alla sua persona (pegno), in esso resta un’indelebile traccia che consente a un ‘maestro’ (Moah) di esercitare la sua arte. Il baratto può avvenire in tre modi:

  • Serbando il pegno all’interno di un fantoccio (Kuah), realizzato tramite tre o più materiali di origine minerale, vegetale e animale (es. argilla, canapa e osso). Questo viatico consente al Moah d’influenzare il piccolo patrono, invocando benedizioni o malefici sul soggetto. Molti richiedono tali portenti prima di cimentarsi in importanti imprese oppure per punire detrattori così come debitori insolventi.
  • Tramite lo scambio diretto di pegni tra Moah e soggetto. Ciò consente al Moah d’influenzare il grande patrono allo scopo di guarire o affliggere il corpo. Lo scambio può avvenire tramite un semplice contatto fisico, mediante bizzarre pratiche mediche (es. cucendo le ferite con uno spago realizzato con i capelli del Moah) oppure con atti rituali (es. miscelando il sangue dei due in una coppa e facendo sì che ciascuno ne beva un sorso). Dato che questo baratto espone l’anima stessa del Moah, i maestri tendono a evitare di perpetrarlo per troppe volte di seguito sullo stesso soggetto. Questo potere rende senz’altro gli Esoteri i guaritori più abili della Scacchiera, capaci di riuscire dove le arti di cerusici o fattucchieri si rivelano vane.
  • Offrendo il pegno al nume Insonne Dagon o alla sua “corte degli obbrobri”. Il patrono del Vico di Nebin e degli Esoteri riflette gli alterni volti della vita e della morte così come della fortuna e malasorte; allo stesso modo gli “obbrobri”, mostri deformi che si vocifera gli Insonni abbiano generato dopo essersi uniti a donne mortali, possono piegare il fato col proprio sguardo. In questo caso il Moah si limita a funger da ‘tramite’ tra il soggetto e Dagon, creando una ‘soglia’ verso i reami ultraterreni (Subisso), spesso usando le monete forate tipiche della Scacchiera (bifore). Il principale scopo di questo baratto è la resurrezione dei morti o la creazione degli zombie. Per mezzo del Subisso, il piccolo patrono reca il pegno alla corte di Dagon e se questa è soddisfatta, gli mostra come recuperare il grande patrono oltre il confine dell’oltretomba (Sudario). In alternativa Dagon può consentire a uno dei suoi obbrobri di dimorare nella salma, la quale diviene così un essere del tutto insensibile alla paura e al dolore (zombie). Si dice che solo un frammento dell’anima possa costituire un pegno adeguato per realizzare tale baratto; in genere spetta al morto pagare quel fio, altre volte i suoi compagni possono offrirlo in sua vece e in altri casi è possibile sfruttare uno o più Kuah in cui sia stato infusa parte dello spirito di quanti hanno contratto un debito nei confronti del Moah.
I figli di Dagon: Di seguito sono descritti alcuni degli obbrobri che compongono la presunta progenie terrena di Dagon. Si tratta solo dei nomi più celebri giacché si narra che l’Insonne abbia sparso innumerevoli figli entro le Lande Selvagge:
  • Gordo “Il Pingue”: Dal gozzo gonfio come quello dei batraci e il ventre obeso, Gordo è un essere perennemente affamato. Si dice che talvolta egli sfidi gli uomini a saziarlo, elargendo uno stimato premio a chi riesce nell’impresa e divorando chi invece fallisce.
  • Marmaduk “Lo Scarno”: Un decrepito vecchio dagli arti macilenti e scheletrici, sempre intento a borbottare le sue elucubrazioni. Marmaduk sottopone astrusi dilemmi ai forestieri accolti nella sua tana e chi non riesce a scioglierli, resta suo prigioniero per sempre.
  • Sharra “La Rampante”: Una bellissima ninfa le cui trecce arrivano al suolo. Sharra appare arrampicata sugli alberi presso i bivacchi dove si diletta nel sedurre uomini o donne indistintamente. I suoi amanti all’alba si ridestano con una delle trecce accanto e l’innaturale disperazione che avvertono in quel momento, li porta inesorabilmente a impiccarsi con i capelli dell’ obbrobrio.
  • Wyla “La Grottesca”: Una donna affetta da atroci deformità nel volto e negli arti. Sebbene Wyla si vergogni del suo aspetto, di tanto in tanto qualcuno la scorge nella selva e quella visione è sufficiente a estinguere il battito del cuore. Pare che se qualcuno dovesse sopravvivere alla vista dell’ obbrobrio, costei gli donerà una vita straordinariamente lunga e prospera.


Il codex degli Esoteri si basa sui Loih, disegni dai tratti sinuosi realizzati con sabbie policrome. Il significato dei Loih è ovviamente segreto ma è credenza diffusa che ciascuno debba esser necessariamente tracciato come una linea continua che infine si chiude sul principio della figura. Nel Loih possono comparire simboli legati a elementi reali, icone associate agli obbrobri e scritte nell’alfabeto comune o primordiale. Pare che anche la scelta della sabbia giochi un ruolo decisivo nel conferire potere a un Loih oppure per neutralizzarlo, motivo per cui le dimore dei Moah sono zeppe di vasi colmi di fini polveri di vario colore.

La tradizione degli Esoteri mescola la stravagante eleganza degli “eccentrici”, dotti accademici e inguaribili libertini delle Contee, con l’ancestrale prassi dello sciamanesimo. Le vesti dei Moah combinano improbabili fantasie, cupi pastrani o berretti da cerusici, grottesche maschere da barbitonsore a foggia di teschi d’uomo o animale, pitture facciali e feticci d’ogni sorta. I loro pasti contemplano i liquori tipici degli eccentrici come il Sazerac (miscela di assenzio) nonché almeno una pietanza a base di cascame o “quinto quarto” (frattaglie) che si ritiene possa favorire la pratica del baratto.


Mordecai "Lo Storpio"

Custode della Camarilla è il bislacco Altomastro di Nebin, Mordecai “Lo Storpio” . A differenza degli altri pionieri della Lande Selvagge, egli mostra un atteggiamento tollerante nei confronti dei druidi e promuove espressamente lo studio nonché l’integrazione delle loro usanze. Al medesimo tempo la cultura poliedrica di Mordecai si esprime in un’accozzaglia di scienze occulte e mondane. Egli accosta la medicina al concetto degli “umori” proprio della credenza popolare, analizza piante e minerali con l’ausilio delle astruse icone alchemiche, studia l’anatomia umana e animale nel tentativo di trovar un nesso con i feticci stregati dei druidi, si diletta nello scioglier complessi linguaggi cifrati così come nel prender parte a improvvisate sedute spiritiche. Il suo approccio è nettamente orientato alla pratica: disseziona da solo le salme prestate ai suoi esperimenti, di tanto in tanto compie lunghi viaggi in zone inesplorate, tornando carico di campioni d’ogni sorta, e non esita a intossicarsi con alcool o droghe per “aprire la mente” a incerte divinazioni. Come suggerisce il suo soprannome, il braccio sinistro di Mordecai è privo di vita ed egli lo tiene appeso al collo con un’imbracatura per agevolare le sue mansioni quotidiane.

Le Grand Zombie

Per quanto l’Altomastro preferisca agir di persona, in sua assenza è un leale gregario, chiamato Le Grand Zombie, a farne le veci. Si presume che costui, in grado di alterare le proprie sembianze (“mutar pelle”), sia una delle salme animate da Mordecai stesso e, a differenza degli altri zombie, dimostra un inquietante barlume d’intelletto.

Risveglio

Calde, bollenti palpebre di sangue vermiglio calano sui miei occhi… poi il gelo serra con dita grifagne un cuore che più non palpita. Come spirito etereo, disincarnato, incedo in una tortuosa via cinta dalla nebbia. Non v’è in me sostanza alcuna né lume che mi sovrasta, eppur una scura sagoma aleggia a guisa d’ombra accanto all’anima mia. Un silenzio che mai ho conosciuto è improvvisamente rotto da una lugubre cantilena: “Loih, Loih, Loih nos coniungit atque dividit… do ut des!”.

Grandi mani affiorano dalla caligine e mi afferrano salde come il ferro. Lo sguardo si apre innanzi a eburnee pupille che scrutano oltre un teschio di pallido avorio. Il mio braccio si stacca dal letto di foglie di mais su cui giaccio. Tocco la fronte su cui si era abbattuto il randello del bruto e senza stupore scopro una profonda cicatrice che solca metà del cranio. Il Moah frattanto si lava le mani in un bacile di peltro… lava via il mio sangue. Nel desco accanto sta un calice colmo di Sazerac, il cui penetrante aroma d’assenzio giunge per primo a ridestar i miei sensi. Un altro odore, ben più intenso e penetrante, aleggia in questa piccola stanza… è senz’altro zuppa di cascame quella che borbotta nel paiolo sospeso sul fuoco. Solo in quel momento mi accorgo del terzo individuo che sta qui… una donna dalla pelle olivastra, sfregiata da vaiolo o peggio, è intenta a cucire qualcosa che non vedo. Per un attimo i suoi occhi vitrei e scevri d’espressione si volgono su di me… poi lo zombie riprende le sue faccende.

“Lucas, ora sai quali perigli riserva il gioco d’azzardo… ognuno alla fine paga i suoi debiti.” – Le parole del Moah giungono nitide persino oltre la macabra maschera che indossa sul volto. Faccio per alzar l’altra mano e con gran sorpresa scopro lacere bende dove prima avevo due dita. “Il primo è per il Grande Patrono, Lucas… offerto al Subisso in riscatto della vita tua. Il secondo è per il Piccolo Patrono… la mano di baccarat che tre giorni addietro hai perso con Mordecai lo Storpio.” – Proprio in quel momento la donna finisce il suo lavoro e solleva un bizzarro fantoccio di iuta, il Kuah… sulla sua testa c’è una grossa cucitura: sembra proprio una cicatrice.

Mentre esco, le ultime parole del Moah mi gravano addosso: “Ricorda due cose, Lucas… gli Esoteri non chiedono a un tirapiedi di esigere ciò che gli spetta… e c’è di peggio della morte cui sei scampato.” – Quando la porta si chiude alle mie spalle, la donna si accinge a rifar il letto. Sotto le ruvide foglie appaiono linee sinuose, cerchi e croci realizzate con canapa intrecciata… il Loih è tracciato, il vincolo è stretto.

4.2._gli_esoteri.txt · Ultima modifica: 2020/05/30 13:32 da admin