Athar – Pietra e sabbia

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I due ragazzi procedevano tra le dune desertiche, ciascuno nel proprio cavallo, parlando delle usanze più particolari che caratterizzavano il popolo a cui appartenevano.
Il sole stava per toccare l’orizzonte quando lui si schiarì la voce indicando un bracciale al polso della ragazza: era fatto di stoffa e vi erano ricamati tre fori.

“E quello? Fa parte di una delle tante tradizioni del Grande Deserto?”

Lei sorrise accarezzando istintivamente l’oggetto.

“Più o meno: me lo ha regalato mio padre quando ero ancora una ragazzina…”

Con queste parole, volse lo sguardo verso il suo interlocutore, poi fermò il cavallo e scese. Si tolse le scarpe e fece qualche passo prima di fermarsi sulla cima di una piccola duna da cui si poteva vedere il sole allungarsi col suo abbraccio rossastro tutt’intorno al deserto.

Il ragazzo, incuriosito, la seguì smontando e, senza pensarci troppo, si tolse a sua volta gli stivali.
Lei continuò a sorridergli; lo guardava stupita, quasi lo fissava mentre si chiedeva cosa lo spingesse ad esser così bendisposto nei confronti suoi e di tutti i figli del Deserto… Si accorse poi di aver passato troppo tempo ad osservarlo senza dire un parola; scrollò la testa, e si slacciò il bracciale, quindi si inginocchiò rivolta verso il sole:

“Mio padre mi raccontava che gli antichi guerrieri Ashmillà, alla fine di ogni giorno, pregavano Hor-Yama affinché potesse benedire il loro domani…”

Con queste parole, stese il bracciale verso l’orizzonte, in modo da osservare il sole attraverso il foro ricamato all’estremità sinistra. Quindi chinò il capo ed aggiunse:

“Mio Dio, ascolta la preghiera della tua devota.
Attraverso l’Oyg-Kenen, che ogni cosa scruta, permetti ai miei occhi di domani di distinguere il vero dal falso, così che El-Savunma possa dare un imparziale giudizio.”

Poi spostò il bracciale in modo che il sole combaciassero col foro più a destra.

“Attraverso l’Oyg-Koha, che ad ogni cosa dà la vita, permetti ai miei occhi di domani di distinguere il bene dal male, così che El-Amansiz possa elargire la morte agli animi corrotti.”

Infine pose il bracciale in modo da vedere il sole dal foro centrale.

“Ed attraverso l’Oyg-Mazel, che di ogni creatura conosce il fato, permetti ai miei occhi di domani di accettare la via in cui mi condurrai, fino a raggiungere la mia ultima mèta.”

Dopo aver pronunciato le ultime parole, la ragazza si voltò nuovamente a guarda il suo compagno di viaggio e con sorpresa vide che anche lui si era inginocchiato e stava rovistando sotto la propria armatura all’altezza del collo: dopo poco ne estrasse un ciondolo a forma di spada. Avvolse la catena attorno al proprio pugno stendendo il braccio davanti a sé, in modo da veder la punta della spada toccare l’orizzonte in corrispondenza del sole.

“A me invece lo ha regalato mia madre, raccontandomi che a quanto pare Sir Elleron in persona era solito posizionarlo in questo modo prima di recitare dei buoni auspici per il giorno che doveva nascere…”

Ci furono pochi attimi di silenzio, in cui il ragazzo chiuse gli occhi e fece un lungo sospiro prima di continuare:

“Nobilis Aster, mi inginocchio a te quale tuo devoto acciocché tu possa benedire il mio domani.
Con la tua luce guidami nella virtù, rendendomi capace di soccorrere chi ne ha bisogno.
Con la tua lama guidami nella giustizia, dandomi la capacità di ristabilire la verità in ogni diatriba.
Con la tua forza guidami nell’erranza, permettendomi di portare a termine il sacro dovere di combattere ogni forma di male e rinunciare alla tentazione di esso.
Nei tuoi dettami guidami fino alla fine dei miei giorni.”

Terminata la preghiera, si alzarono entrambi e sorridendo il ragazzo aggiunse:

“Ancora una volta, le nostre tradizioni non sono poi così differenti!”

La ragazza annuì lievemente ricambiando il sorriso ed ancora una volta si ritrovò a guardare negli occhi il suo interlocutore per un tempo troppo lungo.

In futuro ripenserà a questo momento, rendendosi conto che proprio in quell’occasione era nato il suo amore.

***

Quando ti fanno rivivere ciò che ormai è perduto, i sogni assomigliano ad incubi: Jaina aprì gli occhi con le lacrime che già affogavano le iridi azzurre. Era da sola, in uno giaciglio troppo grande per lei soltanto e la notte era stata più crudele che mai: il silenzio aveva dato voce a pensieri di un passato ormai irraggiungibile ed il buio aveva fatto luce su ricordi che bruciavano come ferite fresche.

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