“Non temete la morte, temete il trapasso…”

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Seconda parte! 🙂 Malusha un po’ più grande…

Anno 6, Era del Regno. Luna di Spica.

Malushaaaaa! Malusha dove sei?
La voce della donna risuonava fra le carovane, nel campo allestito per la giornata che brulicava di gente.
Hai perso la piccola di nuovo, sestra?
Si brat! Speravo fosse da te a giocare con i tuoi bambini ma vedo che non c’è!
– Non l’ho nemmeno vista stamane…mi spiace non poterti aiutare. Hai controllato verso il bosco?
– Gliel’ho detto mille volte di non allontanarsi troppo! Se ce la trovo stavolta mi sente! Malushaaaaa!

La bambina stava giocando vicino ad un gruppo di faggi al limite della radura. Le piaceva molto stare a cercare sassi colorati o a trovare le tane degli animaletti del sottobosco. Non si trovava bene con gli altri bambini e preferiva armeggiare da sola con qualche lucertola o con un piccolo topo essiccato con cui riusciva a intrattenere strambe conversazioni (!) che giocare con i ragazzetti della sua età. Il fatto che nessuno volesse seguirla vicino al bosco di notte o che i suoi amici non la salutassero più dopo che aveva seppellito il gatto (vivo) di una cuginetta, fece sì che la bambina non fosse trattata con molta empatia dai coetanei e si ritrovasse spesso a scavare piccole fosse dietro qualche carovana…
La voce della madre le giungeva chiara trasportata dal vento che faceva eco tra gli alberi, ma la piccola non l’ascoltava: aveva visto qualcosa fra le foglie, qualcosa che sembrava avere due occhi che la spiavano ed era curiosa di scoprire chi fosse…
Chi sei? C’è qualcuno là?
– Ciao tesorino…

Una voce di donna un po’ gracchiante giunse da dietro gli occhi bianchi…
Malusha fece un salto un po’ spaventata – Ciao…mi hai fatto paura… Perché stai lì in mezzo alle foglie? Sei una fatina?
– Beh…si…posso esserlo per te…cosa ci fai qui tutta sola al margine del bosco?

Adesso la voce si era addolcita e chiocciava nascosta tra i cespugli.
Stavo cercando dei fiori da portare alla mia mamma! Ti piacciono? La bimba rivolse verso gli occhi tra le fronde il mazzolino di violette appena colte.
– Sono molto belli…posso aiutarti a coglierne degli altri!
– Magari!
-Ce ne sono molti dove sono io…vuoi?
– Mm…non lo so…la mamma dice sempre che non mi devo fidare di chi non conosco…
– Ma io sono una fatina! Le fatine sono buone! Dai vieni con me guarda che bei prati ci sono qua…
una mano ossuta spuntò tra le foglie e scostò di poco i rami del cespuglio dove era nascosta. Malusha intravide un enorme prato fiorito molto invitante.
Dai, mi sento tanto sola qua, le mie sorelle non vogliono giocare con me perché non vieni tu?
La bambina era tentata e stava quasi per accettare l’invito, quando le fronde scostate fecero intravedere qualcosa di più del viso che circondava gli occhi. La pelle era pallida, quasi grigia e il sorriso sornione scoprì una bocca piena di dentini appuntiti…La pelle d’oca colse Malusha alla sprovvista che sentì un brivido gelido corrergli per tutto il corpo.
Io…no…non voglio…mamma… la piccola si guardò indietro cercando aiuto mentre pian piano tentava di allontanarsi.
Come non vuoi! Non vedi che i miei fiori sono molto più belli e colorati dei tuoi? Non vuoi far felice la tua mamma? Vieni a coglierli insieme e noi! Accanto al primo volto, altre due paia di occhi spuntarono tra il verde dei cespugli.
– No…non siete fatine! Non voglio venire! Mamma! Mammaaaaaaaaaaaa!
– Malusha!
La giovane donna comparve alle spalle della figlia e la sollevò prendendola in braccio. Qualsiasi cosa fosse stata dietro le foglie era ormai scomparsa.
Malusha che è successo perché piangi?
– C’erano delle cose brutte nel bosco! Qualcosa che mi guardava!
– Quante volte ti ho detto di non allontanarti così tanto dalle carovane? Perché non mi ubbidisci mai?
– Scusa… volevo prendere dei fiori per te… ma mi sono caduti…

Lhucretia vedendo le lacrime della piccola e quanto fosse spaventata, le sorrise e la strinse a sé mentre ritornavano insieme verso l’accampamento.
Non importa, ne cogliamo altri insieme domani, va bene? Adesso andiamo a mangiare…
– Si! Viva!

Quella sera stessa Lhucretia si trovò a parlare con la Grande Baba vicino al fuoco. Mentre l’anziana fattucchiera le pettinava i capelli con uno dei suoi pettini fortunati, la donna fissava il fuoco scoppiettante bevendo un tè.
Dov’è mia nipote?
– Sotto le coperte. Ho lasciato Veliar con lei. Sono tornate. Ci hanno provato di nuovo.
– Lo so. Dobbiamo stare attenti. Anche se Malusha è una bimba forte, loro sono subdole…


I più maldicenti fra i conoscenti di Veliar erano pronti a giurare che sua moglie fosse una strega e che i suoi poteri divinatori provenissero dal fantasma di un antico stregone che si era impossessato da tempo della sua anima. Questa teoria era supportata perfettamente dall’aspetto della donna: Lhucretia era albina, come suo nonno.
Nonostante avesse pelle e capelli bianchi come il latte e gli occhi talmente chiari che guardandoli intensamente si potevano scorgere lievi striature di rosa, la ragazza era bellissima. Alta e dal fisico snello, avrebbe attratto gli sguardi di molti uomini solo camminando per strada. Sfortunatamente, a causa della sua anomalia, Lhucretia si abituò presto a vivere più di notte che di giorno, lontano dalla luce del sole che le avrebbe bruciato la pelle di alabastro. Fin da piccola prese come abitudine di uscire all’imbrunire e spesso la si poteva incontrare al margine del bosco nelle notti rischiarate dalla luna mentre raccoglieva erbe magiche e strani fiori per comporre le sue tisane e pozioni, o mentre tornava lungo il sentiero con una grossa cesta carica di piccoli rettili e qualche topolino. Fu la Grande Fattucchiera Josipina a far conoscere Lhucretia al figlio Veliar, affascinata dall’aria mistica della ragazza e dal suo animo gentile. La vecchia Baba pensava che potesse essere adatta per il figlio scavezzacollo, e sarebbe stata molto felice di avere in famiglia una persona così intrigante. In effetti, fu il classico colpo di fulmine tra i due giovani: Lhucretia fu attratta immediatamente dallo sguardo scaltro e dalla goliardia del giovane; Veliar fu attratto dal fatto che non ci aveva mai provato con una ragazza albina. Fatto sta che presto i due si sposarono ed ebbero Malusha molto giovani. L’unico problema che si presentò fu il carattere esuberante di Veliar che fece sì che l’uomo presto si stancasse della vita da padre di famiglia e lasciasse sole moglie e figlia per girare il mondo e scoprire posti nuovi per dare sfogo alla sua “vena da esploratore”, come la chiamava lui. “Vado in cerca di ispirazione per le mie storie! Non riesco a pensare se rimango sempre nello stesso posto, il mio cuore e il mio animo di poeta devono poter spaziare liberi!” diceva spesso, e con questa scusa si defilava, magari viaggiando molto con la carovana degli Zora o con chiunque gradisse la sua compagnia. La moglie non ha mai perdonato all’uomo questa sua abitudine alla fuga e spesso e volentieri era intravista mentre circondata da candele all’interno della sua soba, infilzava con grossi spilloni una bamboletta tremendamente somigliante al marito…
Nonostante la figura di Veliar non fosse vista di buon grado dalla madre, Malusha ha sempre dimostrato per il padre un forte affetto, ricambiato anche dall’uomo. Il padre tentava in ogni modo di compiacerla nelle rare volte in cui si vedevano e adorava farle regali. Sicuramente quello più gradito è stato la pala che la ragazza ha ricevuto per il compimento della maggiore età. Si dice che il padre l’avesse “presa in prestito” da un nano cercatore di tesori una volta che egli gli offrì un passaggio nel proprio carro e che portasse fortuna a chi la usava. Dal giorno in cui l’ha ricevuta, è raro vedere Malusha in giro senza la sua adorata pala, usata per sotterrare e dissotterrare “cose”, utile a difendersi nel caso ci fosse pericolo…
Malusha è stata quindi cresciuta più che dai genitori, dalle sestre della carovana e da Josipina Baba che fu sempre attratta dalla piccola. La grande fattucchiera scorgeva in lei la stessa aura mistica che avvolgeva la madre e, a scapito delle apparenze che la facevano sembrare una bambina tetra e schiva, era chiaro che in Malusha si celasse un animo vivace e allegro e un grande potere divinatorio. Solo che non sapeva come usarlo.
La piccola Oghareva dimostrò da subito di avere un carattere estremamente bizzarro, singolare perfino per i canoni alemariti: Malusha era, infatti, attratta da tutto ciò che è misterioso e strambo, risentendo del fatto di essere nata sotto la luna delle Calende Nere. Alcuni dei suoi migliori ricordi risalgono a quando veniva portata dalla madre vicino ai cimiteri in cerca di qualche erba curativa, e mentre Lhucretia era occupata a scegliere le pianticelle, la piccola giocava felice tra i fiori che ornavano le lapidi.
L’unica persona della sua età con cui la piccola intratteneva rapporti era la sorella Yelena, nata da una scappatella di Veliar con una giovane Zora, durante le Calende Bianche. Nonostante la profonda differenza di carattere – nonché di aspetto – che le divideva e i lunghi periodi in cui non riuscivano a vedersi a causa dei grandi spostamenti nelle diverse carovane, le due bimbe riuscivano ad avere un solido rapporto nonostante le personalità nettamente opposte (Yelena radiosa e canterina e Malusha che si divertiva a seppellire tutto) che combinandosi creavano un forte legame di sorellanza.
Ogni volta che le due bimbe si incontravano, era festa per entrambe. Di solito il luogo più plausibile era il Crocevia di Corcovlad, dove la piccola si recava con la madre a curiosare tra le carovane in sosta….

Anno 8, Era del Regno. Luna del Mago

Malusha non faceva che allungare il collo tra la folla per riuscire a adocchiare Yelena. L’aria era zeppa dell’odore delle spezie e degli animali e le bancarelle dei venditori ambulanti occupavano gran parte della strada…
La carovana degli Zora era appena arrivata e zampettando scese Yelena insieme al padre Veliar che aveva viaggiato con loro per l’estate…
In quel momento Malusha stava strattonando sua madre per mano perché voleva costringerla a tutti i costi a comprarle un teschio di gatto levigato che un mendicante tentava di appiopparle, quando vide arrivare da lontano lo scriccioletto abbronzato vestito di rosso che le veniva incontro: aveva un largo sorriso che le andava da orecchio ad orecchio e continuava a chiedere al padre dove fosse la sorella.
Malusha si staccò dalla presa della madre e in preda alla gioia si affrettò a raggiungere bambina.
Correndole incontro tagliò la strada a uno col carro che si ribaltò, urtò un tizio che portava dei calici che si infransero a terra e fece imbizzarrire due cavalli.
Anche Yelena scappò di mano al padre alla chiamata della sorella. – Malusha! Vivaaa sorella! – e le corse incontro, con le gambettine secche e corte. Non notò nemmeno il caos generato dalla bambina e le arrivò addosso abbracciandola – Malusha, vivaaa ho una cosa per te!
Malusha la abbracciò chiedendo subito – Cosa cosa cosa cosa cosa?
La piccoletta rispose con un bacione, e si frugò in borsa. Ne estrasse un piccolo pezzetto di legno intagliato a forma di teschio umano. Le manine della bimba erano un po’ tagliuzzate, ma il teschio non era affatto male.
Non è vero, ma spero ti piaccia, sorella!
Malusha sgranò gli occhi e prese il teschio – Ohhhh beeeelllooooo è ancora più bello di quello che volevo comprare prima!Grazie! Anche io ho una cosa per te!
La piccola saltella, presa da una strana frenesia – Davvero? Sono curiosa dimmi cos’è!
Malusha si frugò in tasca e dopo aver tirato fuori qualche non ben precisato pezzettino di osso e aver riposto accuratamente il teschio nuovo, estrasse qualcosa che sembrava un bambolotto. In realtà guardando bene era un rospo cicciottello, imbalsamato e accuratamente vestito come un principino. – Guarda il vestitino l’ho cucito io! E’ un portafortuna, ti aiuta a trovare il fidanzato!
La piccola Yelena guardava con tanto d’occhi il bambolotto, portando le mani alle guanciotte paffute
Bahhhh, è bellissimoooo grazie. Se lo rimirava tutto, eccitatissima, per poi dare un bacio al rospo. – E’ un principe vero! Proprio come nelle fiabe! Come il principe di macchia dei folletti!
Già! Io ci azzecco con queste cose vedrai che prima che scenda la sera avrai trovato qualcuno che ti fa la corte!
– Evvivaaaaaaaa! allora cosa facciamo? Che mi racconti? Dov’è papà ?

Il padre era poco dietro le bimbe, con uno sguardo tra lo sbigottito e il divertito.
Le bambine si presero per mano e si diressero verso il prato…
– Giochiamo a qualcosa?Dai dai!
– Facciamo a gara a chi trova la tela di ragno più bella?
– Siiiii!

Intanto Lhucretia si avvicinò a Veliar e senza farsi notare, prese un capello dalla sua giacca e lo legò saldamente a una bamboletta…poi si allontanò da lui mormorando improperi…
Quando riuscivano a passare un po’ di tempo insieme, le due bimbe erano inseparabili. Spesso rimanevano ore ad ascoltare la vecchia nonna Josipina raccontare storie paurose accanto al fuoco mentre passava uno dei suoi pettini d’osso fra i loro capelli, stringendosi per farsi coraggio a vicenda. La figura della Grande Baba affascinava le due bambine che venivano attratte dagli abiti sgargianti e infarciti di gioielli e amuleti e dall’imponente capigliatura adornata dai tanti pettini. Malusha e Yelena adoravano seguirla durante le scongiurazioni o mentre preparava qualche strano rito ricco di polveri colorate e segni scaramantici ed erano felici di aiutare per quanto fosse loro possibile. Tuttavia le stanze private del carro di Josipina Baba erano severamente vietate alle due bambine che non potevano nemmeno avvicinarsi alla soba della nonna. Ovviamente il gioco preferito dalle sorelle era “Entra – nella – stanza –della – nonna – senza –farti – scoprire”.

Shhh zitta Yelena o ci sentiranno!
– Ma non è colpa mia!
–sussurrando – Sono i campanelli che fanno rumore
E potevi toglierli no?! Sai che se la nonna ci sente poi ci mette di nuovo in punizione!
– Basta che non usi di nuovo il rametto di frasca! Ho ancora i segni rossi sulle gambe!
– Così impari a mischiare le sue bacchette…
– Ma mi erano cadute che dovevo fare?! E poi è colpa tua se…
– Sì si, va bene, ora zitta però!

Le due bimbe si erano nascoste sotto il letto di Josipina per l’ennesima volta e tentavano di fare meno confusione possibile, con scarsi risultati.
Malusha, ho paura che ci becchino! Gli occhi sgranati di Yelena stavano per riempirsi di lacrime.
Ma no vedrai che non ci scoprirà nessuno! Ti ricordi cosa devi fare vero? Devi cercare il pettine bianco, quello che la nonna usa solo nelle occasioni speciali! Io apro il cassetto in alto e tu quello in bass –

Ah, ecco dove sono le due piccole furfanti!
Josipina prese le due bimbe per un orecchio e le trascinò fuori da sotto il letto.

Aw aw aw aw! Nonna ci fai maleee!
– Non c’entro niente io è stata Yelena!
– Ma come io?! Sei stata tu adirmi di prendere il pettine!
Yelena era ormai sull’orlo delle lacrime.
Ma tu sei la sorella più grande dovresti preoccuparti di me invece di – OW!

La Grande Baba scaraventò le due bambine in una stanza che chiuse a chiave. Dall’altro lato della porta la si sentì urlare – Così avrete un po’ di tempo per pensare a cosa avete fatto! Intanto vado a cercare una frasca!

Yelena si sedette per terra a piangere – Ecco lo sapevo! Adesso mi punirà per colpa tua! E hai anche dato la colpa a me!
– Uff…e dai sorellina non l’ho fatto apposta!
– Come no?! Vai via non ti parlo più!
– Mm… nemmeno dopo che ho preso… Questo
?
Yelena si asciugò le lacrime e sgranò gli occhi – Ohhhh un pettine della nonna! Come hai fatto a prenderlo?!
– Gliel’ho rubato dai capelli mentre ci portava qua! Mi vuoi ancora bene?
– Siiii vivaaaaaa!
– Brr… ma dove ci ha chiuso la nonna? Sembra una stanza vecchissima … è tutta polverosa e mi fa anche un po’ paura!
– Ma no ma che paura! E’ solo una stanza buia! Sei la solita fifona! Adesso accendiamo quella lampada e vedrai che non c’è nulla di spaventevole!
– Bah la lampada! L’accendo io dovrei avere qualche fiammifero!
Malusha si avvicinò ad un vecchio lume ad olio e tentò di accenderlo. Al terzo tentativo finalmente la fiamma riuscì a resistere e la stanza si illuminò all’istante.
Ohhh finalmente! Ecco qua adesso non fa più paura! E’ solo una stanza piena di vecchi vestiti e di cose che la nonna non usa più! Non pensavo fosse così grande la sua carovana! C’è spazio per tutto guarda qua è davvero incredibile! Tò, un cappello pieno di piume! Che ne dici se…Malusha? Che fai? Il fiume di parole cinguettanti della piccola Yelena si arrestò quando vide la sorella immobile che fissava una parete apparentemente spoglia.
Malusha? Che guardi? C’è qualcosa di bello? Io non vedo nulla!
Malusha continuava a restare immobile mentre una leggera folata di aria fredda fece tremolare la fiamma nella lampada.
Perché mi cercate sempre?
-…? Malusha dici a me?
-…non mi piacete…mi fate paura…
– Malusha? Sorellina, con chi parli?
– Con loro non vedi? Mi vogliono sempre portare con sé a fare qualcosa ma io non voglio!
– Loro chi? Malusha non c’è nessuno, che dici? Mi stai facendo paura, se è uno scherzo non mi piace affatto! Lo dico alla nonna se non la smetti subito!

Stavolta era Malusha che si mise a piangere – Mi hanno detto che se lo dici alla nonna ti capiterà qualcosa di brutto! Io non voglio che ti capiti qualcosa io voglio che vadano via e che non tornino più! La bambina non staccava mai gli occhi dal muro spoglio mentre parlava.
Uffa! Mi hai stancato, mi prendi sempre in giro! Non ti parlo più finché non la smetti! Yelena fece una linguaccia alla sorella e poi le voltò le spalle, rimanendo a braccia conserte con il viso imbronciato. Fu allora che le vide. Sulla parete opposta a quella che stava fissando Malusha, un vecchio specchio impolverato rifletteva quello che Yelena non riusciva a vedere da sola. Tre vecchie ricurve alle sue spalle stavano allungando una mano verso sua sorella che continuava a piangere restando impietrita sul posto.
Un urlo talmente forte che avrebbe impaurito un troll risuonò fino alla camera di Josipina Baba. La fattucchiera riconoscendo la voce squillante di Yelena, corse dalle due bambine e aprì di scatto la porta. Trovò le sorelle rannicchiate in un angolo della stanza con Malusha che ancora piangeva e Yelena che faceva altrettanto. Alla vista della nonna, le sorelle le corsero incontro aggrappandosi alla sua gonna. Yelena, senza quasi riprendere fiato, raccontò alla Grande Baba l’accaduto.
Erano bruttissime nonna, io non le vedevo ma Malusha sì e le guardava e non mi diceva niente e io non capivo pensavo che scherzasse e invece c’erano te lo giuro nonna erano dietro di me le ho viste nello specchio c’erano tre vecchie volevano prendere Malusha, hanno detto che mi facevano qualcosa di male se te lo dicevo ma io te lo volevo dire perché mi hanno fatto tantissima paura e –
– Shhh! Calmati adesso! Calmatevi tutte due! Mi dispiace di avervi punito, io…non pensavo…ma è tutto
finito ora. Venite, andiamo a pettinarci i capelli con i pettini della nonna, vi va?

La voce rassicurante della Baba tranquillizzò le due bambine che vennero prese per mano e portate fuori dalla stanza tetra.
Ah, nonna…Malusha rivolse all’anziana baba uno sguardo mortificato – questo e tuo… la bimba porse il pettine alla nonna tendendole la manina verso il volto.
Piccola ladruncola e questo da dove spunta?
– Scusami tanto…
– E va bene, tienilo pure. Ti porterà fortuna…
– Davvero?! Grazie nonna!

Mentre la Grande Baba portava via le due bambine, guardava preoccupata la stanza con la parete ancora vuota…

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