Racconti da Al-Zafir: Haqim Ibrahim ibn Nadir Saegrad

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 “Scacco Matto”

gli occhi mi si illuminarono ed un sorriso beffardo si dipinse sul mio volto mentre terminavo trionfante la mia ultima mossa, non sono mai stato bravo a celare l’autocompiacimento. Dall’altro lato dell’elegante tavolino in ebano ed avorio lo sguardo affilato di Jafar correva veloce fra le caselle in cerca di una via d’uscita da quella grave dichiarazione ed ogni istante che passava aveva il sapore di dolcissimo vino speziato sulle mie labbra ormai certe di gustare la vittoria… Jafar sicuramente non era un avversario da sottovalutare in uno scontro d’intelletto ma rifletteva troppo sulle sue mosse, nel gioco così come nella vita, la mia strategia rapida ed aggressiva l’aveva spiazzato esattamente come avevo previsto e la consapevolezza di  tutto questo alimentava come il più raffinato dei distillati il fuoco del mio piacere.

Dopo qualche istante Jafar intrecciò le sue lunghe dita difronte alla scacchiera ed inclinando leggermente il capo sollevò lo sguardo fino ad incrociar il mio: “Siete certo di aver vinto?” sibilò.

“Potete forse affermare il contrario?” risposi prontamente.

Il mio sinistro tutore allora allargò le mani e sollevò la scacchiera all’altezza dei nostri occhi fino a celare il suo volto dietro l’intreccio dei pezzi, quindi continuò: “Osservate con maggior attenzione mio ingenuo studente, quale è il colore?”

Stordito da quella domanda insensata inarcai scettico un sopracciglio ed il mio opponente riprese: “Non notate quanti pochi pezzi vi siano rimasti? Il mio esercito al contrario è praticamente intatto…”

Subito tentai d’interrompere la sua ampollosa arringa sul nascere.

“Praticamente intatto ma senza il suo Re, forse vi sfuggono le regole di questo gioco mio buon Jafar…”

“O forse a voi sfugge il fine giovane Haquim. E’ forse così che guidereste le truppe del vostro nobilissimo padre durante una battaglia? Lanciandole al macello in un attacco forsennato?  E chi sarà vittorioso al fine di questo massacro? Le candide ma ormai vuote torri di Al-Zafir o molti neri Scorpioni che pur senza testa ancora si affollano nelle sabbie? Io… vedo un solo colore.”

A quel punto capii il suo inganno, Jafar non stava controllando se lo scacco fosse o meno senza uscita, probabilmente lo aveva già realizzato da un paio di mosse… stava escogitando un modo per negare la sua sconfitta travestendola da elevata lezione di filosofia, e per tutti gli Astri, c’era maledettamente riuscito.

Mi guardai attorno sconfortato, avevo gustato abbastanza il mio momento di gloria e sapevo fin troppo bene che Jafar non mi avrebbe mai lasciato l’ultima parola in una diatriba verbale, confutare le sue argomentazioni sarebbe stato inutile, quello di cui avevo bisogno al momento era un piano di fuga. Soppesavo quale linea d’azione mi avrebbe concesso di sfuggire il più rapidamente possibile all’estenuante  calvario dialettico che s’apprestava quando dei provvidenziali passi leggeri si avvicinarono nel patio, un delicato aroma di floreale colpì i miei sensi mentre Jasmine avanzava da dietro una colonna portando con se un vassoio carico di frutta fresca: La mia via d’uscita.

Il mio corpo si mosse più rapido del pensiero mentre mi alzavo  afferrando con una mano il vassoio e cingendo il fianco della giovane con l’altra “Jasmine… mio preziosissimo Fiore del Deserto. Posate qui questo pesante vassoio, il meriggio non è forse troppo afoso per stare al chiuso? Lasciate che vi accompagni a far una passeggiata nel roseto.”

Lo sguardo di Jasmine s’intorbidì nel tentar di carpire il secondo fine di una così inusuale gentilezza, ma non fece in tempo a replicare che ormai i miei passi l’avevan condotta fin al limitare della stanza.

Mentre scostavo i leggeri drappi di seta che ci separavano dal giardino volsi un repentino sguardo alle mie spalle notando Jafar posare nuovamente la scacchiera sul tavolino ed alzarsi lentamente, quindi si voltò senza tentare di fermarmi, sapeva che lo avrei ignorato.

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