Redenzione

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Padre Lince è sempre stato la coscienza delle fiere, quello che mette un paletto, quello che ti porta a fare la scelta giusta, o se giusta non è che almeno sia saggia. Ogni volta che mi sento un po’ troppo “sbagliato” vado a piangere in qualche modo da lui. Non so se è la voglia di parlare a voce alta di qualcosa che mi turba o la sicurezza dell’assoluzione ma parlare con lince è sempre il balsamo che cerca la mia anima.
Non che parlare con Lince sia sempre una cosa semplice, la visione che abbiamo della vita, del futuro, delle scelte che prendiamo è spesso in antitesi, è prolifico nel distribuire redenzioni dolorose, si aspetta una bussola morale pari almeno a quella di un cavaliere e non si fa troppi scrupoli a farmi notare quando la direzione che prendo non si addice ad una persona per bene. Però sa ascoltare, sa comprendere anche il non detto, delle volte gli basta una rapida occhiata per capire esattamente il nocciolo della questione.


«Ciao Lince, hai visto che bella giornata, come stai?»
«…»
«Se continua così sarà un’ottima estate.»
«Davvero?»
«Si, direi che potrebbe essere una gran bella stagione, la prossima»
«Davvero sei così ottimista che mi beva questa storia? Non ti è mai importato di nessuna stagione, mai, non ti piace il caldo, non ti piace l’estate e per di più è evidente che pioverà a breve, come chiunque sano di mente avrebbe notato guardando i nuvoloni ad est. Vogliamo provare a cominciare daccapo?»
«…»
«Va bene, comincio io, ciao Istrice, siamo vicini al tramonto e anzichè startene a gozzovigliare con gli altri sei venuto a parlarmi nel bel mezzo del mio rosario del vespro a ciarlare del tempo: mica per caso c’è qualcosa che ti turba?»
Un enorme sospiro da parte mia sottolinea, come se ce ne fosse il bisogno, che ogni parola di Lince è giusta, precisa e pesata. Ancora una volta sono davanti a lui a chidere conforto e ancora una volta è pronto ad ascoltare la mia storia.


«C’è una donna, lince, e questa volta sono in difficoltà. Vorrei che fosse qualcosa di più di una compagnia durante la scacchiera, vorrei che fosse l’unica.»
«Hai sempre goduto di un immotivato ascendente nei confronti del gentil sesso, non capisco questa tua nuova insicurezza…»
«È Sigrun, Lince»
«Per gli Dei. E lei lo sa?»
«Certo che lo sa! E prima che tu dica qualcosa di sconveniente sappi che ricambia, è innamoratissimissima, senza scampo»
«È incredibile come quando pensi di aver capito e visto molto su queste lande gli Dei ti mettano di fronte a qualcosa di completamente inaspettato, di imprevedibile, di folle…»
«Si, va bene, ho compreso il messaggio»
«Comunque sia, nonostante lo scetticismo mio e di chiunque altro dotato di senno, sembra che la cosa stia procedendo immotivatamente bene, è davvero tutto qui?»
«Ho paura Lince. È tutto vero, sono contento, sono esattamente dove dovrei e vorrei essere ma non riesco a togliermi di dosso un fastidio, un tarlo. È giusto che lei si accontenti? Lei è nobile, amico, ha delle proprietà, avrà ua famiglia che si aspetta qualcosa di meglio di uno scemo trovato nella scacchiera, avrà dei parenti che si aspettano una festa con un ballo e del cibo servito, non un tavolone di legno con dei barili di birra e Jena che suona la cornamusa. Magari da dove arriva avrà anche degli spasimanti, tutti più educati e più nobili di me.»


La conversazione ora è su un altro piano e per la prima volta dall’inizio Lince si prende una pausa prima di rispondere. Adesso è serio, completamente assorbito dai suoi pensieri.


«Le hai detto la verità?»
«Le ho detto una versione molto vicina della verità. La solita cosa che racconto a tutti, del carcere della prigionia, della ribellione, le solite cose…»
«Ma tu in quel carcere non c’eri.»
«Nell’arco di una vita è un dettaglio trascurabile»
«Nell’arco di una vita i dettagli fanno tutta la differenza del mondo. Io ti conosco, Istrice e conosco anche l’uomo che nascondi dietro al fiera, ed è incredibilmente migliore di come tenti di venderlo, cerchi di sminuirlo, di ridurlo… in realtà basterebbe un piccolo spiraglio della tua anima a spazzare via tutti i dubbi come polvere soffiata dal vento. Ma sappiamo entrambi che sei venuto qui da me per sentirti dire una sola cosa, amico.»
«E cioè?»
«Dille la verità. La verità ti metterà al sicuro dal giudizio di chiunque dalla sua famiglia fino ai suoi spasimanti. Lasciale la possibilità di scegliere se vale la pena combattere per te.»

Ed eccolo lì. L’ha trovato lui il tarlo che mi mangia i cervello. Ho paura che decida che è molto più semplice e comodo, per tutti, lasciami dove sono e tornare alla vita che le spetta.
Poi la serata torna deve tornare, con il campo montato, le provviste che scarseggiano, il fuoco verso la fine e i primi sbadigli malcelati. Domani è il primo giorno del reso della mia vita, vedrò di farne buon uso.

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