Un viaggio inaspettato – Parte Seconda

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“E se si scioglie, intendo prima del nostro arrivo?!” Aldo interruppe il silenzio che andava avanti da quando erano ripartiti quella mattina.
“Scusa… cosa?!” Ottavia provò a cadere dalle nuvole.
“Se, va beh, lasciamo stare… piuttosto, bevi qua: hai la faccia di una pericolosamente vicina a darmele.” Le allungò il suo corno da bevuta, compagno di un milione di sbronze, ricolmo di un liquido denso.
“Dai però… abbiamo già finito la roba leggera?!?”
“Stavolta abbiamo aspettato troppo, con questo facciamo prima…”
Aveva ragione, doveva bere al più presto: da qualche chilometro aveva cominciato a ronzarle la testa e aspettare ancora poteva essere rischioso. Però il liquore a stomaco vuoto era davvero difficile da strozzare. Nel boccale le sembrò di scrutare il volto di Ur, forse uno dei più giovani tra i suoi nuovi Ragazzi, quando la vide di buon mattino cedere, nuovamente, alla sua maledizione: a metà tra il disgustato e l’incredulo. La sconfitta dipinta nel volto di Vinicio e Ciri: Feris, così speranzosa per quella promessa rubata. Hilde, con quei grandi occhioni smarriti che la guardavano come a cercare un tipo di guida che non sarebbe mai stata per lei.
Si liberò di quei pensieri insieme alla bevuta, rapidamente: se c’era una cosa nella quale era davvero brava, oltre evidentemente a menare le mani, s’intende, era fare quello che c’era da fare senza troppi piagnistei.
E in breve, il ronzio tacque.
Galopparono senza fermarsi se non per lo stretto necessario: Ottavia dava spettacolo in tutte le taverne nelle quali incapparono usciti dalla Scacchiera. Aldo la teneva lontana dai guai finché poteva e quando non riusciva più, l’aiutava a scaricare la tensione senza fare troppi danni. Qualcuno li riconobbe lungo il cammino e a nessuno dei due dispiacque: Ottavia sperava che giungesse a Cristilde, di quando in quando, la notizia che era ancora viva. Aldo invece voleva solo battere Francisco nella gara di popolarità che da quando si conoscevano aveva alimentato la loro faida immaginaria.
Giunti alla meta fece quel che doveva, al riparo dagli occhi indiscreti di Aldo: era una follia che apparteneva a lei soltanto. Poteva farsi vedere in condizioni pietose, ebbra di alcol e disperazione, e non sentirne l’onta: non riusciva però a condividere i suoi goffi tentativi di coltivare vane speranze.
Il viaggio di ritorno le sembrò volare, tanto era incosciente la maggior parte del tempo: Aldo ci andava pesante e a lei, onestamente, non fregava un fico secco del paesaggio. Voleva tornare in tempo, prima che la sua assenza diventasse un caso, prima che Cristilde perdesse il senno. Maledetto pugnale: aveva provato talvolta ad afferrarlo dal lato della lama, per renderle meno faticoso lo stare con lei. Semplicemente era impossibile.
Velathri distava ormai solo pochi giorni di viaggio: una sera davanti a un falò improvvisato, Aldo sembrava particolarmente assorto.
“Una ferrata per i tuoi pensieri…” propose Ottavia, biascicando così male che Aldo ci mise un po’ a capirla.
“Ti ricordi quando trovammo la talpa, tra i Ragazzi, qualche anno fa?!”
Ottavia annuì senza fiatare ma il solo ricordo di quell’infame le fece contrarre la faccia dal disgusto.
“Dovrai pensare di avercela ancora davanti se… beh se venisse fuori che quel tipo era veramente un imperiale di alto profilo, prima di perdere opportunamente la memoria…”
La testa le divenne pesante di colpo e dovette sdraiarsi prima di parlare di nuovo.
“Tu cosa ne pensi? Se fosse stato veramente uno dei peggiori pezzi di merda tra gli imperiali e gli avessi dato tutto questo tempo solo per, boh, rammollirmi…? Se gli avessi permesso di mettere in pericolo la Masnada solo perché, in fondo, sono stanca di…”
“Penso che dovresti riposare: il resto può attendere a Velathri” Aldo tagliò corto: non era il genere di conversazioni che gli riuscivano meglio. “Ma una cosa te la voglio dire: non sei costretta a fare niente.”
“C’è un filo sottile che tiene insieme la me senza un passato e la me senza un futuro: se non muore, quel filo si strappa e io non sono più niente. E ancora non posso permettermelo.”
Ottavia si rigirò nel giaciglio, dando le spalle al suo vecchio amico “E se riuscisse a…”
“Cazzate. Quel damerino non capirebbe nemmeno da dove gli arrivano: hai il braccio ancora più pesante e abbatterti diventa ogni giorno più complicato…”
“E’ per questo che mi fai bere da sola ultimamente? Hai fatto male i tuoi conti?”
“Probabilmente ho sottovalutato il problema: una cazzata degna di Francisco…”
“Fanculo Francisco!” Dissero all’unisono e quella fu la loro buonanotte.

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