Sotto un cielo di mille candele

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Il tempo era corso via velocemente, troppo velocemente, e Ressamm già si sentiva lasciato indietro. Aveva la sensazione di essere stato bambino per troppo poco tempo, come se le responsabilità pesassero già sulle sue spalle ben più della sua corazza. Fino a quel momento si era redarguito da solo, si era accusato di parlare come un vecchio, eppure quella sera non riusciva a dare torto alla sua malinconia.

L’aria del deserto aveva riportato a mente l’odore della sabbia, e con esso il distinto ricordo di quel mare dorato che aveva fatto da sfondo alle calde giornate trascorse a giocare, senza alcuna preoccupazione o aspettativa. Tutto sommato, però, era stato bello anche crescere. Il vecchio Edward Tullisker aveva sempre mille progetti in testa, e grandissime aspettative per i suoi figli, ma era indubbiamente un buon uomo, e un buon padre. Certamente però era innegabile che quando le cime innevate e le fitte foreste si sostituirono alle dune e alle palme, nella vita di Ressamm sparirono quasi del tutto i giochi, e arrivarono le prime responsabilità.
Eppure quella sera il tempo sembrava essere tornato indietro, come se il deserto e le risate di quel bambino fossero stati sempre a un batter d’occhio di distanza. Inizialmente, quando venne annunciato che poco dopo la cena in onore delle podestà dell’Orifiamma sarebbe stato fatto un tradizionale saluto al nuovo anno, Ressamm sospirò annoiato: c’erano ben altre cose a cui pensare, faccende più urgenti e gravi che richiedevano la sua attenzione. Ma ben presto si rese conto che era solo la malinconia a parlare nella sua testa, quella voce così antipatica che spesso ultimamente gli cancellava il sorriso dal volto. Forse per gli altri si trattava di una semplice tradizione, ma non per lui.
Quando vide la Gran Kal’esir portare con sé quella grande pila di lanterne, tra un battito di cuore e un altro del cuore Ressamm si sentì di nuovo bambino. Forse solo sua sorella poteva capire cosa stava succedendo nella sua testa.

Era una cosa più unica che rara vedere quella strana famiglia al completo. Il padre di Ressamm e Safya era sempre in viaggio, e la madre era sempre troppo stanca per dedicarsi ai suoi figli quanto avrebbe voluto. Quella volta però era diverso. Forse sarebbe stata l’ultima sera insieme, e niente al mondo gli avrebbe impedito di sentirsi una famiglia. Zaheera aveva preparato una cena speciale. Il piatto preferito di suo figlio richiedeva un giorno intero di preparazione, ma era il minimo che sua madre avesse potuto fare per salutare il figlio. L’indomani sarebbe partito per Gardan, e chissà se mai sarebbe tornato. Eppure era la cosa giusta, lei ed Edward ne avevano parlato a lungo. Crescendo col padre avrebbe avuto più opportunità, e forse un giorno sarebbe perfino diventato un cavaliere. Dopo cena, Zaheera aprì un piccolo armadio, normalmente chiuso a chiave, dove teneva la frutta secca per evitare che la gola del figlio avesse la meglio sulla sua onestà. Ne tirò fuori un piccolo fagotto, e invitò suo marito e i figli a raggiungerla fuori.
Tutto il villaggio era riunito davanti a un grande focolare, e tenevano in mano delle strane lanterne di carta, come quelle che Zaheera aveva estratto dal fagotto.
“Ressamm, Safya, questa è una tradizione molto importante, quindi voglio che facciate attenzione. Si chiama Morah’shen jindah, ed è così che i Belgaf-Him salutano il nuovo anno. Queste sono lanterne magiche, vedete? Quando si accendono volano, proprio come i falchi!”
Schiarendosi la voce, Edward interruppe la moglie “Beh, tecnicamente non si tratta di magia, vedete, l’aria calda è più leggera e quindi la lanterna…” ma un’occhiata della moglie lo fece rapidamente desistere dal continuare la spiegazione, e lasciò proseguire la donna.
“Come vi stavo dicendo, è importante che esprimiate un desiderio. Se farete i bravi, la lanterna porterà il vostro desiderio fino agli Astri, e state certi che si avvererà!”
Ressamm guardava lo spettacolo se si stava svolgendo davanti ai suoi occhi. Tante nuove stelle stavano salendo nel cielo, un nuovo firmamento, fatto di desideri e speranze, si stava accendendo sopra al silenzioso deserto.
Prese la mano della sorella, e stringendola forte disse a sua madre “Faremo i bravi, mamma, te lo prometto!”

Proprio come allora i due fratelli, così diversi eppure così uguali, si trovavano sotto un cielo di mille candele. Ressamm non ci aveva più pensato per tanto tempo, eppure non riuscì a fare a meno di rammentare il desiderio che aveva espresso da bambino. Pur essendo felice di poter seguire il padre nei suoi viaggi, e conoscere quella strana terra piena di montagne, Ressamm era preoccupato. E per questo, il suo desiderio fu molto chiaro.
“Stelle del cielo, fate sì che ovunque io sia, possa sempre proteggere mia sorella!”
Forse non era un caso che quella sera la Gran Kal’esir avesse deciso di rievocare quella antica tradizione. Forse era il modo degli Astri di rispondere all’uomo che da bambino si rivolse a loro, come per dirgli “Noi abbiamo fatto la nostra parte. Ora tocca a voi.”
Rischiando di peccare di arroganza, però, anche questa volta Ressamm aveva chiaro in mente il suo desiderio. E stavolta più che allora pregò con tutto il suo cuore che si avverasse.
Prese la mano della sorella, e come quando erano bambini lasciò che lei tenesse alto il supporto, mentre lui accese la fiamma. Stavolta però sarebbe spettato a Safyia lanciare in alto la lanterna, perché stavolta il fuoco recava dentro di se un desiderio diverso, ma forse ancora più importante.
Forse era solo un’impressione, eppure Ressamm sarebbe stato pronto a giurare che la loro lanterna volava più veloce di tutte. Presto sarebbe arrivata lassù, fino alle stelle.

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