I colori dell’acqua

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Anno 5 della Nuova Era
Xorba sognò molto quella notte, dopo l’epilogo all’ antica Posta:

La dama del lago la chiamava. Aveva la conchiglia in mano.

Come si avvicinò alla riva di quello che ormai nient’altro che una enorme pozza di fango marrone grigiastro e non il bellissimo lago screziato di rosso, nero e blu, la dama del lago uscì dalla conchiglia, bianca bellissima, col velo a coprirne il viso, imprescrutabile, come una volta.

“GLI UOMINI MI HANNO TRADITO UNA VOLTA, MA TU MI HAI TRADITO LA SECONDA” le fronde dei cipressi sembravano volersi staccare e venire giù a punirla per il loro affronto.

“IL LAGO NON SARÀ MAI PIÙ LIMPIDO”

traditrice

traditrice

La dama del lago sembrava trasmutarsi, come diventare anch’essa il fango stessa che le inzaccherava le vesti, le mani, le braccia, il volto… che divenne violaceo, come se trattenesse il respiro, tagli le si formarono ai lati del collo da cui sgorgava fango e Xorba non riusciva a fermarlo.

“TRADITRICE!” Urlò quello che ormai non era più la bianca signora ma Ushga, lo spirito dell’acqua con la sua voce squillante e cristallina della prima volta, non quella bassa e rotta dal pianto, dall’acredine della seconda.

“HAI CONSEGNATO LA MIA ESSENZA AGLI UOMINI DELLE CASE DI PIETRA”.

Le sue mani le si fecero intorno al collo e scuotevano, scuotevano…

“…Xorba svegliati dobbiamo andare questo posto non mi piace” ripeteva Jareth sotto voce mentre la scuoteva per le spalle per svegliarla.

“Oh, &£##&-+,” bestemmiò Xorba “che scuoti, non sono mica un Nocio™!”

Si misero in cammino. Stavolta avrebbe dovuto fare le pitture da guerra in viaggio.

Mesi prima:

“Aspetta, Gig, prima che andiamo voglio vedere una cosa”

“…di andare” corresse Gigante.

“Sì, va bene” a volte era così inutilmente…com’è che diceva lui? Pedissequo?

“Sì, ma fai in fretta, non siamo ancora nella scacchiera.” aggiunse nervosamente Jareth “Torno da quello che vende punte di freccia, non è possibile che non se ne trovino di avvelenate da questa parte del mondo” ormai stava parlando più a se stesso che agli altri.

“PIGMENTI! Pigmenti da tutta Whanel! Venite a vedere il miglior porpora di Falsim!” cantilenava un uomo con turbante, non il primo coipricapo del genere che aveva visto, ma sicuramente il più alto e sfacciato… voleva dire SFARZOSO che un sarto avesse mai confezionato era dietro un banco di medie dimensioni su cui erano poggiate come dune del deserto una decina di collinette di polveri.

Xorba si sarebbe aspettata che tutta quella polvere con quel vento che tirava oggi si sarebbe mescolata, diventando un’unica massa grigia (COME IL LAGO) e invece rimanevano divise, non cadevano.

E per terra intorno al banco, un cerchio di pig-menti (pig-menti, che parola strana, il tizio continuava a urlarlo, avrebbe chiesto dopo a Gig che cavolo significava) multicolore circondava il tavolo. Xorba ci passò il piede sopra e questo era ruvido al “tatto” e non si cancellava.

“Lei, lei, che è appena arrivata guardi che bel viola questo pigmento! Bello eh? Solo le migliori lacche e il miglior oltremare…” parlava a raffica. Xorba si chiese come facesse anche solo a respirasse.

“Mhh,mhh…” si disse infilando un dito nella montagnola di polvere color nero lì accanto..

“Ah! Quello è il miglior nerofumo che puoi trovare da queste parti…”continuava senza sosta…

“Il NERO, il colore della malattia. Gli sciamani usavano il fango nero per cospargere i malati. La corteccia del salice veniva bruciata e il carbone finissimo unito al fango curava le malattie.” 

“Gli esseri umani sono una malattia e la terra va mondata dalla loro presenza.” Pensò Xorba sentendo il mal di testa montare. Le succedeva sempre più spesso ormai, dopo che le era crollato quel maledetto muro addosso.

Nel frattempo il venditore era passato per quelli che alla mezz’elfa (⅛, come diceva lei, l’ultima Elfa vera era nonna) erano sembrati almeno un migliaio di colori diversi. Com’era possibile. Anche ora ne vedeva al più dieci.

“… E questo ROSSO. Ahhh, questo è speciale sai?

Il rosso, il colore della caccia. I cacciatori usavano il fango rosso per cospargersi il viso.”

“Perché usiamo il rosso, Zatlaθ se le foglie sono verdi, i cinghiali ci verranno!” chiese da giovane cospargendosene il capo.

“Vedi Xorba, vedi la grande volpe là, come è rossa? Eppure, riesce sempre a catturare l’agile lepre”.

“Ma i cacciatori non c’erano più (LE TESTE IMPALATE) e lei non aveva cacciato gli invasori, non era più degna”

“… E poi c’è questo BLU” quanti gialli le aveva mostrato, mentre era assorta? Un centinaio? Ma erano sempre 10 i colori sul tavolo. Li ricontò per essere sicura. Sì, 10. La testa cominciò a pulsare.”questo blu viene da lontano. È blu di Athar viene fatta con la sabbia del deserto. Sembra una cosa da poco la sabbia, ma portala in un crogiolo, ad alte temperature e avrai il blu di Athar, vibrante e il sole non lo brucia. Pensa che ci sono mummie i cui sarcofaghi millenari sono dipinti con questo e sembrano nuovi, come se il becca morto li avesse fabbricati ieri…”

“Il blu era il colore del lutto. Il fango di quel colore veniva usato per avvolgere i morti, un’ultima volta, prima di metterli a riposare lontano dal lago, ma con i piedi rivolti verso di esso, così che la dama del lago potesse riconoscerli dalla pianta del piede, tutte diverse”.

“Non basta il fango blu” piangeva la sua amica Kulka dopo il raid imperiale al villaggio”non basta il blu, e non trovo i piedi di Cratza, non li riconosco, la dama del lago come farà?”. Xorba, appena 14enne, prese in mano la testa che l’amica aveva in mano.

“Vado a cercarli io. Tu pensa a quelli interi (come se fosse meglio). E girato l’angolo associò il primo corpo che trovò (TRADITRICE) con quella testa che non, non poteva essere Cratza, Cratza era giovane, doveva ancora partorire.”

“Prendo il blu” disse Xorba.

“Con quali soldi?” Chiese Gig.

Se c’era una cosa che aveva notato che anche se era distante decine di metri come parlavi di soldi te lo ritrovavi alle spalle in un lampo. Proprio vero che i Dunariti… 

“Coi tuoi, mi avevi detto che mi avresti fatto un prestito”

“Ma non per dei colori, per giunta finti”

“Ehi, finti, parla quello con la barba posticcia” sbottò il mercante facendo una faccia offesa oltre ogni ragionevolezza.

“Facciamo presto, non mi piace questo posto” disse Jareth indicando quello che sembrava uno scalcagnato gruppo di mercenari.

“Va bene, prendiamo il blu” sospirò Gig come se gli stessero strappando un braccio e non poche monete.

“Sono solo cinque Elettre e guarda che vi tratto bene eh.” Rispose l’uomo tutto allegro tirando fuori bilancino e boccette.

“Elettre  nella via giusta” disse Jaretht.

Partì una lunghissima contrattazione tra il Dunarita e l’Athariano. “Come se non fossimo stati braccati, come se non avessimo gente alle calcagna…” avrebbe poi rimarcato in seguito Jareth.

Gig ormai ridotto un cencio tirò fuori i soldi. 2 Elettre. Prese chissà dove. Aveva venduto artifici, forse? O dei martelli?

Xorba prese il pacchetto come una bimba felice.

Al campo col fuoco acceso.

“Li abbiamo seminati da tempo, direi che possiamo accamparci qui”

Jareth notava cose che loro spesso non vedevano, ma non aveva mai mancato un colpo. Il suo sesto senso era infallibile. Sì chiese ancora se non avesse colpito di proposito la gamba di legno al posto di quella buona con la freccia la prima volta che si erano incontrati.

Xorba tirò fuori il pigmento e cominciò la pittura rituale, usando le asce di Jareth a mo’di specchio.

Poi mise le rune, in bianco.

ᛉ per la protezione di ciò a cui tieni.

ᚢ  per la forza di volontà.

ᛇ  per la forza e la stabilità.

ᛏ per la vittoria, l’onore.

Era davvero soddisfatta. Ci aveva messo quasi un ora ma ne era valsa la pena..

Il giorno dopo piovve. E il pigmento si sciolse irrimediabilmente. Blu di Athar il cazzo. Se va bene quello gli aveva venduto una lacca.

Meglio non farlo sapere a Gig.

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