Incontri #2

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“Porca p***a Zoya, che ca**o…!” Per poco la sigaretta che aveva appena acceso non gli cadeva di mano. Doveva essere davvero sovrappensiero per non essersi minimamente accorto dell’arrivo della donna: Zoya, dal canto suo, se ne stava con le braccia conserte dietro la schiena a pochi palmi dalla cella.

“Non dovresti affaticarti così, quella buffa testolina non è abituata a sforzi di questo tipo.” Abbozzò un sorriso di circostanza.

“E tu non dovresti essere qui: che ca**o pensi si direbbe in giro se scoprissero qui il giudice chiamato a decidere le mie sorti?!” Aleksej si era già ripreso dallo spavento: aveva affrontato situazioni ben peggiori, ma non la sorpresa.

“Non preoccuparti per la tua causa né tantomeno per la mia reputazione: se sono riuscita a sorprendere te ho ottime chances anche con lo stuolo di armigeri che il buon Pavel ha schierato qui fuori. Ha molto timore che tu possa evadere, eppure ancora non ne ha abbastanza: potresti piegare le sbarre di questa cella con la stessa facilità con la quale riusciresti ad avere la meglio su ogni essere vivente nel raggio di chilometri…”

“Non mi starai suggerendo di evadere, signor Magistrato, vero?!?”

“Perché no… sarei disposta a darti anche un po’ di vantaggio. Dopotutto sono tempi incerti, presto le tue vicende potrebbero perfino passare in secondo piano…”

“Nah… col c**o, ma che vita sarebbe poi?! Ho già provato, la macchia non fa per me, ho delle esigenze: pensa che alcuni giorni fa mi sono ritrovato a contemplare un invitante profumino di pesche e fiori che proveniva dalla finestra. Possibile che si sentano fin qua le taverne della città bassa? Perché non credo venisse dalle cucine della prigione…” Aleksej sembrò estraniarsi qualche attimo al ricordo di quei profumi estivi che un giorno, inspiegabilmente, avevano spezzato la monotonia delle sue giornate.

Zoya allungò un braccio oltre le sbarre, aspettando che Aleksej le porgesse la mano: vi lasciò cadere un piccolo ciondolo a foggia di stalattite. “Non credo che Shiva ti ascolterà senza.”

“È bellissimo… grazie! Ca**o, mi hanno tolto ogni cosa, spille, gagliardetti, per poco non mi requisivano anche le mutande: come se potessi fare una strage con le mie braghe…” Sorrise sornione, rigirandosi il pendente tra le mani, fino a scoprire al suo interno una piccola fialetta. “Lo sapevo, con te niente è come sembra…” disse sorridendo un po’ amareggiato.

“È un modo per evitarti sofferenze inutili” Zoya fece una breve pausa “o il pegno di un’amica, scegli tu”.

“Ca**o, se la metti così!” indossò subito il ciondolo, di nuovo sollevato. “Dovrei avere paura?!” disse all’improvviso, tornando serio.

“No. Se esiste un modo per scagionarti, lo troveranno, senza dubbio” sembrava sicura e Alekseij credeva che avesse ragione.

“Infatti non è questa m***a di processo a preoccuparmi…”

“Ah sì? E cosa allora?”

“Mi salveranno, è praticamente scontato ca**o. Ma se così non fosse, non potrei mai perdonarmi se… beh, se alla fine… se qualcuno poi volesse, cioè se lei volesse…”

“Seguirti?” Zoya aveva capito a cosa si riferiva, o meglio a chi. Si fermò a pensare qualche attimo, impassibile come suo solito. “Facciamo così allora: se dovesse andar male ti lascerò del tempo per congedarti da questo mondo.”

“E poi? Dovrei costringerti a farmi da carnefice?”

“Non proprio… all’inizio lascerei il compito a Ro’Ark, ma se lui non riuscisse a portare la giustizia sul tuo capo, immagino di sì, poi toccherebbe a me.” Si fissarono per qualche istante.

“Col ca**o” cominciò l’uomo sorridendo “non si fa questo a un’amica.”

Anche Zoya si fece perturbare da un breve sorriso.

“Sei l’unico che sia riuscito a raggirarmi così di scuola” riprese, riacquistando il contegno che più le si confaceva.

“Beh, perché per quanto tu sia una str**za accorta non riesci a immaginare che qualcuno si preoccupi per te” le fece un occhiolino tanto eloquente quanto infantile.

“Come direbbe la mia vecchia amica Cécile, touchée.

Rimasero qualche attimo senza parlare, mentre la sigaretta che l’arconte stava fumando continuava inesorabilmente a consumarsi.

“A proposito…  ho fatto un sogno, quando beh, ecco, quando pensavamo fossi morta…”

La donna lo interruppe con tono secco. “No, fermati, non voglio sapere che genere di sconcezze quella mente perversa che ti ritrovi possa aver elaborato…!” Voleva sembrare inorridita ma risultò ben più divertita di quanto le parole non tradissero. Sorrisero ancora qualche attimo, poi l’uomo riprese a parlare, come mosso da un’impellenza che il discorso appena troncato portava con sé.

“Fammi finire! I ragazzi, beh ca**o lo sai, volevano solo il tuo bene, e lo stesso valeva per me: eravamo preoccupati. E se proprio vogliamo dirla tutta sono stati loro a raggirarti ben bene…. Non ci hanno pensato un attimo, hanno deciso di aiutarmi senza alcun timore per le ripercussioni che le loro azioni avrebbero avuto… Ca**o, come con…”

“… come con l’Insonne. Hanno guardato in faccia un Imperatore in carne e ossa, hanno sostenuto uno sguardo capace di pietrificare individui ben più saldi di loro. Potevano rovesciarmi addosso ogni cosa, un crimine senza vittime, e invece hanno deciso di onorare quello che restava della mia memoria. Hanno corso un rischio incredibilmente stupido…” Alekseij prese a guardarla di traverso, ma Zoya lo fece ricredere subito. “Nessuno aveva mai fatto una cosa del genere per me.” Se avesse avuto un cuore, Aleksej ne era sicuro, Zoya avrebbe versato almeno una lacrima al pensiero di quegli avvenimenti.

“Perché, quella volta che sono entrati dentro una Piaga per me?!? Praticamente nemmeno mi conoscevano eppure quei cog**oni si sono gettati dentro senza pensare! E ti assicuro che con la puzza che c’era nemmeno mia madre sarebbe venuta a salvarmi, ca**o!”

“Sono il raccolto più disfunzionale e caotico che sia mai scappato da una Ventura…”

“…già, mancano molto anche a me. Ca**o, per tutti i commensali del banchetto di Shiva, da quant’è che sono rinchiuso in questo buco di me**a? Sembrano diverse lune eppure sono sicuro che ancora non sia trascorsa nemmeno una stagione…” Fece una breve pausa “Di lui, sai niente?!?” Era di nuovo serio, come non era abituato a essere.

“No… e temo che se il processo dovesse andare male, sarebbe la morte definitiva dell’uomo e la rinascita della bestia.”

“Un’altra brutta storia di cui dovrai occuparti…” un sorriso amaro si dipinse sul volto di Aleksej, ma durò solo un battito di ciglio, come soppiantato da un’illuminazione improvvisa “C***o! Anche la verità su mio padre è stata merito loro! Maledetti bastardi: passato e futuro sono nelle loro mani dall’inizio, il nostro sangue era legato al loro sin da quando ci siamo incontrati…”

Se Aleksej avesse distolto lo sguardo dalla sua sigaretta avrebbe notato Zoya incupirsi improvvisamente: la mente della donna era volata a una sera di fine estate, lontana un’eternità, a un giovane uomo che le parlava con voce tremante e mani sudate, con la stessa ineluttabilità di chi detiene una verità troppo pesante da serbare. “Già… il nostro sangue è sempre stato nelle loro mani…”

La sigaretta ormai era quasi spenta.

“Devo andare o va a finire che mi chiami mamichka e d’un tratto la giustizia dell’Impero potrebbe diventare l’ultimo dei tuoi pensieri…”

“Adesso sì che ti riconosco porca pu**ana! Cominciavo a chiedermi se non fosse un altro sogno… lo è?!?” Aleksej rimase qualche attimo interdetto.

“Siamo vestiti più che decorosamente e la tua cella sembra quanto di più lontano possibile da un bordello. Quindi direi che non si tratta di un tuo sogno”. Zoya accennò un sorriso, dandogli le spalle e incamminandosi verso l’uscita.

“Non fa una piega…” Un altro attimo di riflessione, una nuova, improvvisa folgorazione “C***o! Quindi vuol dire che anche l’altra volta… E POI SAREI IO IL PERVERTITO!!” Quasi urlava, ma della donna non c’era più traccia.

Si rimise a sedere sotto la finestra, le braccia poggiate sulle ginocchia, mentre la luna illuminava la sigaretta ormai spenta: un ghigno beffardo gli si dipinse in volto.

“È stata una gran bella cavalcata” pensò. “Ca**o se voglio vedere come va a finire!”  

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