Meet the bùnaidh

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Lady Alison Cleeland sapeva benissimo che quello che stava per fare era totalmente inutile, ma intendeva rimanere almeno in pace con se stessa, attenendosi a quelle che erano le sue convinzioni e i cerimoniali che la situazione richiedeva.
Una causa persa…
Reprimendo un leggero sospiro, bussò alla pesante porta di mogano e subito dopo entrò, senza attendere risposta.
– Olivia, mia cara, i tuoi fratelli sono giunti, alfine. Disponiti ad accoglierli come si confà a una bùnaidh nella sala grande, di grazia, invece di…
– Madre! Che meraviglia… non vedo l’ora di riabbracciarli! Quando hai detto che salgono?

…invero una causa persa. Eccola lì, la sua primogenita, nella stanza che prima era stata la “stanza dei trastulli” di suo padre, l’entusiasta Benedict Cleeland, insigne cavaliere e scienziato dilettante… di certo lui sarebbe stato fiero di vederla lì in mezzo, assorta in calcoli, esperimenti, progetti, alambicchi e modelli di macchinari, a suo agio come un’anatra nel suo stagno. Ovviamente, quando era suo marito ad utilizzarlo, il laboratorio non era così stracolmo né così ben organizzato: certo, si trattava di un ordine che seguiva regole note solo alla sua proprietaria e lady Alison aveva rinunciato da tempo a comprenderne la logica. Ma, dopotutto, lei non si era mai interessata a certe cose. Cosa eccezionale per una donna gardanita, sebbene di nobili origini, amava profondamente l’arte, le lettere, le belle maniere ed era raffinata e colta come poche altre nel ducato. Aveva impartito la stessa educazione da lei ricevuta alla figlia, la quale sembrava condividere le sue inclinazioni, anche se a vederla adesso nessuno l’avrebbe mai detto. Eppure ogni tanto Olivia dimostrava che le conoscenze che sua madre aveva cercato di inculcarle non si erano dissolte in mezzo a ingranaggi e polverine strane, come le chiamava la sua rassegnata genitrice.

– Ma insomma, figlia mia! Il tuo comportamento non accennerà mai dunque a migliorare? Non mi meraviglio che tu abbia passato i trent’anni e ancora tu non sia stata nemmeno fidanzata!
– Meglio così, madre, nessuno è all’altezza di sposare la nostra sorellona!

Eccoli, mai una volta che non le diano spago… Sulla soglia della porta, sorridenti, stavano i tre rampolli maschi di lady Alison, ciascuno intabarrato in un’armatura più o meno complessa e raffinata, ognuna recante le insegne del proprio nume tutelare e del clan Cleeland. Due cavalieri e un aspirante tale, tre figli che avrebbero reso orgogliosa qualunque madre a Gardan. Era stato il mezzano, Martin, a parlare, e subito dopo aveva raggiunto Olivia a grandi falcate e l’aveva stretta forte a sé, schioccandole due sonori baci sulle guance. Era ormai da qualche anno un cavaliere dell’Ordine della Spina d’Acciaio e le poche volte in cui vedeva la sorella il suo carattere esuberante dava il meglio (o il peggio, secondo lady Alison) di sé.

– Maaaartin! – ridacchiò Olivia ricambiando l’abbraccio – Fai piano o diventerò un fregio sulla tua armatura! Potrebbe esplodermi qualcosa in tasca, fra l’altro…
– Dai, Martin, non la strapazzare, sai che nostra sorella non scherza mai su queste cose…
La voce calda e pacata di Ryan, il maggiore dei tre fratelli, aveva da sempre il potere di allargare il cuore di lady Alison e il pensiero che fosse uno stimatissimo cavaliere dell’Ordo Smaragdi la rendeva fiera di averlo messo al mondo ogni volta che posava lo sguardo sul suo volto sereno e nobile.
– Sorellona, anche io, anche io! – Era il turno del più piccolo, Francis, che si fece avanti cercando di scavalcare il fratello, che ancora non mollava la presa.
– Giù le mani, ragazzino! Sono mesi che non la vedo, tu invece sei stato qui non più di qualche settimana fa, quindi lasciamela strizzare in pace! Guarda che sono più alto in grado di te, novellino!
– Uffa, presto sarò cavaliere anche io, lo sai! E allora…
Le rimostranze del ragazzo vennero addolcite dal braccio di Olivia, miracolosamente sgusciato fuori dalla presa d’acciaio dell’abbraccio, che gli circondò le spalle, attirandolo a sé in una sorta di buffa statua di ferraglia a tre teste e tante braccia che ridacchiava e lanciava gridolini. Lady Alison sospirò alzando gli occhi al cielo.
– Vi prego, VI PREGO! Contegno… Almeno voi, contegno!
– Martin, adesso basta, su… – disse Ryan sorridendo – non facciamo innervosire nostra madre, che credo fosse già sulla via della disputa prima che noi arrivassimo…
– Puoi ben dirlo, figlio mio! Almeno finché vostra sorella continuerà a NON comportarsi come il suo rango richiede! Ad esempio, trovo davvero disdicevole che vi abbia ricevuti qui, in questo luogo pieno di… di… invece che nella sala grande, come si conviene agli ospiti di riguardo!
– Ma a noi va bene così, madre! Francis adora questo posto! – protestò vivacemente Martin lasciando andare gli altri due.
– Io? E tu allora? Sei tu che le metti sempre in disordine le cose perché vuoi sapere a cosa serve questo e quello e… – I battibecchi fra i due fratelli più giovani erano all’ordine del giorno da sempre.
– Perché Olivia è paziente e mi vuole bene e sa che quando torno a casa voglio distrarmi un po’!
– Ma anche io sono a casa! Anche io voglio stare con lei!
– Tu le vuoi parlare solo delle tue pene amorose! Guarda che la Duchessa è fuori dalla tua portata, novellino, smettila di fantasticarci su!
– C-cosa? Ma c-che dici! Rimangiati tutto quel che hai detto o io… io…
– Francis, non prendertela… – Olivia lo aveva delicatamente abbracciato da dietro costringendolo con dolcezza ad abbassare le mani chiuse a pugno che già cercavano impacciate una sfida d’onore – Guarda che Martin è solo invidioso! Tu sei così carino che qualche speranza ce l’hai, mentre lui ormai è così pieno di lividi e cicatrici che al massimo la nostra graziosa Duchessa potrebbe scambiarlo per un tronco di quercia, e pure malmesso, e tanto tanto potrebbe ordinare di segarlo per farne un ariete con cui sfondare un portone!
– Ah, sei scorretta sorellona! La metà di quei lividi me li hai procurati tu quando eravamo piccoli!
– E di’ che non avevo ragione?
– Ehhh, no, in effetti ce l’avevi eccome!

Il fulcro di tutto… Lei apriva bocca e tutto finiva in una risata, fra di loro… Ma come riusciva Olivia a farsi amare così da quei tre ragazzi? Certo, era molto stimata all’interno del clan per la sua serietà, la gente la rispettava per i suoi modi gentili e accorti e per la sua abilità nel portare avanti sia gli interessi del clan che dell’Accademia dei Mestieri… E di certo fra i laerer e gli apprendisti c’era chi ne era affascinato per la sua abilità di ingegnere e alchimista e i colleghi ne elogiavano continuamente l’ingegno e le capacità… eppure nessuno a parte i suoi tre fratelli sembrava toccarla veramente dal punto di vista umano e allo stesso modo nessuno sembrava essere davvero interessato ad entrare davvero in confidenza con lei.

– Madre, non hai motivo di prendertela con Olivia… – rincarò la dose Ryan – Eravamo rimasti d’accordo che oggi mi avrebbe mostrato alcuni progetti per alcune modifiche alle armi d’assedio richieste dai nostri genieri, quindi è di gran lunga più comodo andare subito al sodo e incontrarsi qui, dove la nostra amata sorella può mostrarmi con calma tutto quel che ha in serbo per me…

Sempre con lei, sempre… A quelle parole la giovane scienziata aveva rivolto un sorriso smagliante al fratello e aveva iniziato a srotolare delle carte sul suo tavolo da lavoro. Lady Alison non sapeva se essere irritata per quel rapporto speciale che sembrava intercorrere fra i suoi figli perché qualcosa l’aveva sempre lasciata perplessa. Effettivamente, Olivia era stata una sorella maggiore ideale: sempre pronta ad ascoltare, a giocare, a prendersi cura dei fratellini in tutti i modi, a dar loro affetto e comprensione o una bella strigliata quando ne avevano bisogno. Leggeva in loro come libri aperti, sapeva tutto delle loro aspirazioni e dei loro problemi e i anche suoi fratelli erano convinti di saper tutto di lei.
Eppure Olivia parlava pochissimo di sé. Anzi, quasi per niente. Ascoltava molto, poteva sostenere qualunque tipo di conversazione sugli argomenti più disparati ed era abile a prender posizione nelle faccende che riguardavano il clan e l’Accademia, ma nessuno aveva mai la più pallida idea di cosa le passasse davvero per la testa, soprattutto quando riguardava delle sue faccende private. Era così discreta che sembrava non averne, eppure – si diceva da tempo lady Alison – non era possibile che non avesse mai avuto una tresca o un segreto qualunque. Eppure sembrava proprio così. I fratelli erano assolutamente certi di sapere tutto quel che c’era da sapere, ma si sbagliavano. Qualcosa doveva pur turbarla nell’intimo.

– Ryan, non spalleggiare tua sorella! Anzi, aiutami a convincerla che è tempo che si sistemi, non può rimanere nubile per sempre, è oltremodo sconveniente!
– Madre, se Olivia non ha trovato nessuno che le piacesse avrà avuto i suoi motivi! – protestò Martin, che nel frattempo stava curiosando intorno a un alambicco.
– Io li ho visti, quelli che hanno chiesto la sua mano in passato… mica era gente di cui ci si potesse innamorare! – mugugnò Francis, arrossendo lievemente.
– Direi invece che il comportamento di nostra sorella nei confronti dei suoi spasimanti ha mostrato ancor di più la sua saggezza: la maggior parte di loro era chiaramente interessata al potere, non a lei o al nostro clan, e altri non avrebbero saputo gestire nemmeno quel poco di prestigio che sarebbe stato concesso loro… – concluse Ryan, serio.

E tu, figlia mia, sai gestire il potere? Sì, a questa domanda lady Alison sapeva rispondere. Olivia gestiva ottimamente il suo potere e il clan questo lo sapeva e lo riconosceva. La fiducia della sua gente era ben riposta, almeno per quel che se ne poteva vedere. Salvo lo scompiglio portato da quelle orribili persone che avevano ammorbato l’Accademia con ricerche assolutamente inconcepibili (e sulle quali in effetti nessuno aveva capito niente), per nove anni le cose erano andate a meraviglia per tutti. Olivia stessa aveva supervisionato i progetti e i lavori di miglioramento delle strutture di Tomiloch e della sua difesa, i sistemi di approvvigionamento erano all’avanguardia e la regione prosperava sempre di più. Nonostante i giudici dell’Orifiamma cercassero spesso qualcosa da ridire nella condotta della bùnaidh, a parte il suo carattere un po’ eccentrico e a volte poco attaccato al cerimoniale non avrebbero potuto rinfacciargli molto altro di concreto.
Ma, anche in questo caso, lady Alison sentiva che Olivia avrebbe potuto fare molto di meglio per stroncare le dicerie che a volte circolavano su di lei, ma si limitava a scrollarsele di dosso, lasciando aleggiare un che di ambiguo sul suo contegno. Che gli dei potessero annegarla in un mare infuocato se sapeva cosa passasse in testa alla figlia.

– Con voi tre presenti non c’è verso di farle una ramanzina, insomma… non che quando sia da sola io abbia miglior fortuna, comunque. Vi lascio alle vostre faccende… Martin, Francis, venite via anche voi: lasciate lavorare in pace vostro fratello e vostra sorella, di grazia.
Sebbene riluttanti, i due la seguirono, non prima di essersi fatti promettere più volte da Olivia che sarebbe venuto anche il loro turno.

Con loro è facile… Lady Alison aveva sfoderato il suo miglior tono imperioso, prima infallibile sul marito e in seguito sui figli… ma non su sua figlia.
Quando la distinta signora richiuse la porta alle sue spalle, Olivia e Ryan erano già assorti in una conversazione che lei non avrebbe potuto seguire nemmeno se avesse voluto, in cui erano compresi numeri, misurazioni, leghe metalliche e dettagli alchemici di cui non sapeva assolutamente nulla.
Le sembrò di chiudersi alle spalle un mondo che non capiva, un mondo estraneo e, se non ostile, assolutamente indifferente. E non si riferiva all’asetticità neutrale del pensiero scientifico.

Socchiuse gli occhi e un sospiro di vago sollievo le sfuggì fra le labbra.

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