I giorni del Salice

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Il tempo non era dei migliori: il cielo era denso di plumbee nubi mentre la pioggia e il freddo vento infrangevano sulle finestre del palazzo. L’incessante ululato del vento ricordava alle orecchie di chi ascoltava che l’inverno era alle porte.

Nonostante si concentrasse sulla lettura del tomo che aveva in mano, non riusciva a fare a meno di farsi distrarre da quel forte vento.

Posò il tomo sul tavolino accanto alla poltrona chiuse gli occhi per ritrovare la perduta concentrazione.

Attese, ma la sua mente rifiutava di ricordarsi dove era e quel tremendo scoppiettio di fuoco non faceva altro che fargli tornare alla mente la tragedia del matrimonio di suo fratello…

 

“Ebeeeeeeeeert!” Un’urlo squarcio il primo momento di panico che aveva catturato tutti.

Lui e un’altro uomo di 20 anni più vecchio erano stati accerchiati da un piccolo manipolo di guerrieri che li avevano portati al riparo dietro un muro.

Il ragazzo assistette alla morte di suo fratello trafitto da 4 frecce: aveva usato il suo corpo per proteggere la donna che stava protando all’altare.

Scattò, voleva raggiungere a tutti i costi quel corpo caduto, ma una mano lo bloccò.

Valenor preso per il mantello blu di prussia e oro si arresto sentendosi strattonato per il bavero:

“Lasciatemi padre! Dobbiamo soccorrerlo! Lasciatem…”

Un sonoro e improvviso ceffone impattò sulla gota del ragazzo.

“Tuo fratello e’ morto Valenor! Pensa a difendere coloro che sono ancora vivi!” e voltandosi verso gli uomini disse: “Uomini andate alle mura e aiutate la guardia cittadina, Valenor organizza la ritirata del corteo verso il fortino nella città, proteggi questa gente, vai ragazzo!”

Una smorfia di dolore gli prese la mente il che gli permise di riprendersi dallo shock: si rese conto della realtà e cominciò a radunare gli Schwartzrose e i Von Gold’hor rimasti spaesati nel tumulto della folla che cercava rifugio, mentre vedeva la sagoma della piazza sparire dalla sua vista.

 

“Valenor sei pronto?”

La mano di una donna si era lievemente poggiata alla sua spalla e lo aveva scosso leggermente.

Il ragazzo si destò da quel ricordo che gli aveva pervaso la mente e scosto la mano che aveva posto ad arco sopra le sopracciglia, probabilmente aveva dormito stanco per il lungo viaggio per venire li dal monastero.

“Certo che sono pronto, vogliamo andare?”

“Stavi ancora ricordando quel giorno?” chiese la donna chinandosi sul ragazzo.

“Cosa ve lo fa pensare Urania?” Chiese con fare interrogativo.

“Stai piangendo”

“Ma cosa dici?” si alzò in piedi con uno scatto incredulo alle parole della donna, ma portandosi la mano sul volto si accorse che effettivamente aveva pianto.

“A quanto pare quel ricordo ti tormenta ancora, ma devi darti pace, tuo fratello non c’è più e devi trovare la forza di andare avanti. Ma non dimenticarlo! E’ in giornate come questa che il ricordo deve farsi ancora più vivo e il ricordo di coloro che ci hanno lasciato alimenta la fiamma che arde nei vivi”

Valenor si avvicinò alla finestra mentre il rumore della pioggia picchiettava ancora sulla finestra. Quella pioggia lo riempiva di una sconfinata tristezza visto che gli ricordava il piovoso funerale di Ebert.

“Urania, io…” sospirò rumorosamente “Hai ragione, so che mio fratello e’ morto, so che non l’ha fatto invano, ma tutte le volte che mi addormento vedo quelle frecce nere che gli piombano addosso e…”

La donna dai capelli corvini vestita in un decorato abito dello stesso colore si avvicinò al giovane perso in quella sconfinata tristezza e lo fece voltare come per distaccarlo da quella finestra che lo portava lontano dalla realtà.

“Non potevate farci niente Valenor, non e’ certo per colpa vostra che e’ morto Ebert… Vi prego non ricordate anche a me l’avvenuto e’ una ferita ancora aperta anche per me.”

“Perdonami” disse infine come ripresosi da una specie di trans mentre si asciugava le lacrime.

“In fin dei conti anche voi dovreste perdonarvi per quanto e’ successo quel giorno. L’attacco degli Hob ha sorpreso tutti noi e non do certo colpa a voi o agli Schwartzrose per quello che e’ successo. Nessuno avrebbe potuto prevedere un attacco del genere e sopratutto in un giorno dove i pensieri erano totalmente altrove e non rivolti all’incessante guerra.”

Un pesante silenzio calò nella stanza e dopo qualche secondo di attessa il ragazzo riprese la parola.

“Uff, basta farci trascinare da questi lugubri ricordi” Si ricompose un attimo l’elegante vestisto.

“Avviamoci, siamo in ritardo immagino e se restiamo ancora qua mio padre mi striglierà di nuovo…”

Valenor muoveva celere i propria passi all’interno della reggia dei Von Gold’hor, ma piu’ celere era la sua mente. Essa infatti non si dava pace e rimembrando quel tragico giorno gli riportò alla mente il litigio con suo padre nel quale il giovane prese le parti di Urania e degli Schwarzrose…

Erano passati solo pochi giorni dal fausto matrimonio e suo padre non voleva accettare cio’ che il fato aveva riposto per Ebert.

[…]

 <<Come osi discutere quello che dico figlio! Non pensare che sia buono con te solo perchè Ebert non c’e’ più. Credi forse che mi sia rimbambito durante la tua assenza? Credi forse che sia uno sciocco o uno sprovveduto?!?>>

<<Padre vi prego, non intendevo dire questo, ma affermo solo che non potete accusare gli Schwarzrose di una tale crimine. E’ troppo accusargli di negligenza dopo quello che e’ successo, e sopratutto di quale negligenza parlate!>>

Prese una missiva dalla busta da poco strappata, estrasse un foglio di carta giallastra e lesse con voce stentorea

<<Ecco… Secondo quanto riportano le orme e le tracce lasciate durante l’attacco si può affermare che  dei goblin hanno aggirato le pianure esposte facendo un largo giro e  passando per la foresta adiacente a Neu Hugelturm usandola infine come copertura. Da li hanno scoccato le frecce al fine di attirare all’esterno le guardie cittadine, mentre un manipolo di hob attaccava dall parte opposta della città…>>

Valenor stacco gli occhi dalla lettera e con sguardo assertivò cercò gli occhi del padre che con una smorfia di disapprovazione si voltò per andarsi a sedere davanti allo scoppiettante caminetto.

<<E con questo cosa vorresti provarmi, non certo l’innocenza delle rose nere! Anzi mi hai appena dimostrato che non sanno nemmeno sorvegliare i loro confini!>>

Chinando la testa il giovane sospirò rumorosamente, cercando la calma di chi deve spiegare un concetto difficile a uno studente in difficoltà che non vuole imparare. Con passo lento si avvicinò al caminetto e si fermò dietro la spalla destra del grassoccio e baffuto padre.

<<Sto cercando di farvi capire che a mio avviso questo attacco è stato pianificato a dovere. Infatti mi sto preoccupando più di avere un nemico all’interno che uno all’esterno! Vi prego, ascoltatemi. Questo sospetto mi si è palesato dopo aver parlato con le guardi della città di Neu Hugelturm. La stessa Urania…>>

Non l’avesse mai detto… Ecco come un’argomentata e susseguita da valide ipotese viene completamente rifiutata solo per la pronunzia di una parola. La parola più odiata in quei giorni…

<<Quella cagna? E’ bene che torni insieme alla sua gente a marcire con  quello che e’ rimasto della sua casata. Non mi fido della loro parola, non mi fido nemmeno delle loro corone, figurarsi se posso credere alle sciocche parole dette da un pomposa donna con la testa tra le nuvole perchè convolava a nozze mentre la usa inettitudine ha trafitto la carne del mio primo..geni..to…>>

Disse quell’ultima parola singhiozzando mentre si portava la mano al viso per nascondere le lacrime che gli colavano copiose sulle guance. Era pur sempre un duro colpo per lui aver perso il suo primogenito preferito, quello in cui aveva riposto tutte le sue speranze di reggere le redini e gli ori dei Von Gold’hor.

<<Padre vi prego, capisco il vostro dolore, ma..>>

Disse queste parole portando la mano sulla spalla del padre, come segno di conforto, ma all’avvenuto contatto egli se ne distaccò dando un violento colpo alla mano col suo bastone dalla testa dorata.

Dolorante il giovane mago ritirò la mano, mentre il padre con faccia rossa e gonfia di lacrime.

<<Tu capisci il mio dolore e intanto ti schieri con il NEMICO? E’ cosi che vuoi ricordare la memoria di tuo fratello, quanto sei rimasto lontano da casa per dimenticarti della tua discendenza, eh Valenor?>>

Sembrava che il padre era all’oscuro della copiosa corrispondenza tra lui e suo fratello. Non sapeva che si scrivevano almeno una volta al mese…

<<Non vi permetto di parlarmi così! Pensate forse che non sia anch’io dolorante per la morte di MIO FRATELLO! Credete forse che scaricare tutta la colpa sulla famiglia di Urania sia la soluzione per tutto il nostro dolore? Credete forse che accusare pubblicamente e rovinare gli Schwarzrose ci riporterà indietro Ebert?>>

E due.

Stavano urlando.

<<Non venirmi a dire quello che devo fare con il mio titolo o con il mio onore Valenor! Io Otto Smith Von Gold’hor  non perdenerò mai gli Schwarzrose per quello che e’ successo e per la loro negligenza che ha impedito questo FONDAMENTALE MATRIMONIO!>>

<<Certo! Non li perdoneremo solo perchè il vostro AFFARE non e’ andato in porto, oscurando così il vero fatto accaduto: Ebert e’ morto per salvare Urania!>>

E tre.

Era troppo. Una ceca furia prese il sopravvento sulla mano su cui si portava il bastone. Otto mosso da rabbia colpì il figlio col pomello d’oro del bastone infrangendo la dorata testa sulla tempia dello “spudorato” figlio. Valenor non si aspettava una tale reazione e colto completamente alla sprovvista incasso in pieno in colpo, ruoto sulla sinistra, perse l’equilibrio e cadde a terra svenuto.

 

Valenor riaprì gli occhi avvertendo un lancinante cerchio alla testa. Si trovava sul suo letto. Con la mente ancora annebbiata si voltò sulla destra e vide su una sedia una bacinella d’acqua tinta di un rosso chiaro con un lindo panno di cotone macchiato di evidenti tracce di sangue. Notò anche delle bende sul comodino e dei ferri mentre una donna era intenta a fare un’pò d’ordine.

<<Non vi preoccupate Signore, niente di grave solo un piccolo taglio e una gran contusione, ma la ferita non dovrebbe dare complicazioni, gli raccomando assoluto riposo per un paio di giorni per riprendersi. Avvertitemi subito se avesse problemi con la vista o l’equilibrio. Bene, arrivederci>>

<<Grazie, Adolf.  Prima di andarvene fermatevi da Jovanne, penserà lui al vostro compenso>>

Era la voce di suo padre

<<I Miei ossequi signore>>

Una porta si aprì mentre dei passi si allontanavano nel corridoio. Furono subito seguiti da quelli lesti e leggeri che dovevano appartenere a quella donna. Poco dopo la porta si chiuse e dei passi più pesanti si avvicinarono a lui.

<<Vi chiedo perdono padre, vi ho mancato di rispetto ancora una volta. Perdonatemi.>>

<<Valenor, tu sei mio figlio, e se ti ho perdonato dopo esserti iscritto nell’esercito senza il mio consenso, posso perdonare anche a questo fatto. Ho comunque agito secondo ira e di ciò me ne pento. Non volevo colpirti così forte, ma spero che quella cicatrice ci ricordi di rispettare tuo padre la prossima volta…>>

 <<Non voglio perdere un altro dei miei figli…>> 

Un pesante silenzio calò nella stanza.

<<Padre vi prego, non accusate a testa bassa gli Schwarzrose di quanto e’ successo. Capisco il vostro dolore. Lo sto provando anch’io… Ma non posso lasciare la memoria di Ebert in balia di una falsa accusa quando il vero traditore potrebbe farla franca! Vi prego padre! Considerate questa eventualità, se non volete farlo per me almeno fatelo per Ebert…>>

La risposta si fece attendere poichè Otto stava rimuginando da ore sulle parole del figlio.

<< il mio risentimento e’ forte, ma forse hai ragione. Sei sempre stato bravo a vedere quello che per gli altri era celato dietro la nebbia. Verificherò ciò che mi hai detto e poi prenderò la mia decisione, ma sappì che non ci saranno favoritismi a riguardo. Ora riposa figlio…>>

[…]

“Ma dove eravata?! Stavamo aspettando solo voi due! Andiamo siamo in ritardo. Ci stanno attendendo fuori per avviare la processione ai tumuli. Valenor, forza, muoviti ragazzo! ”

Il padre di Valenor lo strigliò, come aveva ben previsto, per il suo ritardo. Otto volse il suo sguardo ad Urania

“Buonasera, lady Urania. La vostra sorella Hilda vi attende. Sono stato informato che sarà lei a celebrare la cerimonia stasera. Sono certo che ne sarà all’altezza. Andiamo ragazzo esci dal tuo mondo e accompagna la signorina Urania. Fateci strada.”

Dopo un lieve inchino da parte di Urania, Ella raccolse il braccio portole da Valenor e insieme si avviarono all’esterno.La processione si muoveva lentamente verso i tumuli situati al di fuori della città.

La pioggia aveva infine cessato e aveva lasciato spazio al cordoglio che muoveva lentamente.

Si forse la pioggia aveva cessato, eppure quella sera qualche goccia salata e amara pioveva ancora.

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