Verità

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Makoto

 

Quando un Samurai esprime l’intenzione di compiere un’azione, questa è praticamente già compiuta, nulla gli impedirà di portare a termine l’intenzione espressa. Egli non ha bisogno né di “dare la parola” né di promettere. Parlare e agire sono la medesima cosa.

Le foglie rossastre dei ciliegi si riversavano a terra dolcemente, cullate dal vento che era divenuto sempre più freddo negli ultimi giorni di viaggio. Il Deserto Nero era lì vicino, forse poche colline dinnanzi. I Colli di Giada avevano visto molti duri inverni, ma mai li avrebbe ricordati così brulli e spenti… Si erano avvizziti, col passare degli anni, ed osservare quella vallata non fece altro che far chiudere ancora più quel nodo al cuore che Kasumi si portava appresso da troppo tempo. Qualche mercante di passaggio l’aiutò a rimettere insieme i pezzi del puzzle e farsi dire il nome del vecchio villaggio dove aveva trascorto l’infanzia, Ōnoshi, ma ciò che raccontavano non era rincuorante. Non vi era rimasto nessuno dopo l’ultima battaglia, e nessuno aveva avuto intenzione di ripopolarlo. Le speranze della ragazza di trovare qualche risposta si affievolivano ad ogni passo, sperava che quel villaggio fosse rimasto intatto, se lo ricordava piuttosto riparato da eventuali attacchi esterni…

Non sarebbe finito così, quel suo lungo viaggio. Era venuta per i suoi amici, ma soprattutto, per se stessa, e non se ne sarebbe tornata a mani vuote. La tristezza l’assalì ancora di più quando mise piede su quello che una volta era il lastricato di Ōnoshi, adesso rovinato dalle intemperie ed erbacce cresciutaci sopra. Era tutto distrutto, antichi e bellissimi palazzi semi carbonizzati o rovinati dalla foresta che si era espansa, case bruciate o addirittura solo tracce di fondamenta. Lo ricordava appena, ma quelle immagini erano impresse nella sua mente: il mercato del pesce, che si teneva ogni luna, un tempio, il dojo, dove suo padre si allenava e… casa sua. Riconoscerla fu un fulmine a ciel sereno, come la lacrima che scese rigando il viso. Sapeva perchè era successo tutto questo, ed il colpevole non aveva ancora pagato per tutto il dolore causato. Non si sarebbe data pace finchè non avrebbe avuto dannazione eterna…

Il campo di battaglia dove morì suo padre era lì a pochi passi. Una valle ai piedi del declivio… Kasumi non trovò altro che ulteriore devastazione. Vecchie armature consunte dal vento, ossa affioravano dal terreno, impossibili da riconoscere, armi spezzate evidentemente non appartententi ai samurai del tempo. Di certo tutto ciò in possesso dei samurai venne strappato via e pure i rimasugli di una splendida civiltà vennero persi per sempre… La ragazza strinse i pugni per non cadere in preda ad un urlo che probabilmente l’avrebbe fatta solo stare peggio, inspirò profondamente e si osservò attorno: scorse, seppur con molta fatica, un altro piccolo villaggio poco distante, forse ancora abitato, visto un leggero fumo che si innalzava al cielo.

Salì il dolce pendio della collina ma ciò che si trovò dinnanzi fu qualcosa di particolare ed inaspettato: poco fuori dal villaggio c’era un vagon, proprio uno di quelli alemariti, inconfondibile. Corrucciando leggermente la fronte Kasumi s’incamminò verso il mezzo, quando notò che attorno ad esso c’erano delle gabbie, minute, con dentro cuccioli di ogni genere, seduti dentro o zampettanti attorno…

– Ma che diavolo ci fa questo vagon quaggiù in mezzo al niente?- si chiese la ragazza tra se e se.– Eppure, solitamente, i vagon che viaggiano da soli dovrebbero essere piuttosto riforniti di guerrieri, se non di alfieri di passaggio…-

Mentre si avvicinava appoggiò una mano sulla katana, ma appena fu abbastanza vicina la porta del vagon si spalancò e ne uscì una figura piuttosto bizzarra: una bella donna, con capelli rosso fuoco che come cascate si appoggiavano lievi sulle spalle, tenuti fermi unicamente da una bandana, e stranamente gioviale che sorrideva all’esterrefatta samurai. Osservandosi attorno Kasumi notò, semi nascosto da un angolo del vagon, un altro tizio, molto meno appariscente della prima, che accanto ad un piccolo falò sorseggiava probabilmente la tipica bibita calda dei colli di giada. Un samurai?

– Prego prego, non essere timida! Di sicuro non ci fai niente di male, e visto le tue armi e le tue vestigia debbo credere tu sia un samurai o almeno apprendista tale! Avrai passato un lungo viaggio, per di più da sola, un po’ di ristoro ti ci vuole proprio!- disse la donna con uno sguardo così smagliante che quasi poteva accecare. Solitamente diffidente Kasumi decise che, oltre ai mercanti, quelle persone erano le uniche che le avevano rivolto la parola, ed erano alemariti, persone di cui si sarebbe quasi fidata ciecamente, quindi non potevano farle alcun male. L’alemarita la fece accomodare su un piccolo tronco vicino al falò per farla riscaldare, e le porse una tazza di thè caldo per ristorarla.

– Forse è l’ora che mi presenti, Demetra Shamisen, piacere!- le strinse la mano con voga, e fu un sollievo scoprire di quale carovana faceva parte.

– Si guarda, non fare caso a lui, parla di rado… non so se è una cosa vostra tipica di queste parti, parlare per aforismi o con frasi senza senso, ma se fosse così lui ne è di certo la prova vivente. Comunque, si chiama–

– Cuore di Diaspro, non c’è bisogno tu mi presenti.- tuonò l’uomo senza alzare lo sguardo dalla propria tazza. Ad un secondo esame, Kasumi aveva notato che era un po’ in là con gli anni, e che sulle braccia affioravano da sotto il kimono varie cicatrici, segni probabilmente delle varie battaglie che aveva passato. La guardò pochissime volte, ma la ragazza si trovò piuttosto a disagio nel ricevere quelle occhiate che la trapassavano e la studiavano nei minimi dettagli.

– … si chiama Cuore di Diaspro, come hai appena sentito. E’ il mio… compagno, diciamo, si… Ad ogni modo, come mai ti trovi in un posto così desolato? Stai aspettando qualcuno? O sei venuta per qualcuno? Girare qui da soli oramai non è più come un tempo, ma credo probabilmente tu te la sappia cavare da sola…

Kasumi accennò un sorriso, e bevendo l’ultimo sorso di thè rimasto prese fiato:

– E’ piuttosto lunga da spiegare, vi dico solo che c’entra il Custode di Spade, Majin.

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