Onun adi Vael – I

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Mattinate perfette come quella se ne ricordavano poche, al Ricovero del Fanciullo della Luce Splendente. La primavera fresca e piena di vita si era fatta strada nell’ampio giardino, colorando tutto di un verde tenue e delicato e inondando l’aria di profumi che l’avvicendarsi delle precedenti stagioni avevano quasi fatto dimenticare ai piccoli ospiti dell’orfanotrofio e ai loro tutori. Per di più, durante la notte le pietose sorelle avevano raccolto un nuovo trovatello, un cosino piccolo piccolo che a malapena respirava e che forse era stato abbandonato proprio per quello: troppo debole per sopravvivere in un mondo ostile…
Ma quelle brave donne si erano fatte in quattro, pregando e curandolo senza sosta per ore, e alla fine avevano avuto la meglio sulla falce consolatrice. Era dunque un giorno di festa per tutto il Ricovero e a colazione tutti i bambini avevano avuto dose doppia di biscotti e miele.
Nonostante ciò, uno di loro rimaneva silenzioso e assorto in un angolo del giardino, seduto accanto al tronco di un’altissima palma, con un biscotto mezzo mangiato abbandonato in grembo.
Com’è strano stamani Vael, pensò sorella Safiya, la novizia responsabile della camerata del ragazzino, di solito è così vivace, sempre allegro e pronto a giocare…
La giovane donna si avvicinò dunque al bambino solitario, rivolgendogli un caldo sorriso.

– Erano buoni i biscotti?
– Cos… oh, sì, certo sorella Safiya! Molto! – Vael si riscosse, arrossendo in modo impacciato. Sì, decisamente stamani c’era qualcosa che non andava.
– Eppure ne hai lasciato uno… suvvia, lo sai che non devi dire le bugie!
– No, no, davvero! Dico sul serio! Erano buonissimissimi!
– Dimmi la verità, Vael, sai che a me puoi dirla… è successo qualcosa?

Il ragazzino rimase silenzioso per qualche istante, abbassando lo sguardo verso le briciole raccolte sulla tunica nell’incavo delle gambe. Poi, con voce bassa e incerta, mormorò qualcosa che la giovane suora non riuscì a capire.
– Non ho capito, Vael… puoi ripetere, per favore?
– Vorrei… vorrei sapere com’è andata che mi avete trovato, ecco.
– Vuoi dire che non ti è mai stato raccontato?
– No…
– E che non l’avevi mai chiesto prima?
Vael scosse la testa. – No, sorella… non so se è permesso…
La novizia si sciolse in un sorriso. – Oh, stupidino, ma certo che potevi chiedere! E non c’è niente di male a conoscere le cose come stanno! Certo, le vicende di stanotte devono averti scosso non poco… Adesso ti racconterò com’è andata, va bene?

Mentre Safiya si sedeva all’ombra accanto a lui, Vael sembrava aver ripreso un po’ di vitalità, ma i suoi occhi erano diventati inquieti: evidentemente era ansioso di conoscere le risposte che desiderava ma impaurito all’idea che queste non fossero come si aspettava. La novizia strinse le ginocchia al petto e iniziò a raccontare…

– Prima che tu me lo chieda, otto anni fa io ero solo una ragazzina e anche io ero ospite del Rifugio, esattamente come te. Non fui io a trovarti quella notte, ovviamente… ma, come avrai notato, quando qualcuno entra a far parte della nostra famiglia in circostanze un po’ misteriose tutti vengono a sapere tutto quel che c’è da sapere, e anche di più… poi, quando ho deciso di rimanere qui in veste di novizia, ho avuto conferma che ciò che sapevo era vero…

Vael non muoveva un muscolo ma, se ci fosse stato un silenzio totale, si sarebbe potuto udire il suo cuore che batteva all’impazzata anche da una cinquantina di passi di distanza.

– Accadde durante una notte in cui anche i lupi della Banchisa sarebbero stati ben rintanati nelle loro tane… nonostante durante il giorno il tempo fosse stato mite e quasi afoso, al calar della notte dal Deserto aveva cominciato a spirare un vento glaciale e pieno di sabbia, tanto che avevamo dovuto sprangare tutte le finestre per evitare che i vetri potessero danneggiarsi… Nelle camerate nessuno dormiva, però, perché il rumore delle raffiche ci faceva paura, sembrava che dovesse venir giù anche il tetto! Ce ne stavamo rintanati sotto le coperte quando al piano di sotto sentiamo un po’ di agitazione fra le sorelle…
Il rumore del vento era tanto forte che, nonostante il battente del portone di ingresso possa esser udito anche da questo giardino, che è sul retro del Ricovero, quella notte solo sorella Lakshan era riuscita a rendersi conto che qualcuno stava bussando alla porta, chissà da quanto tempo, e se n’era potuta accorgere solo perché casualmente era dovuta passare davanti al portone per portare un medicamento a una consorella che aveva sbattuto la gamba mentre rassettava in refettorio!

La storia si faceva avvincente per Vael… dunque era una notte di tempesta! Dunque, se sorella Lakshan non fosse mai passata davanti al portone… che ne sarebbe stato di lui?

– Comunque, la sorella udì i colpi di battente e iniziò ad aprire il pesante chiavistello che teneva serrato il portone… le toccò gridare per chiamare aiuto per tener ferma la porta, che stava già per spalancarsi sotto le raffiche: dovettero tenerla in quattro per evitare che andasse a sfasciarsi contro il muro! Quando riuscirono quindi ad aprirla in sicurezza, evidentemente l’ignoto visitatore decise saresti stato al sicuro da quel momento in poi… lo videro deporre una cesta ben infagottata proprio davanti alla porta, voltarsi e fuggire nella notte, per non farsi vedere mai più… non una parola, non un gesto, nel giro di pochi istanti era come se non fosse mai esistito! Ma la prova che non era stato un sogno eri tu, Vael, ben avvolto in coperte di lana, al sicuro nella cesta di vimini… avevi solo il nasino un po’ arrossato, anche se sono convinta che chi ti ha affidato a noi avesse cercato di tenerti al riparo sotto il suo mantello per tutto quel tempo…

Vael osservava la novizia con occhi sgranati, incapace di riprendere fiato. Uno sconosciuto! In una notte terribile! E nessun modo di saper nulla su di lui… o su di lei… poteva essere un tagliagole dal cuore d’oro o una danzatrice cortigiana del Duca o un bucaniere dei mari del Sud… e perché era lì? Perché l’avevano affidato ad un orfanotrofio? Non l’avrebbe mai saputo!

– …già… il mantello!

Il mantello? Che cos’aveva il mantello di speciale?

– Sorella Lakshan gettò per prima lo sguardo fuori e disse di aver visto un ricamo sul retro del mantello, talmente grande che la luce che proveniva da dentro casa bastò a illuminarlo prima che la notte inghiottisse anche quello: era un fiore, un grande fiore a cinque petali!

Quell’ultima scoperta fu il colpo di grazia per Vael e per la fantasia che stava tenendo a freno a stento: trattenne il fiato per alcuni istanti prima di scoppiare in una salva di domande a raffica alla povera sorella.

– Un fiore? UN FIORE? Ma grande quanto? Come? Ricamato come? E com’era il mantello? E di che colore era il fiore? E…
– E QUI QUALCUNO DOVREBBE IMPARARE A STARE UN PO’ PIÙ ZITTO E A NON PARLARE DI FACCENDE CHE NON LA RIGUARDANO! – Una voce poderosa e tagliente tuonò alle spalle di Safiya e Vael, facendoli sobbalzare per lo spavento.
– M-madre superiora, io non…
– Torna IMMEDIATAMENTE alle tue faccende, sorella Safiya, hai già parlato abbastanza per almeno una settimana… Credo che sette giorni e sette notti di silenzio saranno sufficienti a farti meditare sul valore delle parole… ora va’, e lasciaci soli.

La giovane novizia si affrettò verso il chiostyro principale dopo aver gettato un’occhiata di puro dispiacere al bambino, che era rimasto a testa bassa, mezzo inchinato davanti alla badessa. L’aveva vista poche volte ma erano bastate a imparare a temerla, anche se non sapeva esattamente perché.
Si aspettava già lunghe serie di dolorose bacchettate sulle mani e il suo cuore sobbalzò per la sorpresa quando la corpulenta madre superiora si rivolse a lui con tono quasi dolce, o quanto meno meno ruvido del solito.

– L’ho punita perché avrebbe dovuto venire da me quando le hai chiesto di sapere come sei giunto qui, ragazzino. Questa è la regola: stava a me raccontarti la storia senza infarcirla di dettagli fantasiosi e fuorvianti. L’essenziale è ciò che conta, giovane Vael, ricordatelo sempre…

Ma allora… Sorella Safiya si era inventata il dettaglio del fiore? Della notte tempestosa? Si era inventata tutto? Vael sentì che i suoi occhi si stavano inondando di lacrime: era troppo anche per lui…

– …ma fortunatamente sorella Safiya ha meno immaginazione di quanto creda: ti ha detto praticamente tutto quello che è successo, o per lo meno tutto quello che può essere importante per te…

Questo voleva dunque dire che era tutto vero?

– …anche se ha tralasciato un particolare, di cui non poteva essere a conoscenza. Io sono l’unica a conoscerlo e te lo rivelerò…

Per l’ennesima volta in quella giornata, il cuore di Vael sembrò perdere svariati battiti per poi accelerare all’impazzata. Le lacrime ormai si erano cristallizzate agli angoli dei suoi occhi, indecise se rotolare giù o asciugarsi di fretta.

– Quando ti ho tolto dalla cesta per controllare che tu stessi bene, qualcosa è scivolato giù dalle tue fasce: chiunque ce l’avesse messo si era assicurato che non volasse via e ti accompagnasse. Ce l’ho ancora, potrai prenderla più tardi, nel mio studio…

Qualcosa? Cosa? Cosa? COSA?

– Era una pergamena. Una piccola pergamena scritta in lingua desertica.

Una…

– C’erano scritte solo queste parole: “onun adi Vael”.

– Significa: “Il suo nome è Vael”.

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