I want to connect

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I WANT TO CONNECT, BUT I’M NOT AWARE

Ma p’tite, perché quella faccia? Rappelle-toi che a stare imbronciati vengono le rughe!
– Ma la cabala è noioooooosa! E poi a che mi serve? A nessuno interessa e anche se fosse non potrei nemmeno dire a nessuno che la sto studiando! È vietato!
Monna Celina sospirò scuotendo la testa gettando uno sguardo compassionevole alla sua giovane allieva.
– Uh uh, niente di peggio per te, vero?
– Non mi piace mentire!
– Ma tu non stai mentendo – obiettò l’anziana con dolcezza – stai semplicemente evitando di raccontare qualcosa… un segreto, capisci? Questo è il mio segreto, io l’ho condiviso con te e tu hai il dovere di custodirlo, n’est-ce pas?
La bambina si torse le mani, chinando la testa. – Non mi piace lo stesso…
Monna Celina sospirò profondamente. – Se tu e quell’altro disgraziato volete davvero andare a vedere la Madrepatria quando sarete grandi, devi imparare a stare al mondo, ma p’tite… e questo buco dimenticato da qualunque dio non è certo il mondo…
– Non è vero mamie! – protestò la piccola – Cora cura la gente perché gli dei la ascoltano! E anche Inigo! E la zietta Ekaterina!
– Sì sì, ho capito, va bene… t’as raison… adesso va’ a giocare, sei attesa… E TU PUOI ANCHE ENTRARE DIRETTAMENTE, INVECE DI STARTENE A ORIGLIARE DIETRO LA TENDA!
Un ragazzino allampanato e un po’ sgraziato, di poco più grande della sua allieva, trotterellò dentro con un’aria vagamente imbarazzata.
– Quanta maleducazione, Hernando! E cos’è tutta questa fretta? Sentiamo!
– È… è che il sole sta tramontando, Monna Celina, e…
Ouais, ho capito… – l’anziana donna si passò una mano sulla fronte – Eliot, qui abbiamo finito, prendi le tue cose e… che aspettate? Allez, allez les enfants! E non dimenticatevi di cenare, come al vostro solito!
Il ragazzino sfoderò un sorriso sdentato e prese per mano la piccola, che già era scivolata al suo fianco con un’espressione di inequivocabile adorazione; poi saltellarono via insieme, confabulando e ridendo, chiusi in mondo che non apparteneva a nessun altro se non a loro.
L’anziana sospirò, increspando le labbra in un sorriso malinconico.
Eh bien, possa il destino esser clemente con voi, mes p’tits

***
I WANT TO CONNECT, BUT WE’LL NEVER MEET AGAIN

– Sono tornati, papa? Sono tornati? Ma che hai? Che è successo?
Il capovillaggio Barnim non sapeva come dirlo. Quante volte aveva dovuto dare ai membri della comunità notizie del genere? I bambini, soprattutto i bambini… quanti ne aveva visti morire in mezzo secolo di esistenza? Ormai ci aveva fatto l’abitudine… Eppure, stavolta esitava.
– Non alzarti, sei ancora debole…
Papa, dimmelo! Dove sono? Dov’è?
– Sono…
– Sono cosa?
– Sono… morti. Tutti. Anche Didier, che è riuscito a tornare indietro… non ce l’ha fatta.

Seduta sul letto di fronte a lui, pietrificata, c’era una dei suoi figli adottivi, una ragazzina di dodici anni che avrebbe dovuto essere fra quei morti, se solo non si fosse ammalata il giorno della partenza della squadra di cacciatori. O che forse avrebbe potuto evitare la tragedia, chi lo sa? Sapeva leggere molto bene i segni sul terreno, magari si sarebbe accorta che si stavano inoltrando nel terreno di caccia di un verme delle sabbie. Non c’era verso di saperlo.
Il destino aveva voluto che fosse il suo miglior amico a partire, e non lei.

– Purtroppo siamo nei guai, non è rimasto molto degli altri e le provviste sono agli sgoccioli… dovremo usare tutto quello che possiamo… abbiamo tutto Didier, mezzo torso di Julien, un braccio di Kamila, una gamba di Hern… OH!
Barnim si morse le labbra fino a farle sanguinare. Ma perché diamine glielo aveva detto? L’abitudine? Il tentativo di riempire il silenzio opprimente in quella stanza? Che bisogno c’era?
Ma nulla. Non accadde nulla.
– Eliot. Ehi. Di’ qualcosa. Mi hai sentito?
Niente di niente. La ragazzina era immobile, lo sguardo vuoto. Barnim non era sicuro respirasse davvero.
– Eliot. Parlami.
Lei alzò lo sguardo con lentezza, ma sembrava non vedere, non capire, non percepire niente che appartenesse allo spazio circostante. Non una lacrima, un grido, un segno qualunque. Niente.
Barnim sentì un fruscio di vesti e odore di incenso alle sue spalle.
– Così è successo, eh? – Monna Celina osservò la sua allieva, scuotendo la testa con amarezza, poi mise una mano sulla spalla del capovillaggio.
– Vieni via, tanto non c’è nulla che tu possa fare.
– Ma… – L’anziana ignorò le sue proteste e girò i tacchi, trascinandolo fuori dalla stanza.
– Né io, né tu, né nessun altro può fare qualcosa… Forse solo il tempo potrà porvi rimedio.
Barnim annuì e si allontanò a distribuire altre cattive notizie, lasciando Monna Celina a indugiare sulla soglia della casa mobile.
– O forse… nemmeno il tempo potrà.

***
I WANT TO CONNECT, SO I HAVE TO GO

– MA CHE ACCIDENTI TI È PRESO? RISPONDI! – Barnim era fuori di sé dalla rabbia.
– Non è scritto da nessuna parte che uno non si possa offrire volontario per l’Esilio Pietoso! – dichiarò Eliot.
– MA TU! TU NON PUOI PARTIRE! HAI UN RUOLO IN QUESTA COMUNITÀ!
– Ruolo che sia Gaston che Delmar sono perfettamente in grado di svolgere anche meglio di me. Non sono indispensabile, papa, e lo sai perfettamente.
– TI PROIBISCO DI PARTIRE! NON INTENDO LASCIARE CHE TU MUOIA NEL DESERTO!
– Quindi ammetti che l’Esilio Pietoso non è altro che una condanna a morte che non ce la sentiamo di portare fino in fondo? È anche uno spreco se ci pensi, tutta quella carne lasciata a marc…
– SMETTILA ELIOT! SMETTILA SUBITO O TI SPEZZO IL COLLO!
– Sai che ho ragione! Con il tuo benestare o no, io parto con loro!
– MA IO TI…
Barnim alzò la mano, caricando un colpo che avrebbe potuto svitare la testa di uno sciacallo striato, ma la giovane donna rimase immobile di fronte a lui, dritta come un palo, a guardarlo dritto negli occhi. L’uomo lasciò ricadere le braccia, esausto.
– Ma perché, perché in nome di Volk’ar… perché vuoi andare via?
– Perché vogliam… voglio vedere la Madrepatria.
– Ancora con questa storia? – Barnim alzò gli occhi al cielo, esasperato, ma lei non mollava.
– Pensaci papa… per quanti anni non c’è stato bisogno di un Esilio? In tutta la mia vita ho visto mandar via in tutto due persone… e invece adesso ben SETTE tutte insieme! Uno da solo non ha speranze in queste terre, ma un gruppo ben armato e preparato… possiamo farcela! È un segno del destino! Io DEVO raggiungere Caponord e non ho intenzione di morire prima di averlo fatto! È la mia occasione!
– Se Monna Celina fosse ancora viva…
– Mi direbbe di andare! – insisté Eliot – Mi ha preparato a questo momento per tutto questo tempo! E poi sono più grande delle altre ragazze e ho più esperienza… se davvero vuoi dar loro una possibilità concreta di sopravvivere DEVI mandarmi con loro!
– …
– …
– E sia. – Barnim cedette, ancora in preda a un’ira sorda. – Lascia questo luogo. Insegui quel maledetto sogno e non farti uccidere, brutta idiota.
Lei sorrise. Per un attimo, Barnim ebbe l’impressione di riscoprire nel suo volto trionfante qualcosa che non vedeva più da tempo: una bambina arruffata che scorrazzava fra i tetti delle case mobili e rideva, felice come mai più sarebbe stata in vita sua.

***
I WANT TO CONNECT… I DO, RIGHT?

– MA È BELLISSIMOOOO! COS’È QUELLA COSA, COS’È?
– Cos’è quella cosa cosa?
– Il pesce, la cosa!
– Oh, questo? È un pesce corallo de Las Dias Perlas, quando si essicca diventa così…
– Uhhh ma è fantastico! Come sei fortunata, hai solo cose stupende!
Eliot si guardò addosso e vide solo arnesi raffazzonati, conchiglie strane e provviste poco invitanti… la tizia che le stava davanti invece era un tripudio di piume e vesti fruscianti e aveva gli occhi più spettacolari e luminosi che avesse mai visto.
– Beh, ma anche tu sei messa bene, no? Hai tanti monili adorabili proprio lì…
– UUUUHHHH LO PENSI DAVVERO?
– Ma sì, certo!
– Che bello che bello che bello! Ma perché non vieni a casa mia?
– Scusa?
– Sì sì, dai! Posso far vedere quel pesce a mio fratello! Sai, è stato bloccato a letto per tutta la vita, e poi a un certo punto ha ricominciato a camminare, ma ancora è così buffo e instabile! E poi Babushka ha fatto i biscotti!

Eliot era rimasta con un palmo di naso. Aveva passato quasi quattro anni intorno a Port Ferragane ad aiutare le altre ragazze a sistemarsi e a prepararsi per il momento in cui avrebbe finalmente messo piede a Caponord. Non aveva stretto nessun legame, né aveva parlato di sé o si era interessata alle vicende di qualcuno. Aveva osservato tutto dall’esterno, educata ma distaccata, coinvolta solo in modo superficiale dalle esperienze che aveva maturato, e pensava sinceramente che fosse la cosa migliore da fare. Anzi, non si era nemmeno posta il problema. Niente e nessuno, dopotutto, la interessava veramente da… da quando? Non rimpiangeva affatto le Lande Selvagge né sentiva la mancanza di chi le abitava (anche se di tanto in tanto si chiedeva se papa Barnim stesse bene). E stava benone così, con un bagaglio leggerissimo da portare in giro.
E ora questo. Appena approdata a Port Anchor, nell’agognata Khartas, una perfetta sconosciuta la avvicinava e le zampettava intorno affascinata dai suoi ninnoli di poco valore. E, cosa ancor più insensata, le sembrava la conseguenza più ovvia del mondo seguirla a casa sua e vedere cosa sarebbe successo. Che bislacca coincidenza. Che strano, il destino.
– Beh, se ti sembra il caso…
– Sììììì!!!! Allora è deciso! Vienivienivieni! Ma guarda che bei colori ha questo coso qui, comesichiama…
– Ehm, non per essere scortese, ma forse dovremmo presentarci…
– Oh, GIUSTO! – la fanciulla si diede una sonora manata sulla fronte e Eliot non poté fare a meno di ridere. La tizia iniziava a piacerle davvero.
– Io sono Eliot – disse inchinandosi leggermente.
– E io sono Vivi… voglio dire Viktoriya! Viktoriya Von Khratos.

***
I WANT TO CONNECT, BUT IT HURTS SO MUCH

– … Hari, scusami, non ci riesco.
– Non forzarti, non devi parlarmene per forza.
– Io vorrei, ma…
Il khartasiano scosse la testa con dolcezza e le toccò il braccio.
– Qualsiasi cosa sia, non deve essere facile tirarla fuori. Però io sono qui, te lo ricordi? Quando vuoi.
Fra le lacrime, Eliot rivolse un sorriso all’amico. Perché Hari era un amico, non c’era alcun dubbio. Era doloroso rendersene conto. Quanta sofferenza, quanta, se gli fosse successo qualcosa.
– Grazie, sai.
– Non dirlo nemmeno.
Eliot si allontanò di qualche passo, mentre Hari si ritirò con discrezione, lasciandola pensare per conto suo.
Iker. Isabeau.
Isabeau.
Per qualche motivo, il destino si era divertito a creare ostacoli su ostacoli per impedire ciò che avrebbe potuto essere. Se fosse davvero sbocciato qualcosa, se fossero finite insieme, oggi Isabeau sarebbe stata viva? Avrebbe scelto di continuare a vivere e a combattere? Oppure no, la sua scelta non sarebbe cambiata, e allora il dolore che adesso torceva il cuore di Eliot sarebbe stato ancora più grande?
Iker. Isabeau. Scelte. Destino.
Legami.
Troppi.
Disfarsene.
Subito.
Ma era troppo tardi per l’istinto di autoconservazione. Negli ultimi tre anni troppi lacci si erano avviluppati intorno alla sua anima e adesso stringevano, stringevano tanto da riaprire anche le ferite che aveva creduto rimarginate, ferite che non sapeva nemmeno esistessero. Stringevano tanto da soffocarla. Stringevano, stringevano anche quando avrebbero dovuto sciogliersi, dissolversi nel nulla, non più sostenute da alcun contatto, parola, presenza. Iker stringeva, Isabeau stringeva ancora più forte. Nessuno mollava la presa.
Ormai, solo l’idea che uno di questi legami potenti (pochi, ma formidabili) potesse essere reciso le toglieva il respiro. E ce n’era uno… uno che… uno che solo a immaginarlo…
– Hari.
– Dimmi.
– Hari.
– Sono qui.
– Hari… non controllo più i… insomma ho… paura.
– Tu? Paura?
– Tantissima.
– Ma hai pure un silka che…
– Da morire.
Hari le passò un braccio intorno alle spalle e non disse niente. Non c’era nulla da dire.

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