Bardi, amore e sciroccate pt.2

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Il locale era gremito a quell’ora. Gran parte dei membri delle masnade ancora non era rientrata agli accampamenti e riempiva i tavoli, bevendo e mangiando. L’oste dietro il banco spillava birra senza sosta, e dalla cucina arrivava il pungente odore della selvaggina cotta. C’era chiasso nell’aria, e una atmosfera di allegria che nei giorni precedenti si era faticato a trovare.

Tristan fece una rapida ispezione del posto, e infine trovo Vidar un po’ in disparte che cenava al tavolo. Era sola, lo sguardo accigliato rivolto al muro.

«Una bella donna non dovrebbe mai cenare senza compagnia» disse. Si avvicinò e scostò la panca di fronte, sedendosi. Ora la sua occhiataccia era rivolta a lui, gli occhi ridotti a due fessure tra le palpebre socchiuse avevano aggiunto una sfumatura di fastidio per la compagnia non richiesta. «Si lo so che non sono il genere di persona con cui preferisci intrattenerti.- la incalzò Tristan -Sono sorpreso però. Allora anche tu hai delle serate di magra. – sorrise, malizioso -Che dici, vuoi approfittare della mia disponibilità? Possiamo scaldare il letto assieme»

Lei scosse la testa simulando un brivido di disgusto, e poggiando le mani sul tavolo fece per alzarsi e andarsene. «Ehi d’accordo, scherzavo.» Tristan allungo una mano facendole cenno di sedersi, slacciò dalla cinta una fiasca colma e la poggiò sul tavolo invitando il boccale di lei. «Non prendere tutto così seriamente dai. Certo non sarò la tua compagnia ideale a letto, ma per scaldarsi le budella vado bene no?»

Finalmente aveva trovato qualcosa che la convinceva. La donna torno a sedere, prese il boccale e glielo allungò, facendololo colmare. I due buttarono giù il primo sorso e Tristan iniziò a chiaccherare del più e del meno. La conversazione era stentata e un po’ imbarazzante, ma quattro bicchieri dopo Vidar era già addormentata, la faccia riversa di lato sul tavolo, russava sonoramente ancora abbracciata al boccale.

«Cielo dove sono?» fece Cecily alzando di scatto la testa e trovando davanti a se Tristan che ostentava un sorriso soddisfatto.«Buonasera cara ragazza, finalmente posso parlarti. Gradisci un goccio di vino? – fece dondolare la bottiglia ormai quasi vuota tenendola dal collo -L’altra non ha fatto a tempo a finirlo.» La giovane ritrasse le mani dal boccale in un gesto garbato «Non è decoroso per una fanciulla della mia età bere liquore, potendo scegliere preferirei dell’acqua o un infuso di gelso.»

«Un infuso di gelso per la nostra adorabile fanciulla!!» fece lui urlando teatralmente in direzione dell’oste. Il locandiere era un uomo barbuto sulla quarantina, sguardo stanco e spalle larghe. Il grembiule macchiato di sangue stantio faceva presumere si occupasse anche di macellare la carne e cucinare per il posto. Lanció uno sguardo storto a Tristan, poi alzo le spalle e sbuffó vistosamente, prima di recarsi nella cucina sul retro del bancone. Ne emerse con in mano una caraffa fumante, dirigendosi verso i commensali mentre borbottava a bassa voce. «Questa è una taverna, non serviamo certa roba qui.» e poggiò sgraziatamente il tutto sul tavolo, prima di tornarsene alla sua postazione. Nella caraffa c’era acqua calda, e nient’altro. Ma tant’è che Cecily sembrava contenta lo stesso.

«Volevo dirti mia cara – prese a parlare lui – che mi sono personalmente incaricato di consegnare la lettera che hai scritto al tuo amato.» Gli occhi di lei si accesero come fari. La voce divenne uno squittio eccitato mentre prendeva a dimenarsi con impazienza sulla panca. «Gliel’avete data? Oh che gioia! E ditemi lui l’ha letta? Gli brillavano gli occhi? E che ha detto dopo? Oh, sono certa che è restato composto e dignitoso mentre celava i suoi sentimenti dentro di sé come un vero cavaliere» disse tutto d’un fiato. Le mani battevano in un gesto convulso ed entusiasta

«Oh, vi garantisco che ha faticato a mantenere la sua compostezza, pensando alle vostre parole – le fece di rimando – Però mi chiedevo, per arrivare al cuore di un cavaliere di simile levatura basterà una sola lettera? I vostri sentimenti sono certamente puri, e per questo hanno bisogno di ali più grandi su cui volare.»

Tristan fece una pausa, lasciando che la sua interlocutrice si facesse un idea di quel che voleva intendere. «Capite mia cara? Parlo di Prosa, poesia, musica! – prese le mani di lei tra le sue con garbo e aggiunse con enfasi -Tutte le arti devono essere messe a servizio della vostra necessità, cosicché il vostro adorato possa comprendere il valore dell’amore che provate!»

«Quanto avete ragione Tristan!- gli fece lei, entusiasta. – Dite che apprezzerebbe?» L’espressione di cecily si adombrò appena, mentre continuava «Però la mia abilita in cose simili non è eccelsa, e non ho più una servitù che possa essermi d’aiuto.»

«A questo proposito… – la interruppe lui – siete fortunata. Si da il caso che il sottoscritto sia un discreto artista , ed avendo preso a cuore la vostra causa, metterò a disposizione le mie capacità. Dietro un misero compenso, si intende.»

«Sarebbe perfetto!» Cecily prese a frugare nel vestito cercando la scarsella con gli averi di Vidar, ma dopo qualche tentativo infruttuoso abbandonò la ricerca e prosegui dicendo «Non so quanto l’altra sia riuscita a guadagnare con il suo lavoro per Leone, ma non riesco a immaginare denaro speso meglio!»

«Ottimo allora! Se siete d’accordo mi metterei subito al lavoro.» Nel dirlo, estrasse da sotto la panca un vecchio liuto. Ne pizzicò una corda con le dita, ascoltando con attenzione il suono prodotto. Poi con l’altra mano prese a girare una chiave posta sull’estremità dello strumento, cambiandone il tono. Quando ne fu soddisfatto, ripeté il procedimento anche sulle altre corde, finché suonandole tutte insieme, ne emerse un accordo armonioso e cristallino. «Vedrete mia cara, quali sorprese riserveremo al vostro adorato! Ah, ma prima che me ne dimentichi! Avete per caso un bustino e una parrucca da prestarmi?»

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