I – Scentiar, mese di Alhazhar. Anno 2994 dell’epoca dei Quattro.

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Padre Gallicone attendeva in silenzio appoggiato a una delle sudice pareti del condotto. Tutti sapevano della fitta trama di gallerie che si estendevano sotto Scentiar e che mano umana aveva ritoccato il minimo indispensabile per fare in modo che diventassero un’efficiente (ed esagerata) rete fognaria. Però, erano in pochi a sapere quanto certi passaggi e certi cunicoli fossero comodamente attraversabili e, alla fin fine, anche sicuri: lo sapevano gli assassini, lo sapevano i ratkin e lo sapeva anche lui. Uno di questi condotti andava proprio dal suo vicolo preferito (quante volte aveva dormito lì, completamente sbronzo, abbracciato a un vecchio barile mezzo marcito dall’aria salmastra del porto!) al bordello di Jensar Glaudi, detto Buristo per la sua particolare abitudine di metter fra le stesse due fette di pane la quantità più eterogenea di companatico che una mente umana potesse escogitare.

Ma, per quel che ne sapeva Padre Gallicone, avrebbero anche potuto chiamarlo Boia, o Cinghia-di-ferro, per come trattava le ragazze del suo bordello: se le faceva vendere fuori da Scenziar per una miseria, quel vecchio laido e untuoso, promettendo alle famiglie di farle vivere come principesse, e poi le maltrattava, le calpestava, le picchiava a sangue e qualche volta ne provocava la morte, che era quasi una liberazione per loro. Untuoso e mellifluo con i clienti (tutte violente e nerborute canaglie della peggior specie che non avevano bisogno di nient’altro oltre aver qualcuno da maltrattare a loro volta), diventava spietato con quelle povere fanciulle che avevano la sfortuna di esser legate a lui da sorte di contratti-farse da capestro. Non avrebbero potuto andarsene nemmeno pagando oro sonante per riscattare le proprie vite. No, era un inferno, quel luogo. Ma, dopotutto, sebbene al Sud la crudele voce dei Quattro si faceva sentire più blanda, quelle cose erano all’ordine del giorno.

La cosa che più rendeva euforico Buristo era “curare” le ragazze affette da “dolce attesa”. Aveva un suo metodo personale per provocare l’aborto e, più spesso, la morte delle sue pazienti che Gallicone non amava ricordare. Però ogni tanto qualcuna riusciva a nascondere la sua gravidanza e a portarla a termine. E a quel punto bisognava entrasse in scena lui, il buon vecchio Gallicone: il suo vero nome l’aveva perso sul fondo di un boccale di troppo, ma si ricordava che lo chiamavano così perché si scolava galloni interi di vino speziato senza accusare il colpo. Ricordava anche vagamente che i suoi compagni di bevute avevano mischiato il suo nome vero con la parola “gallone” per ottenerlo, ma erano passati troppi anni e troppi galloni di liquidi ambrati per ricordare cosa fosse successo prima.

Comunque sia, era da diverso tempo che non veniva chiamato per questo piccolo lavoro. L’ultimo pacchetto dono, come gli piaceva chiamare i neonati che gli venivano affidati, era stato consegnato a una simpatica famiglia di boscaioli a molte miglia da Scentiar: era un maschio e era sicurissimo che i boscaioli, per quanto poveri, lo avrebbero accolto come un figlio e gli avrebbero anche insegnato un buon mestiere con cui campare onestamente. Li conosceva bene. Padre Gallone conosceva un po’ tutti.

***

Mentre era perso nei suoi pensieri, l’uomo sentì un pesticcio regolare provenire da poco lontano. Non si mise nemmeno in guardia: era un omone grande e grosso quando era sobrio e sapeva il fatto suo in materia di difesa personale. E poi aspettava la sua giovane amica, che non tardò a giungere.
Si fece dunque innanzi una figuretta imbacuccata in un discreto numero di scialli colorati, che stringeva a sé un fagottino anch’esso avvolto in stracci variopinti. Camminava spedita e sicura fra le pozze d’acqua lercia del cunicolo, come se lo conoscesse da sempre.

Meno male, sei puntuale, Gallicone. Ecco qua la piccina.
Padre Gallicone rimase interdetto. “Una femmina? Per la barba di mio zio strozzapolli, questo è un problema”.

Il volto della ragazzina, che avrà avuto sì e no 15 anni, si contrasse in un’espressione dura e piuttosto preoccupante anche per un omone come Gallicone. “E perché mai sarebbe un dannato problema?
Beh, vedi, piccola Loupe… pensavo di portare il frugoletto presso una famiglia di cavatori di mia conoscenza, ma tu capisci che una femmina…” Scelse con cautela le parole per evitare di peggiorare la situazione. “…una bambina non merita di fare una vita come quella…

La fanciulla sospirò, fissandolo con i suoi occhi neri felini. “Sì, sì, ho afferrato l’idea… ma sono sicura che troverai una soluzione, vero?

***

Certo, certo che l’avrebbe trovata. Anche se quella ragazzina a malapena aveva la forza di sollevare il fagottino che recava con sé, lui la conosceva e sapeva benissimo che era meglio non litigarci.

L’aveva incontrata lì, nello stesso cunicolo sotterraneo, quasi 10 anni prima. Era piccola e sporca, ma qualcosa la teneva in vita e le bruciava dentro come difficilmente aveva visto mai in una bambina così piccola. Ricordava le prime parole che le aveva sentito dire. Ha ucciso la mia mamma, quindi lo ucciderò anche io. Padre Gallicone immaginava cosa volesse dire. Sua madre, che poi lui si rese conto di conoscere di vista (una creaturina deliziosa, sembrava si dovesse spezzare da un momento all’altro) era stata picchiata una volta di troppo da Buristo. Aveva fatto amicizia con la piccola e l’aveva aiutata a vivere là sotto. Prima ci aveva pensato sua madre (non si sa come era riuscita a nascondere la figlioletta per tutti quegli anni, aiutata dalle compagne di sventura), ma adesso era meglio che se ne occupasse lui. Non che ce ne fosse molto bisogno, certo: la bambina era autosufficiente e piena di risorse.
Infatti, era stata una sua decisione, due anni prima, presentarsi all’ingresso dell’oscuro bordello per chiedere un lavoro. Buristo era un appassionato di gioventù fresca, quindi ne aveva fatto la sua favorita. E evidentemente, la ragazzina sapeva cosa fare per tener viva l’attenzione su di sé. Gallicone era sicuro che stesse preparando una vendetta dolce come il miele. Per lei.

 ***

Padre Gallicone tese le braccia verso il fagottino. “Ma certo che troverò una soluzione. Sono un pozzo di soluzioni, io!”
La ragazzina annuì con un sorrisetto. “Me lo immaginavo… sei veramente un buon diavolo, tu. Comunque sia stai tranquillo: questa è l’ultima volta che ti chiedo di occuparti dei bambini.
Cosa hai intenzione di…” ma interruppe la domanda. In realtà sapeva la risposta.
Fidati: lei è l’ultima. Ah, sua madre non ce l’ha fatta. Si chiamava Aldeanina, era tanto giovane. Si è presa un calcio nelle reni da quel maiale e ha partorito prima del tempo. Ma la bimba sta bene, è anche riuscita a fare una poppata prima della fine. Questo dovrebbe renderla più forte.

A Padre Gallicone era già venuta un’idea. Folle, ma era un’idea.
Visto che dopo non ce ne saranno altre, me ne occuperò io.
Tu?
“Sì, io. Con te ho fatto un buon lavoro, no? Penso di essere pronto a fare il padre sostitutivo a tempo pieno.”
Ti ricordo che non hai queste qua.” La ragazza tirò su con le mani a coppa il balcone che si ritrovava sul petto e che già aveva assunto dimensioni considerevoli.
Lo so, lo so, piccola mia, ma un po’ di latte in giro lo si trova sempre… fidati di me… Le insegnerò tutto quel che so…
Magari evita di insegnarle a buttar giù galloni di vino speziato senza riprendere fiato…
Ah, sei cattiva con me, Loupelee! No, no, metto la testa a posto, promesso. E ti farò avere periodicamente nostre notizie.”
Sì, sì, meglio. Non tornare qua. È meglio che la piccina cresca lontana da tutto questo. Come la chiamerai?”.
Padre Gallicone ci pensò un po’ su. “Deanna. Ricorda un po’ il nome di sua madre, però è un po’ più moderno, non trovi?
La ragazzina annuì. “Diventerà una bellissima ragazza. Tienne di conto. E ora vai via, il bestione potrebbe svegliarsi. L’ho condito ben bene, ma non si sa mai.
Padre Gallicone evitò di chiedersi cosa significassero esattamente quelle parole e strinse a sé il fagotto.
Addio, piccola Loupelee. Fagli avere anche i miei saluti.
Mi farò un regalo di compleanno tra tre settimane esatte.
Ci conto.
Contaci.

L’uomo si voltò e si incamminò con il suo prezioso carico verso l’uscita che dava sul vicolo. Loupelee rimase a guardarlo assorta per qualche attimo, poi tornò sui suoi passi.
“Gallicone… sì… sì, è un buon diavolo. Funzionerà.”

***

Dopo una decina di lune, Padre Gallicone venne a sapere che, esattamente tre settimane dopo il suo incontro con Loupelee, Buristo era misteriosamente scomparso e i suoi scagnozzi con lui. Il bordello era ancora aperto, però si diceva avesse cambiato gestione, e la differenza era ben visibile. Aveva anche un nuovo nome, adesso: “Il Galletto Sbronzo”.

Sogghignò, quindi, pensando al regalo che Loupelee si era concessa per festeggiare il suo sedicesimo anno di età.

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Commenti

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2 comments

  1. Miiiiii… che ssstoriaaaaa…

    No, scherzi a parte, bel background, non sospettavo che la “apparentemente” spensierata Loupe avesse questo vissuto alle spalle…

  2. No? Figo… allora ti stupirò… :PPPP
    Con altre sconcertanti rivelazioni…

    Ne ho una in caldo che ha scritto il menco, niente meno!!!

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