Gonnelle di tartan 4

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Ovviamente non c’era verso di dormire, figurarsi. Dopo il re di tutti i due di picche del mondo non poteva semplicemente andare a dormire e coricarsi, magari una passeggiata poteva schiarirgli un po’ le idee. Le ultime parole di Sigrun gli risuonavano in testa come rintocchi di campane, in grado di rimbombare all’infinito, perché l’ha fatto, diamine, non poteva dirlo subito che era una cosa a scadenza? Mica se la sarebbe presa, tra adulti funziona così. Cioè, se la sarebbe presa e come, ma avrebbe cercato di scalare quella montagna, un passo alla volta. E invece neppure l’ha vista, la montagna, è semplicemente sparita, dietro a quelle due parole: “mi dispiace”.

Nel suo peregrinare si ritrovò presto dietro l’ospedale da campo, dove Jena stava prestando servizio, lo salutò con un cenno e si fermò vicino all’uscita di servizio

«­Brutta nottata? Di solito russi più di tuo fratello a quest’ora…»

«­Era una così bella notte, mi dispiaceva non godermela»

«­E poi sono io quello “strano”»

«­No, tu sei quello matto, senza virgolette»

Risero più in silenzio che riuscivano ma con l’aura di cialtroneria che li circondava parevano due minorenni ubriachi. E ognuna delle loro gambe era già maggiorenne da un pezzo.

«­Che giri qui intorno?»

«­Mah, non lo so neppure io. Non so se ho voglia di trovare ciò che cerco»

«­E allora perchè lo cerchi?»

«­Perchè mi pare ingiusto l’epilogo di questa storia.»

«­Già, immagino, hai fatto tutto a modo, sei stato onesto, la migliore versione di te stesso…»

Sapeva essere incredibilmente preciso e stronzo.

«­Lince ha cantato?»

«­No, ti conosco abbastanza bene.»

«­Non so cosa fare, Jena. Non so se è il caso di buttare via tutto, questo posto ci consuma da dentro, ci mastica e ci sputa peggiori, è una pretesa trovare qualcosa di buono»

«­Parole sagge, che tu sia diventato un Comprar cialis generico barato en españa bambino grande? Mi stupirebbe»

Tirò fuori la sua fiaschetta di liquore strega, orribile al naso e al palato, e brindarono a questa nuova verità cosmica.

«­Eh no, amico, faccio la scelta sbagliata, ora entro dentro, faccio una scenata delle mie, le spettino tutte in quel concilio»

«­Ora si che ti riconosco, bravo! Brindiamo ancora! Ti interessa sapere che non c’è alcun concilio?»

«­Cosa? Sai qualcosa che io non so?»

«è tutta la vita che so cose che tu non sai, è la norma per me.»

Delle volte, poi, sapeva essere solo stronzo.

«­Pensi che mi farai la grazia della conoscenza?»

«­Ha una mano rotta, Cristilde l’ha messa a posto, ho preparato un intruglio di erbe con una massiccia dose di droga. Per il dolore, ovviamente, ma tutti conoscono gli effetti collaterali»

«­E? Cosa sai? Cosa ha detto? Per tutti gli dei, vuoi dirmelo?»

«­No, non posso, me ne sono andato e ho lasciato  Cristilde lavorare, puoi chiedere a lei»

«Eh certo, ora vado da un cadetto e gli chiedo se per cortesia vuole giocare a fare il cupido, mi pare logico.­»

«­Istri, una cosa l’ho sentita. Ha detto il tuo nome, e non era quello da fiera»

Il dialogo divenne immediatamente più serio.

«­Si, gliel’ho detto io»

«­Stai attento, amico.»

«­Vorrei che si preoccupasse solo di Istrice, l’altro lasciamolo dov’è»

«­Lei è dentro, magari il medico competente è un po’ sbronzo e magari potresti vederla. Solo vederla, però, credo sia ko e rimarrà così a lungo»

«­Sei il pezzo meglio Jena.»

Dopo un altro cenno del capo Istrice era già dentro e stava guardando Sigrun. Era buffo, erano insieme, con un letto a disposizione e lei stava dormendo il sonno dei giusti.Era bella nonostante un paio di pugni in faccia. Sapeva che non si sarebbero rivisti fino all’interludio, ci sarebbe voluta pazienza.

Ma pazienza per cosa alla fine? Perfino ora, con la faccia gonfia, un labbro spaccato e la mano fasciata, era veramente oltre la sua portata. Quella donna era davvero qualcosa di inarrivabile per uno come Istrice. E forse era pure giusto che lo fosse: i vecchi spettri degli spasimanti, della sua famiglia e tutto quello che temeva stava tornando in maniera sempre più forte. 

«­Allora, com’è andata, è stato romantico?»

«­Direi di no, direi che è stato piuttosto “lacrimevole”»

«­Se sei riuscito a far piangere una donna sedata sei un eroe»

«­No, non piangeva, ma quando uno è da solo fa pensieri strani, non sempre positivi. è facile lasciare il sopravvento alla paura.»

«­Dovresti smettere di combatterti, Istrice, sei il peggior nemico di te stesso, lasciala scegliere. Lasciala sbagliare. 

Si, perchè scegliere te e rinnegare il suo rango è un errore madornale…»

«­Sai che non ti lascerò solo, vero?»

Lo guardò come si guarda un’espressione algebrica, con gli occhi di chi vorrebbe ma aproprio non riesce a capire.

«­Comunque tu decida non ti lascerò da solo a patire, anche se non condividerò una singola virgola di quello che farai o dirai sarò lì intorno. Qualcuno dovrebbe dare un occhio a quello che fai quando non sei lucido»

«­Già non mi sembrava una buona idea che il cerusico tra tutti dovesse essere quello “strano” ora che tu voglia anche prenderti cura della mia sanità mentale mi sembra davvero troppo»

«­”Strano” l’hai detto con le virgolette?»

Risero ancora, annaffiando la gola con il liquore peggiore della scacchiera.

«­Domani mattina me ne vado sul presto, amico, il crepuscolo mi ha affibbiato una rottura di palle qualche poggio più in là

Dovrei avere una licenza per una sera prima dell’interludio, se le stelle vorranno non sarà troppo lontano»

«Ah, Istry, scusa, un’altra cosa­»

«Dimmi amico­»

«­Lo sai che quando mi chiami ti esce strano, lo sai, si, come si scrive il mio nome?»

«­Lo so si come si scrive, e so pure come si legge. Mica sono io l’illetterato della ghenga. L’ho avallato, oserei dire quasi suggerito io, il tuo nome, Jena.»

«­Allora ci vediamo, stai in campana»

«­Chi cazzo è che ti saluta dicendo “stai in campana”?»

L’ultimo sorso gioioso sancì la partenza di Istrice, non prima di intrufolarsi al capezzale di Sigrun. Le sussurrò poche parole prima di svanire nella notte

«­Buonanotte Zig, abbi cura di te.»

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