Partenza

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Il sole non era ancora sorto e Port Anchor era ancora ammantata nel buio completo di una notte di Luna nuova.
Iker era fuori dalla locanda dove aveva preso soggiorno negli ultimi due giorni, in attesa di suo nipote, quando lo vide svoltare l’angolo, distante una ventina di passi.
“Buongiorno!”
“Che cazzo hai fatto?!”
“Vedo che ti sei svegliato bene Hari, proprio col piglio giusto per partire per un lungo viaggio….”
“CHE CAZZO GLI HAI DETTO?!?” disse il Volk avvicinandosi allo zio.
“Non capisco di cosa stai parlando, Hari. Abbassa la voce, potresti svegliare qualcuno. Non è ancora nemmeno l’alba…”
“SENTIMI BENE” il giovane prese per il bavero l’altro “SE NON MI DICI CHE CAZZO HAI DETTO A MIO PADRE IO… IO…”
“TU COSA? MI APRI LO STOMACO CON MEZZO METRO DI ACCIAIO E TI PASCI DELLE MIE INTERIORA? VOGLIO PROPRIO VEDERE LA SCENA!! AVANTI!! FALLO!!”
I due si guardarono negli occhi per qualche lungo secondo.
Poi il giovane si riebbe e allentò la presa.
“CHE CAZZO TI SALTA IN TESTA?! HAI MANGIATO PESANTE O COSA?! PER AVER PARLATO CINQUE GIRI DI CLESSIDRA CON TUO PADRE?! COSA GLI AVRÒ MAI DETTO?!”
“E che ne so?! … è tornato con una faccia strana, come avesse visto… un fantasma… e poi mi ha detto che aveva parlato con te…”
L’uomo più vecchio si calmò a sua volta.
“Hari, abbiamo parlato dei vecchi tempi e di come abbiamo immaginato di mozzar le nostre vite vicendevolmente. Poi abbiamo parlato di tua sorella. Alla fine abbiamo quasi riso. Tutto qui. Veramente.”
“Cosa? Vi volevate ammazzare?”
“Sì, ma…. Niente di serio…”
“COME NIENTE DI SERIO?”
“Roba vecchia di trent’anni, lascia stare. Partiamo, prima di svegliare tutto il vicinato con gli affari nostri…”
I due si incamminarono per il porto. Avrebbero preso una imbarcazione diretta a Cœur De l’Eau con un carico di legname. Da lì, avrebbero preso una chiatta via fiume per scendere verso sud lungo il Naissance, fino ad arrivare in prossimità dello sbocco in terra valdermarita di una arteria proveniente della Salaria del Este. Da lì in avanti, a piedi o su qualche trasporto di fortuna. Qualche idra qua e la, un paio di medicamenti da pochi pezzi d’argento scambiati con qualche pasto e sarebbero arrivati velocemente.
“Sai, quando non vedevo che la mia camera, volevo tanto uscire, consumare gli stivali in giro per tutto il mondo. Adesso, con quanto ho visto, quanto ho provato e quanto ho sofferto, sono arrivato a pensare che forse è meglio essere parte del… Come lo chiamate voi? Pueblo? Nulla ti tange. Hai il tuo lavoro, lo svolgi, e la sera te ne torni dai tuoi cari a casa per cena. Ogni sera. Non ci sono ordalie da superare, tagliagole da consegnare alla giustizia e divinità adirate.
Il tuo lavoro e la tua famiglia. Basta.”
Iniziò Hari mentre venivano scesi dalla chiatta fluviale.
“Beh, permettimi di dire che la vita del Pueblo non è così facile come la dipingi tu. Intanto, non è detto che tu abbia un lavoro. Ricordi gli accadimenti con i Monopoli di un paio di anni fa?
Pensi che quei coltivatori nella Plana o chi lavorava nelle miniere di Ugol, rimasti senza lavoro per colpa della Nassa, lo abbiano ritrovato appena gli eroi della Ventura hanno trovato l’inghippo?
Sai quanta ancora di quella roba è in giro e quante gente è rimasta senza paga e senza lavoro? Magari sono stati costretti a divenir loro stessi i tagliagole che hai appena detto tu…”
“Beh, io…”
“Oppure tornare a casa dopo una giornata a scaricare chiatte e prepararle con il nuovo carico e trovare un pezzo di carne secca e del pane raffermo se sei fortunato? Ti è mai successo? E magari doverlo dividere con tua moglie e i tuoi figli… Sai cosa voglia dire?”
“No, perché…”
“Perché sei un privilegiato. Sei nato nobile e anche se la tua famiglia non era nel suo periodo di massimo splendore, hai sempre avuto più di quanto ti servisse per sopravvivere. Questa è una cosa che il Pueblo non ha.
Non ha modo di scegliere.
Sei andato alla Ventura per? Noia? Voglia di scoprire cose nuove? Voglia di diventare qualcuno?
Queste domande il Pueblo non se le pone nemmeno.
La gente nasce con una zappa in mano, se ha fortuna, e ci muore, trascorrendo ciò che rimane nel mezzo a cercare qualche modo per non crepare malamente.
Se non altro, se  succede a noi, ce la siamo cercata…” Disse Iker sorridendo…
“ Non ci avevo mai riflettuto. Non in questi termini, se non altro. Che ce la stiamo cercando, intendo…” Continuò a sorridere Hari.
“Pensi che rivedremo mia sorella e le altre? Da vive, intendo…” si adombrò.
“Le vie dei Quattro sono infinite. Spero che ce ne siano alcune per le quali possano essere ricondotte a noi.”
“E se non tornassero? Magari anche altri venissero presi? Io, gli altri dei Culti Apocrifi…”
“Senti Hari” abbassò la voce Iker “non esiste ancora nessun tipo di proclama pubblico né ci è arrivata all’orecchio alcuna sentenza. Solitamente, per far vedere quanto il pugno Imperiale sia ancora serrato in questi luoghi, fanno una bella pubblicità alle esecuzioni capitali, specie se collegate a eresie. Ricordi quanti abbiamo catturato alla penultima ventura. Un bel falò in pubblica piazza.
Ancora invece non si è sentito nulla. Oltre questo non so. E ora continuiamo a parlare di altre cose, non mi fido di nessuno.” Disse guardandosi attorno.
Il giovane parve in parte sollevato dalle parole dello zio. Ma poi ripensò che, in effetti, il più grave dei vari capi d’accusa che potevano essere imputati ed erano in fase di discussione (se non già discussi e sentenziati) era proprio quella di eresia e divenne ancor più scuro in volto.
I giorni passarono rapidi e, infine, arrivarono nelle vicinanze di Alguña.
Erano in leggero anticipo. Giusto mezza giornata per riposare le membra stanche e prepararsi al meglio per la giornata successiva.
“Prendi la cote e affila bene le tue lame. Poi assicurati di ribadire all’infuori tutti i bozzi del brocchiero e che le cinghie siano in buone condizioni.”
“Ma non pensi sia solo una questione diplomatica da portare avanti?”
“Quante questioni diplomatiche hai portato avanti in questi ultimi tre anni?
“… Ti passo la cote appena ho finito, zio…”

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