DI CONTI, CACCIATORI E TRAVESTIMENTI

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Dopotutto a Khartas si stava anche bene se sapevi scegliere le località giuste. 

Valèrie e Diego si erano divisi dal resto del gruppo per una giornata di riposo dopo le spericolate avventure valdemarite, la vicinanza con il confine Khartasiano la sera si faceva sentire e niente li aveva distolti dal trovare un capanno di caccia e occuparlo abusivamente.

“Vale… Vale… sai che i Khartasiani sono besti strani?! A loro non piace il riposo e non piace la vacanza… Leggende dicono che non ci credono!!” 

Nel parlare il buon Diego stava armeggiando con una sorta di forcina arrugginita per cercare di scassinare la serratura del capanno.

“… loro si costruiscono delle piccole abitazioni sperdute tra i monti e vanno a passarci i loro momenti di riposo, si dice che ogni Khartasiano che si rispetti ne abbia almeno uno e i più attaccati alle tradizioni ne abbiano almeno uno per Fold…”

Un colpo di polso da chi, come Diego, è abile ad usare attrezzi del genere e la serratura diviene totalmente inapribile perché ti ci si spezza dentro il tuo grimaldello preferito; quello di Rahul.

“… Alla mierda!! pinche cabron di un Khartasiano che hai messo una serratura così difficile da scassinare in un posto così inarrivabile…”

Paonazzo per l’imbarazzo di aver fallito in un procedimento tanto semplice, offeso per aver fatto la figura dello scassinatore della domenica; l’erigassiano aveva portato la mano sinistra alla sua fida pistola e con un colpo preciso, in un boato che pareva quello di un temporale, probabilmente spaventando tutta la fauna di lì ad Erigas era riuscito ad aprire la porta.

… e si danno alla caccia e alla pesca in queste zone sperdute…”

Intanto nella valle, un cacciatore con l’arco teso cercava inutilmente di accoppare un cervo che, sentito il rumore scappava a gambe levate. Una sicumena di bestemmie in Kartasiano stretto lasciava intendere che al Karthasiano medio puoi togliergli tutto ma non la caccia perché sennò gli sale l’imperialismo e la sindrome di Gils de la Tourette (N.D.R. noto valdemarita che ha studiato proprio questo particolare stato d’animo del Khartasiano inverrito).

“…comunque, mia rosa che puzza di sudato e di sangre, a noi del perché la usano non importa poi molto, ci interessa perché sono cottage ben fatti e con provviste sempre pronte, oltretutto molte volte c’è anche un pozzo con l’acqua corrente sul retro per darsi una lavata…”

Effettivamente l’abitazione rispecchiava in tutto e per tutto quello che Diego favellava, bella, di legno, con salumi e provviste varie al suo interno, un camino con legna pronta da accendere e un pozzo. L’abitazione era su due piani, al piano terra vi era la zona giorno con la dispensa e il focolare, mentre delle ripide scale quasi a pioli portavano a quello che era una stanza da letto mansardata.

I due, rapidi presero possesso della baracca, accendendo il fuoco, cambiandosi, usando le coperte di pelliccia ed imbastendo una splendida cena a lume di candela. Nel mentre che Valèrie si riscaldava al fuoco Diego faceva dei conti, probabilmente di natura economica, con un abaco che aveva nello zaino.

“Diego non mi dire che stai facendo i conti per quell’idra di oggi” 

Valèrie stava già mettendo il broncio per non essere la primaria distrazione del compagno, già troppe volte era stata costretta a dividere le sue attenzioni tra l’oro e il bel  Rahul, questa volta non voleva perdere.

“Senti maaaa… allora questa notte vuoi metterti veramente il mio reggicalze?! Lo facciamo un po’ strano?!”

Si, Diego era proprio una persona strana, molte volte, in pubblico se ne usciva con proposte indecenti ed improponibili magari per risollevare il morale del gruppo, a Valèrie piaceva molto questo suo aspetto ma niente l’avrebbe distolta dal riuscire a vederlo con un reggicalze e se fosse riuscita avrebbe cercato di coercire anche un pittore per immortalare quella scena indecente. Nel frattempo l’uomo aveva messo da parte l’abaco e con sguardo sornione aveva ammiccato alla compagna.

Mi corazon, sono cinque le monete non una… Dopo che avremo usato questa roba che mi ha passato Rododendro sono certo che il reggicalze non sarà la cosa più strana… Non mi stupirebbe vederti con i miei stivali, il mio cappello e le mie pistole”.

Erano le prime luci dell’alba, i due probabilmente (o per fortuna) non si sarebbero mai ricordati cosa avevano combinato la sera prima quando d’un tratto, davanti allo sguardo annebbiato del giovane si era delineato quello che, ormai a ragion veduta sembrava la coscienza di Diego, il putto Rahul, bello ed ingrugnito come al solito portava in testa solo il suo cappello e svolazzava amabilmente intorno all’amico con le sue piccole ali da insetto. D’un tratto gli si era posato sulla spalla e quasi piangendo gli aveva toccato dolcemente la testa.

“Amigo! Io… Questa volta ti sei superato… quasi meglio di quella sera con Quarto il mulo, Rahul e quelle donne amorevoli… Mancava solo un favo d’api e la serata sarebbe decollata completamente!!”

Diego non si ricordava assolutamente cosa era successo ma sbattendo più volte le palpebre barcollando visibilmente e guardandosi intorno ben poco riconosceva del bel cottage della sera prima.

Tutto era incasinato e rovesciato. Non aveva fatto in tempo a riprendersi del  tutto che alcuni rumori molesti dall’esterno lo avevano allertato, svegliando la compagna, con fare furtivo erano riusciti a sgattaiolare fuori da una porta secondaria lasciandosi alle spalle la dimora devastata.

——

Il vecchio cacciatore dalla giacca nera se ne stava sulla porta incredulo mentre i compagni gli spiegavano la situazione.

le ceneri del focolare probabilmente si erano riversate nelle coperte e queste erano state spente annaffiando copiosamente il tutto con del vino, le sedie impagliate erano tutte bucate come se qualcuno ne avesse sfondato il centro, la credenza era aperta e il prosciutto al suo interno sembrava mangiucchiato e sbocconcellato. Nel marasma generale probabilmente gli innumerevoli fori nel soffitto di legno della baracca apparivano come la cosa più strana, questi erano anneriti ai bordi come se uno strumento rovente li avesse provocati.

Al piano di sopra la situazione non era migliore, il letto era completamente sfatto ed aveva una gamba rotta, tutto era in disordine e tutto era rovesciato.

“Pensiamo a dei briganti, probabilmente non hanno trovato nulla di valore e quindi si sono rifatti sull’edificio; questa mattina quando abbiamo fatto irruzione nella casa erano già scappati, ma nel crinale abbiamo visto sicuramente due ombre, scavalcarlo”. 

Lo sguardo vago del sottoposto lasciava intendere che si erano fatti fregare proprio come dei giovinetti.

“Una sembrava quella di una donna prosperosa con un cappello erigassiano e degli stivali altrettanto appariscenti. 

La sera prima i cacciatori che ora stavano facendo rapporto si erano spinti molto dentro la foresta per cercare di inseguire un cervo che gli era scappato a seguito di un tuono e a notte fonda si erano accampati e bevuto qualche sorso di troppo così i loro sensi si erano sopiti.

L’altra era vestita in maniera strana ed incomprensibile, era corpulenta per essere una donna ma vestiva alla maniera valdemarita, aveva quello che sembrava un bustino e un vestito aperto sul davanti pieno di inutili fiocchetti sulle gambe. Non so dirvi chi fossero ma purtroppo ce li siamo lasciati scappare”.

——

I due ridendo avevano corso a perdifiato fintanto che non erano caduti assieme in una radura di palegro verde smeraldino, simile ai capelli del Doge (N.D.R. la nota erba di Doge) ridendo e ruzzolando insieme.

“Home sofà posso chiedere ad un pittore di immortalarti in questa maniera?!”

Il giovane se ne stava agghindato come una vecchia bisbetica sovrappeso sdraiata sull’erba .

“Solo se poi questo quadro lo regaliamo a zio Marcello, così sicuramente riuscirà a vedere il mio lato migliore!!”

E niente, a Valèrie quella risposta fece un sacco ridere, immaginandosi il quadro nell’austera magione dell’altrettanto austero zio. Era proprio vero, la più grande dote di Diego, quella con cui l’aveva conquistata era sicuramente la simpatia

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