Witch Hunt

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Apparentemente la quiete era infine tornata nella vecchia abbazia; il cozzare dell’acciaio e le grida dei morenti, che fino a poco prima riecheggiavano nelle solenni stanze, avevano lasciato il posto a un più consono silenzio, sebbene carico di tensione.

La schiera della celeste inquisizione aveva sferrato il suo attacco nel cuore della notte e abbattute le porte si era trovata a lottare contro i cadaveri di quelli che un tempo erano servitori degli Astri, ora ridotti a semplici marionette nelle mani dei seguaci della piaga. Dopodiché erano stati vittime di numerosi agguati tesi da cultisti invasati nelle sale e nei corridoi. Alla fine, in quella cripta, tutto ciò che rimaneva delle forze dell’inquisitore Albrecht Schneider era non più di un pugno di spine e un manipolo di cadetti, scudieri aspiranti templari provenienti da nobili lignaggi di Thersa. Ma a Schneider questo non importava, avrebbe volentieri sacrificato molto di più per abbattere la sua preda. “E’ finita Mordechai, se rimasto solo, quest’oggi si compie la giustizia dei Cieli”

Le parole risuonarono nell’ampio ipogeo, e la figura nerovestita a cui erano rivolte si voltò lentamente a fronteggiare i suoi assalitori. L’ampia tunica e il cappuccio ne nascondevano le forme e solo il ghigno inquietante era rivelato dalla flebile luce delle torce. “Finalmente siete arrivato inquisitore, sapete all’inizio la vostra pervicacia nel darmi la caccia era divertente ma ultimamente siete diventato una vera seccatura, temo che sia giunta l’ora di mettere fine alla vostra vita”

Il viso dell’Inquisitore si contrasse in una smorfia di rabbia “Abbattetelo!” urlò e le spine si scagliarono all’assalto come un sol uomo. La figura ammantata non si scompose neanche dinanzi alla carica dei sette fanatici,  con rapidità innaturale schivò i colpi e dalle maniche della tunica emersero orribili grinfie artigliate che dilaniarono con facilità metallo e carni ad ogni colpo. In pochi battiti di ciglia tutte e sette le Spine si ritrovarono riverse a terra in un lago del loro stesso sangue.

“Cadi, essere immondo, dinanzi al potere del Nobilis Aster!” disse l’inquisitore e dal suo palmo proteso scaturì un dardo di fiamme azzurre che colse la creatura in pieno petto; In un lampo le fiamme si propagarono sulle sue vesti trasformandolo in una torcia vivente. Mentre la luce delle fiamme azzurrine  si espandeva illuminando a giorno la cripta, sul viso di Schneider si disegnò un sorriso soddisfatto. Ma il sorriso spocchioso fu presto sostituito da una smorfia di incredulità, quando fu palese che le fiamme benedette non sembravano sortire altro effetto sen quello di ardere le vesti.

“Muori, maledetto mostro, MUORI!” urlò l’inquisitore, con una nota di disperazione che cominciava a incrinarne la voce, e coprendo con poche falcate la distanza dal nemico gli affondò la spada nel petto fino all’elsa. L’essere innaturale di risposta emise un’agghiacciante risata e afferrò saldamente Schneider per le spalle. In quello stesso momento le fiamme azzurre che lo avvolgevano mutarono repentinamente il colore divenendo nere come l’abisso e si propagarono sulle vesti dell’inquisitore; questi cercò di sottrarsi, ma il suo avversario sembrava dotato di una forza sovrannaturale e la sua presa lo bloccava come una morsa.

Le urla dell’inquisitore che veniva arso vivo, amplificate dalle volte della cripta, martellarono le orecchie dei cadetti; questi ragazzi e ragazze in scintillanti armature sembravano ridotti a statue di sale, completamente incapaci di muovere un muscolo, rimanevano lì fermi a contemplare la scena che si consumava dinanzi ai loro occhi. I più giovani tremavano vistosamente ma anche i più grandi, che avevano già affrontato diverse battaglie contro le orde dalla tirannia, mostravano rivoli di sudore freddo che attraversavano le loro fronti.

Scaraventando da una parte il corpo carbonizzato di Albrecht Schneider, la creatura sollevò lo sguardo a incrociare quello dei cadetti. Le sue vesti nere erano completamente consumante e nulla più ne nascondeva la vera forma che sembrava emersa dai peggiori incubi di quei ragazzi.

“Inutili bambocci, vi stringete gli uni agli altri tremanti come pulcini, non siete nemmeno degni della mia considerazione. Scappate, SCAPPATE come i codardi che siete”

E essi scapparono. Alle parole di quella creatura demoniaca i loro cuori furono colmati di un terrore cieco che diede l’ultima spallata alle loro volontà e abbandonando le armi si diedero a una fuga scomposta. Soltanto uno di loro rimase al suo posto, con la spada stretta in pugno fissava la progenie degli incubi con sguardo di ghiaccio.

La creatura lo guardò di rimando mentre si sfilava con noncuranza la spada dal costato  “Curioso”, disse, “Tu sei rimasto… perché sei così ansioso di condividere la sorte di questo sciocco?” alludendo ai resti carbonizzati dell’inquisitore “Cosa ti trattiene? Il coraggio? La sete di gloria? Speri forse di sconfiggermi e ottenere l’investitura?”

Sir Bastian Pappenheim rimase in silenzio, il suo viso non tradiva nessuna emozione. Fu la creatura a continuare “No niente di tutto questo, lo vedo nei tuoi occhi, a te non importa niente, vita o morte sono uguali, anzi la morte sarebbe forse una liberazione. Calato in una vita che altri hanno scelto per te prima ancora che nascessi ti trascini su questo mondo come uno spettro, un guscio vuoto, mentre gli eventi ti scorrono attorno. Sei poco più che uno strumento, un’arma nelle mani di altri; dentro di te ti aggrappi con tutte le tue forze a una devozione fanatica verso una divinità distante e all’aderenza a un codice obsoleto, le uniche cose che ti salvano dalla follia, dal terrore di scoprire un giorno di condurre una vita inutile e priva di scopo…”

“Basta così demonio, le tue menzogne non…” ma la voce carica di astio del cadetto fu interrotta bruscamente dalla creatura “Risparmiami le frasi fatte ragazzo, forse puoi mentire a te stesso, ma non puoi ingannare ME”

Bastian non rispose alla frase tagliente ma composto porto la guardia della spada dinanzi al volto in gesto di saluto e partì alla carica, “Fiat lux intra tenebra!” risuonò la sua sfida tra le pareti di granito. Ma l’essere intercettò il fendente senza sforzo, l’orrenda grinfia si chiuse sulla lama della spada deformando l’acciaio come fosse morbida argilla. “Quando affronto gente della tua risma, mi diverte sempre il fatto che non comprendano mai quando sono sconfitti. Ma tu sei diverso, tu non ti aspetti realmente di vincere questo confronto… sappi che non sarà così facile, non avrai questa soddisfazione, non da me. Tu vivrai ragazzo, vivrai, e la tua vita sarà per te un tormento molto maggiore di quello che potrebbero infliggerti le stesse fiamme della piaga”. L’essere scoppio in una fragorosa risata e il suo corpo semplicemente scomparve, come se non fosse mai resistito. Al suo commiato anche le torce si spensero e Bastian rimase solo, immerso nelle tenebre di quell’antica cripta, con le risate del demone che ancora gli riecheggiavano nelle orecchie.

 

 

 

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