Il dilagare ormai della piaga dei "senza riposo" ha indotto la corte thersiana ad intraprendere ogni misura utile a comprenderne a fondo il meccanismo: grazie all'ausilio dell'imbalsamatore di Khamun è stato infatti possibile allestire un rito in grado di scrutare il percorso che un'anima irrequieta affronta dopo la morte.

Mediante le visioni scaturite da tale rito, infatti, è stato possibile comprendere come l'anima andasse incontro, dopo il decesso, ad una sorta di ‘migrazione’ da Thersa fino ad Athar passando lungo il confine tra mondo terreno e oltretomba. In questo tragitto  l’anima dapprima veniva imprigionata in un baratro d’ombre, poi torturata da tre abominevoli esseri affini alle potenze elementali (acqua, terra e fuoco) e infine essa ardeva in un rogo il cui fuoco appariva simile alla “fiamma immonda” invocata da Ammon presso Khamun al termine del Concistoro.

Tali rivelazioni sono state tuttavia pagate a caro prezzo dagli individui che in passato erano stati riportati in vita tramite i prodigi delle sacre catacombe. L’occulto potere del rito ha infatti influenzato l’anima lacerata di costoro, tormentandoli con cupe visioni legate al fatidico momento del decesso.

Desta in particolare scalpore il flashback evocato nella mente dell’Obermarschall Vladilena Krutchow, la quale in una concitata crisi di pazzia ha rivissuto il drammatico evento in cui il suo villaggio natio fu distrutto dai bruti della Tirannia... per ciò che si sa tuttavia la Gran Conestabile della Torre non è mai perita e quindi il fatto che ella sia caduta vittima dei nefasti effetti del rito desta inquietanti interrogativi nelle menti dei patrioti thersiani.