Ogmadh, memorie dal passato (racconto a quattro mani)

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Ogmadh era proprio un bel posto, ricco di natura, storia, genti diverse che arrivavano da lontano, si scambiavano merci, ricordi, pietanze, profumi e poi ripartivano, diretti chissà dove.
Quel giorno era stato uno dei peggiori degli ultimi anni. Da quando quel demone venne vomitato su questa terra, da quando quegli stolti che volevano piegare tempo e materia nella guisa che preferivano, si erano affacciati e avevano sfruttato quanti capitavano nelle loro vicinanze, da quando aveva finalmente trovato moglie. Era ancora vivido nei suoi ricordi quel giorno di poco più di un anno prima.
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 “Colonnello, sbrigatevi, pare che il Frenin stia per andarsene…”
“AL GALOPPO!!!”
I robusti palafreni, incrociati con quelli delle terre del Leone per ottenere la massima velocità e resistenza possibile, vennero spinti fin quando copiosa schiuma bianca ne ricoprì il manto. Sospiravano forte, nitrivano, quasi a rispecchiare l’animo dei loro cavalieri che volevano giungere nel minor tempo possibile. Arrivò nel piazzale di Helbronn e già i vessilli dell’Orsa e dei suoi alleati erano a mezz’asta.
“NOOOOO!!!” il suo grido rabbioso, sputato fuori dalla viscere.
Un grido che non fece in tempo a risuonare nella vallata giacché balenò innanzi alla sua vista Sua Grazia il Duca Kaspar chino, affranto e con le braccia avvinte al corpo della Rossa.
O almeno ciò che ne rimaneva. Si impietrì.
Pareva che il tempo si fosse allungato, dilatato, i suoni ovattati, i movimenti rallentati, le reazioni assenti. Tutti correvano da una parte all’altra, tutti increduli, tutti devastati. Scese da cavallo senza pensare ad assicurarlo, né ad affidarlo ad alcuno. Camminò, non corse. Aveva capito che non c’era nulla da fare. Gli si fece davanti un cortigiano, impossibile ricordare chi.
“Lord Garreth, c’è stato un incidente! Lady Olivia versa in gravi condizioni mentre Sua Grazia…”
Lui gli passò attraverso, non sa se lo travolse con la sua mole imponente o semplicemente questi si fece da parte. Arrivò a pochi passi dalla Frenhines. Altri lo salutarono. I suoi occhi già annebbiati dal pianto, praticamente smisero di percepire volti o figure. Si chinò su di Lei.
Dolce Amica, Cugina Fidata, Signora Giusta, Guerriera Coraggiosa.
Mise la mano manca sotto la sua nuca, con la destra si strappò il mantello e coprì al meglio ciò che rimaneva dall’addome in giù. Ancora un sussulto. Un singhiozzo.
Copiose lacrime rigavano il volto arcigno del Gran Conestabile.
Lacrime salate e aspre come mai erano uscite.
“Colonnello Kerr, non sono riuscito a salvarla. Sono costernato…” Furono le parole tremolanti del Signore della Torre Scarlatta. Garreth non lo salutò nemmeno. Né come si concerne ad un capo di Stato, né ad un ufficiale superiore. Nemmeno uno sguardo. La sollevò e si incamminò piano e gentile verso l’edificio dove riposava il corpo del Frenin, facendo in modo che i suoi passi non creassero nemmeno il più piccolo sussulto a quel corpo straziato. Sentì una mano che si poggiò sulla sua spalla, ma non vide di chi era. Sentì che questa era ben serrata e lo tirava con forza, ma non abbastanza.
“COLONNELLO TI ORDINO DI FERMARTI!”
Forse la voce del Rahis, ma non capiva né il motivo di quell’ordine, né come poteva pensare che il semplice essere un Duca o, tantomeno, un Generale dell’Esercito del Regno Eterno potesse fermarlo in quel momento. “Lasciatelo stare Rahis, vi prego….è troppo scosso…come tutti noi del resto…” Furono le sagge parole dell’Oberstführer. Il Rahis allora, nonostante fosse livido di rabbia per l’insubordinazione, scese a più miti consigli e abbandonò la presa, destinata comunque a spezzarsi a breve giro.
Garreth salì piano le poche scale che portavano alla stanza dove il Frenin stava aspettando il saluto delle probi genti dell’Orifiamma, tra due ali di folla, entrò e poggiò delicato il corpo esanime della cugina accanto a quello di suo Zio Erik; poi prese una bacinella e un panno, lasciati lì da chi aveva ricomposto il cadavere di Erik ed iniziò a mondare la candida pelle dalle macchie di sangue e dai detriti rimasti addosso. Un uomo con la maschera tipica dei Custodi dei Sepolcri, gli si avvicinò e posò la sua mano sulla spalla: “Lord Garreth, volete che faccia io? Volete innalzare una prece agli Astri sempiterni assieme a me e ai miei confratelli qui presenti?” La voce dell’individuo aveva un che di familiare, nonostante i pianti e le grida che lo circondavano e la maschera stessa alterasse di molto il tono.
Forse ci aveva già parlato chissà quando. Chissà su quale campo di battaglia o quale rito funebre. Chissà…
Con un gesto della mano, rifiutò le offerte fatte. Continuò per alcuni giri di clessidra e nessuno osò interromperlo più. Quando pensò di aver terminato la sua opera, si alzò, poggiò la bacinella colma ormai di liquido rossastro e sfiorò la fronte di sua cugina. Poi le sussurrò “Sarai sempre la mia Duchessa, Logan. Mai nessun altro.” Si alzò, rese omaggio ai suoi Duchi inginocchiandosi e abbandonò la stanza.
 “Ecco, volevo chiederti…. Si, insomma…. Vorresti concedermi la tua mano….”
Sempre stato una frana nella scelta di tempo. Il corpo di suo fratello era ancora caldo. 
Stupido, potevi farlo prima. Giorni prima. Lune prima.
Poche ore erano trascorse, pur essendo triste per la morte di colui che non aveva fatto in tempo a divenire suo cognato, si era sentito sollevato che la donna più bella di tutta l’Orifiamma gli avesse concesso la sua mano. Progettavano un matrimonio durante il freddo inverno gardanita.
Adesso avevano tre corpi da piangere.
 “Dov’è la mia Promessa?” Furono le uniche parole pronunciate a voce alta da quando era arrivato.
“Signore è al piano di sopra al capezzale di Lady Olivia.” Rispose un milite.
Salì le scale e trovò altri cortigiani fuori dalla porta e dentro la stanza. Vide Olivia, la parte destra del volto completamente sfigurata e il braccio dello stesso lato, pesantemente fasciato. “…Lord Kaspar ha detto che andrà amputato…” “… No hai capito male… Diceva dell’occhio…. Andrà perso di sicuro…” Le voci nei corridoi si fermarono quando la cotta di maglia scintillò nelle vicinanze.
“Se non siete cerusici o parenti di Lady Olivia, uscite da questa stanza e liberate il corridoio.” Un ordine laconico, semplice, rassegnato. Come quello di suonare la ritirata. Come quando si consegnano le insegne agli avversari vincitori. Adesso capì cosa si provava in quei casi. Lui, invitto, aveva capito cosa si provasse quando si doveva abbandonare il campo, abbattuti da chi non si può sconfiggere. Fece appena in tempo a prendere per il polso Abigaille: “No, ferma. Ti prego…. Dimmi cosa è successo.”
“Garreth… Prima il Frenin ha combattuto contro Hobgar il Guercio…”
“HOBGAR!!!! E CHE CAZZO CI FACEVA QUI?!?”
“Calmati Garreth… è una storia lunga. Per mezzo della magia era qui e minacciava di ucciderci tutti. Solo grazie al Lord Kaspar ed a Lord Erik ci siamo salvati. Ma le ferite riportate e la salute già cagionevole lo hanno fatto cadere. Lady Logan allora ha deciso di non temporeggiare ulteriormente e si è decisa nell’operarsi immantinente. Il Duca di Thersa si è prestato nell’amputazione, secondo lui riuscita egregiamente e mentre Lady Olivia stava attaccando la gamba del Cercatore, qualcosa è andato storto. Ha fatto uscire tutti di corsa e provato fino all’ultimo a staccare i contatti. Ma, dopo un boato che ha rischiato di abbattere un’ala intera del palazzo, era rimasta Lady Olivia a terra, agonizzante e Lady Logan…sì, insomma…hai visto come è stat….” Le parole morirono in gola, uccise dal singhiozzo sommesso. Lui la guardò. Anche con gli occhi ormai stanchi di pianto, il suo volto angelico riusciva comunque a dargli una piccola dose di tranquillità, necessaria a non perdere il senno.
“Vieni giù, lasciamo Olivia riposare. Speriamo che si possa riprendere, un giorno…”
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 “Io dico che è inaccettabile. Non possiamo arrivare qui e fare la conta dei testamenti. Io e tutto il Clan Lethoun, richiediamo Heldprov ufficiale!”
“Lord Torquill, ritengo che sia giusto aspettare almeno che Lady Olivia possa dire la sua. Ancora è in coma e i suoi fratelli, qui presenti, non hanno mai fatto le sue veci… A parer mio…”
“Dyafarn Mar, non girateci troppo attorno! Anche voi credete che la situazione della povera Lady Logan sia stata sempre quantomeno discutibile, se non ai limiti delle regole del suo ordine equestre. O mi sbaglio?”
“Avete ragione, Lord Torquill” li interruppe il giovane Lord Finèal “ma non per questo il suo testamento deve venire ignorato. Suo padre le aveva chiesto di scegliere prima possibile. Questo prima…non è coniugabile con i pochi giri di clessidra che sono intercorsi tra l’apertura del testamento e la sua decisione fatale. Quindi è come se il testamento del Padre, Lord Erik, almeno per quella parte, non esista, visto che non ha avuto modo di essere nemmeno preso in considerazione dato il tempo risicato che ha avuto Lady Logan. E voi, Lord Garreth?”
L’uomo si alzò, e gli altri quattro appartenenti al Clan Kerr che partecipavano al Concilio straordinario fecero altrettanto, lo seguirono fino al robusto portone e poco prima di uscire, senza salutare né voltarsi, disse: “Non avrò altri duchi che non siano MacDussel. Non avrò altri signori che non siano della stirpe di Erik il Rosso e sua figlia Logan. Reggenti, eletti, scelti o come volete. Se non saranno come detto avranno la mia fedeltà ma non la mia anima.”
 “Com’è andata? Come ti aspettavi?” Abigaille lo attendeva fuori.
“Si. Quell’avvoltoio non ha pazientato ed è andato subito al dunque. Fortuna ero disarmato.” una smorfia amara rigò il volto dell’uomo.
“Garreth, non riusciresti a far fuori Lord Torquill a mani nude? Devo forse cercare un altro pretendente?”
“Meno male che ho te…” rispose lui, con un sorriso agrodolce sulla bocca “Ma temo che quel damerino possa fare grande uso dei suoi denari e della sua lingua lunga…e Lord Auley…boh…non ha detto pressoché nulla. Come se volesse schierarsi con Lord Torquill, ma non apertamente. O almeno non davanti a me. I fratelli di Lady Olivia hanno solo annuito, ma nessuno di loro ha aperto bocca. Lord Finèal ha cercato di trovare il bello in ognuna delle due parti. Non pare che abbia capito che nel Circolo ci si deve schierare.”
“Basta Circolo, basta riunioni, basta cose brutte. Ti prego. Cerchiamo di pensare ad altro…”
Era stato un Inverno duro, di inasprimento di vedute, da una parte e dall’altra.
Le nozze annunciate tra Lady Ophelia Kerr la Duchessa Madre, come era stata soprannominata, e Lord Finèal Munroe non parevano aver calmato troppo gli animi, ma se non altro, avevano posticipato l’insorgere di tanti problemi. L’anno terminò, in un modo o nell’altro e il freddo inverno aveva piegato i corpi di tutti i cittadini gardaniti. Che fossero facinorosi o miti. Ma proprio per questo, gli animi erano molto caldi. In alcuni casi, risse da osteria si trasformarono in piccoli scontri all’arma bianca. Innumerevoli i feriti in ogni borgo. Fino alla fine della seconda luna dell’anno. Ci sarebbe stato il matrimonio. Palesemente nessuno dei due provava nulla per l’altro. Forse una stima o poco più, ma nulla che potesse far pensare ad un matrimonio come quello delle favole. E comunque nessuno ci avrebbe mai creduto.
“NO, Garreth, NON puoi entrare!” il futuro sposo picchiettava dispettosamente all’uscio della camera “Porta sfortuna vedere la sposa nel mattino delle nozze! E poi sono NUDA!”
“Non è che così mi rendi la ritirata più facile” scalciò con il piede per fare più rumore, sorridendo.
“Daiiii! BASTA ADESSO!” un altro suono sovrastò il suo incedere, sembrava un mobile che veniva trascinato verso la porta. Divertito dalla tenacia della donna, lasciò il corridoio con aria soddisfatta.
Aveva scelto la donna giusta, ne era certo.
Prima del matrimonio, però, tanto voluto e tanto anelato, preceduto da quello di due valorosi e cari cortigiani, l’imprevisto. Anzi, gli imprevisti: i rappresentanti delle due fazioni che erano convenute a parlamentare e stipulare una pace tanto richiesta dai più quanto non desiderata dagli estremisti, avevano trovato rinfocolo nelle loro ideologie diametralmente opposte e si erano giurate morte; il Gran Sacerdote, Lord Auley Kentrigan Colummear, era stato tratto in arresto dopo che una certa quantità di illazioni d altri elementi probatori erano state prodotte a suo carico. Forse non tutti decisivi, ma quantomeno sufficienti per sollevarlo dal suo ruolo e trarlo in arresto. Inutile dire che egli aveva negato, quasi biasimando quanti lo credevano colpevole, per poi prorompere in uno scatto d’ira e in una serie di improperi sputati contro le massime cariche del Ducato. Era stato proprio lo sposo ad eseguire l’ordine di arresto, mentre la duchessa reggente si allontanava scura in volto.
Fu il Sommo Pontefice a celebrare il rito e le promesse dei due amanti furono commoventi. Anche se accelerate a causa dell’intervento di un nugolo di nemici all’orizzonte.
Tra questi figurava anche il Magus della Bocca, uno dei più pericolosi e acerrimi nemici dell’Orifiamma.
 Quella voce. Quei sospetti. Così familiare. Così palesi.
“DI CHI È CODESTO CORPO?!?” Gli gridò Garreth.
La risposta che ottenne, non fece altro che acuire il senso di mistero e tristezza nel cuore del giovane.
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 “Ci serve tempo….”
“E io vi devo dare questo tempo…. Ci proverò”
Le spade dei due si scontrarono fino a che non vennero polverizzate. Una, due, tre, quattro, cinque spade. Infine il gioco stretto e la resa ad un avversario che una volta era suo padre. Adesso era solo un burattino nelle mani di esseri deviati.
Ecco di chi era la voce. Prima sotto la maschera, poi sotto l’elmo cornuto.
Sua moglie, intenta a riparare armi, non smetteva un attimo di alzare lo sguardo. Forse pentita di ciò che gli aveva chiesto, ma sicura che nessun altro avrebbe potuto reggere tutto questo tempo come lui.
Infine l’essere immondo lasciò il corpo del povero David.
Infine, mentre Lady Ophelia, sua sorella, disperata di dolore, riceveva da Lord Finèal la notizia che la guerra civile era terminata, il vecchio Heolion Wyth spirò.
Infine poté rientrare al suo Bastione dove avrebbe potuto ricevere l’attesa sepoltura.
 Otto chiodi sulla bara. I suoi parenti, amici più cari e i vecchi compagni di mille battaglie, Lady Yara, Alan Marlour, Floki, Sir Nathan, William Winford Kerr, Lord Finèal e Lady Ophelia prima dell’ultimo, menato a mani nude da suo figlio ed unico erede, che assolto il suo compito, lasciò la moglie a presenziare al rito e se ne andò.
Sua zia pare che da quel giorno perse il lume della ragione. O almeno così si vocifera, dato che una personalità così forte, così severa, difficilmente avrebbe agito nei confronti dell’ex Gran Sacerdote come poi fece in seguito. Prendere un uomo già debilitato dalla prigionia, immobilizzarlo e poi fargli patire le pene della tortura è di certo un comportamento che mai nessuno avrebbe potuto collegare alla figura di Lady Ophelia. La motivazione di estorcere una confessione riguardo al suo ruolo negli agguati prima al marito e poi al fratello, con tutti i fatti poi derivati, non potevano certo alleviare il peso sulle sue spalle né, tantomeno, evitarle una ricerca come una dei peggiori nemici del Ducato. Viva o morta.
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 Quel Primordio era stato un aiuto in primis, ma poi aveva fatto danni ingenti, sia in materia di vite umane che di danni materiali. Ammon era stato sconfitto grazie all’aiuto provvidenziale di quella macchina celeste che ormai di celeste non aveva altro che la forma. La folle setta del Dogma aveva deviato quella creatura così bella e perfetta, in modo da farle distorcere la realtà e poterla plasmare a nuova foggia.
Adesso erano loro i nemici numeri uno, agivano nell’ombra e tiravano i fili.
Fili talmente sottili e impercettibili, da legare perfino i druidi, nemici acerrimi di quanto non è naturale e consegnare loro l’ultimo elemento per risvegliare nei pressi di Ogmadh un altro di quei Primordi. La mattina, assieme a Lady Olivia, da poco ristabilita, priva dell’occhio e del braccio destro, apparsi subito dopo l’incidente in condizioni disperate, e con profonde ferite ancora ben visibili, sebbene le peggiori fossero quelle che serbava dentro, si era recato a dare istruzioni.
L’imperativo era uno solo: evitare che quei folli svegliassero il Primordio. Da lì all’Accademia, già evacuata preventivamente, sarebbe stata un’unica meteora di distruzione che si sarebbe schiantata nelle sale della Scienza, tanto detestate dai druidi.
E le genti dell’Orifiamma avevano risposto bene. In numero che all’inizio aveva preoccupato non poco i due Bunaìdh, ma che evidentemente si era dimostrato sufficiente e di grande intelletto e capacità operativa, nell’arginare l’ascesa di quella creatura. Proprio mentre si recava a congratularsi e dare la giusta ricompensa per il lavoro svolto, venne accerchiato da tre dame che chiedevano nuove sulla salute di Lady Logan. All’inizio pensò fosse uno scherzo di pessimo gusto. Poi capì che non poteva esserlo, nessuno avrebbe osato così tanto. Soprattutto davanti a lui. Forse uno strano maleficio.
Più di trenta persone avevano riferito la stessa cosa.
Tre ducati ed il mondo intero avevano visto spirare Lady Logan il giorno stesso di suo Padre. C’era un testamento che lo provava…ma quelle lacrime…sembravano le lacrime del giorno dei suoi funerali. Sembrava la prima volta che la piangevano, invero era la seconda.
 “Almeno a me…. Garreth tu mi credi?”
“………….”
“GARRETH GUARDAMI, TI PREGO! MI CREDI?!”
“….. Perdonami…. Forse tra qualche giorno. Adesso torniamo al Bastione e poi vediamo di fare mente locale sugli ultimi avvenimenti….”
“Aveva detto che l’era dei padri era finita. Ti aveva abbracciato il giorno che ci siamo sposati. ERA QUI STAMANI GARRETH!!!!”
“…Stamani c’eravamo io e Lady Olivia…”
“No! No…la Duchessa era su quello scranno e… Cos’è quel manifesto…Lady Ophelia?!?”
“No, solo Ophelia. Ha subito l’onta di Campbell. Adesso non è né Lady, né Kerr… Solo Ophelia.”
Il ritorno a casa fu simile ad una marcia funebre. Simile a quando una colonna di carri portò il corpo di suo Padre a Oldmory. Anche stavolta ringraziò di non essere molto lontano. Un altro giorno in quel silenzio surreale e non sarebbe tornato a casa sano di mente. Sarebbero state lune difficili, le prossime. Non che le ultime non lo fossero state, ma adesso provava l’incertezza. Il sentimento che meno gradiva tra tutti. Essere a capo di un esercito in inferiorità numerica, magari su campo sfavorevole, ma potendo contare con i suoi occhi i mezzi a disposizione, conoscere i suoi gregari e studiare una strategia disperata era preferibile a vivere pensando di non essere altro che un altro Garreth.
Un altro Colonnello. Un altro Marito.
Ci doveva essere una spiegazione. In tutto c’è una spiegazione.
Non era mai stato un uomo di fede e non avrebbe certo iniziato adesso, ma giurò sul suo Onore e su quello della sua Stirpe, che gli Astri gli fossero stati testimoni, non si sarebbe fermato fin quando il Dogma non fosse caduto sotto i suoi colpi.
Poi, sarebbe anche potuto finire nel Giardino Segreto del Bastione.
Ma non sarebbe stata un’uscita di scena indolore.
Specie per il Dogma.
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