Lingua lunga

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Meike, nove anni, con i capelli biondi intrecciati dietro di sé e l’abitino rosso pulito appena messo, guardò corrucciata il fratello.

“Cosa vuol dire che hai la lingua lunga, scusa?” Tirò fuori la propria lingua e la misurò con le dita, poi invitando il fratello a fare lo stesso. Il quattordicenne roteò gli occhi al cielo, rassegnandosi a dar retta a quella folletta di sua sorella. Meike misurò diligentemente la lingua di Hugo con l’altra mano e accostò le due mani. “A volte nostro padre non lo capisco, è evidente che la tua lingua non è lunga, è più lunga anche la mia! Eppure ti manda sempre in punizione.” Meike mise il broncio, “e io gliel’ho pur detto che non è colpa tua se sono finita nel torrente, stavo cercando di acchiappare quella farfalla!” protestò la piccola. Non era molto contenta, dopo la caduta nel corso d’acqua, lei era stata costretta a rifare il bagno per la seconda volta quel giorno, e suo fratello (lui la correggeva sempre dicendo fratellastro, ma lei rispondeva che lui non era una stella nel cielo, quindi era solo fratello. Non mancava mai di sorriderle dopo questa affermazione decisa) era stato duramente redarguito dal padre. Al cui aveva risposto. E dal quale era stato punito, appunto, per la sua lingua lunga. Motivo per il quale la bimba vestita di rosso stava seduta sulle scale accanto all’angolo che Hugo stava fissando per portare a termine la punizione del padre: due ore nell’angolo a pensare alle sue colpe.

Kleine Sperling,” la chiamò affabilmente il fratello, “nostro padre si è arrabbiato perché mi era stato detto di non farti sporcare…” cercò di spiegare Hugo per l’ennesima volta.

“Ma io non mi sono sporcata… mi sono bagnata! Con l’acqua ci si fa il bagno, no?” mugugnò lei, per nulla contenta di averne fatti tre in una giornata, con questo conteggio. Hugo rise e la voce severa del padre risuonò dallo studio

Silenzio durante la punizione.” Meike si tappò la bocca con un sussulto, mentre Hugo scuoteva il capo.

“Da grande,” sussurrò lei, “prima di dire a qualcuno che ha la lingua lunga, mi assicurerò sempre che sia almeno più lunga della mia… la tua è più corta anche della mia e sono sicura che quella di nostro padre sia almeno il doppio.” Finì, con una piccola enfasi. Hugo scrollò di nuovo la testa, ma non disse nulla: il ragionamento, dal punto di vista della sorella, era ineccepibile.

“Guarda che puoi andare a giocare, mica sei in punizione, tu.” Le disse, dopo qualche minuto di silenzio in cui lei continuava a fissarlo, seduta sull’ultimo scalino con i gomiti appoggiati sulle ginocchia e il mento poggiato sulle mani.

“Non mi va di giocare se non ci sei tu… e poi sei in punizione per colpa mia, mi avevi detto di non correre dietro alla farfalla…” mormorò Meike con il broncio. Hugo si girò intorno e, controllato che la porta dello studio fosse ancora chiusa, si girò velocemente verso la sorellina e si accovacciò di fronte a lei.

“Ehi, non è niente, succede sai? Questa è anche abbastanza blanda. Ti ricordi quando sono scappato durante le ore del precettore e mi hanno fatto scrivere duecento volte “Non scapperò più dalla finestra del refettorio per andare a fare la lotta in paese”? Quella è una punizione antipatica, mi fa ancora male la mano solo a pensarci.” Scrollò la mano destra in modo enfatico. “Ora sto solo… mappando l’angolo.” Gli occhi azzurri della bimba fissarono poco convinti quelli altrettanto azzurri del fratello.

“Guarda che non mi convinci così, sai… sono grande, ormai, lo so cosa vuol dire essere messi in punizione.” Rispose. “Non volevo che tu fossi punito al posto mio.” Aggiunse. Hugo le sorrise e le spettinò la frangetta, guadagnandosi un’occhiataccia.

“Però è quello che succede quando sei responsabile per un’altra persona e ti scordi della tua responsabilità. Se l’altro sbaglia, è chi comanda che prende la colpa. Stava a me controllare che tu non ti facessi male e invece mi son distratto a rispondere all’altro ragazzo, e tu ti sei annoiata. E siccome poi ho cercato di giustificarmi, nostro padre mi ha punito. Alla fine, ha ragione lui, è solo un po’ noioso stare qui in piedi”. Cercò di consolarla.

“Cercherò di ricordarmelo la prossima volta.” Sussurrò la bimba. “Però, se non ti do noia, io rimarrò qui ad aspettarti.” Hugo sorrise.
“Non mi dai noia. Ma ti annoierai.” L’avvisò.

“Beh, tu ti stai annoiando, almeno io posso star seduta e guardarmi intorno. E se parliamo piano, nostro padre non ci sentirà…” terminò, in tono cospiratore. Il ragazzo sospirò rassegnato,

“Fa’ come preferisci. Basta che non ti metti di nuovo nei guai.” L’ammonì fintamente, facendole occhiolino e rimettendosi in piedi.

“Sarò brava e non mi sporcherò, va bene?” rispose lei, sorridendo infine.

“Va bene.” Udirono la porta dello studio aprirsi e Hugo tornò al suo angolo, mormorando “Shhht, altrimenti ci scoprirà.” Rivolgendole un altro occhiolino. La bimba cercò di imitarlo, in realtà chiudendo tutti e due gli occhi.

“Va bene… shhht.”.

Il silenzio accolse Johann Friedbert Pappenheim quando uscì dalla stanza e, girato l’angolo verso le scale, vide la scenetta. Hugo rivolto al muro e la sua piccola Rotkehlchen seduta sull’ultimo scalino che guardava il fratello sorridendo complice. Sospirò, da una parte lieto dell’unione dei due, che avevano due madri diverse, e dall’altra rassegnato al fatto che, con Meike, le punizioni finivano sempre per essere addolcite. Fece finta di non vedere, per stavolta, e salì le scale.

“Hugo, sarai libero di andare con ancora mezzo giro della clessidra grande. Meike, fa’ la brava e non disturbare tuo fratello durante la punizione.” Disse, cercando di mantenere un tono severo. Hugo annuì seccamente, mentre Meike, da terra, gli rivolgeva un timido,

“Va bene, padre.”. L’uomo le spettinò la frangia, un’abitudine che pareva comune e che la fece sbuffare. L’uomo sorrise e andò via, lasciando i due fratellastri a confabulare in fondo alle scale e facendo, di nuovo, finta di non sentirli. Considerato che avrebbero potuto odiarsi a morte, era più che lieto che andassero d’accordo, anche se a volte temeva un po’ il modo in cui Meike elevava il fratello ad eroe. Nel giro di due anni, però, Hugo sarebbe andato al fronte e allora forse era il caso di lasciar loro godere questi ultimi sprazzi di serenità assieme.

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